mercoledì 28 ottobre 2009

La tenaglia che stringe il commercio tradizionale

di Alberto Rossini

Nelle ultime settimane si è parlato molto di commercio. Un po’ per via della chiusura della vecchia Circonvallazione per verificare se fosse possibile spostare le bancarelle del mercato ambulante nella sede stradale per fare spazio al ritorno del fossato intorno alla Rocca; un po’ perché si sta prospettando l’ampliamento dell’Italia in Miniatura con inclusa una più o meno grande galleria commerciale, al momento non è chiaro se si tratta di pochi negozi o di 7.500 mq.. Infine si discute dei problemi del centro storico dove sono ubicati molti negozi di piccole dimensioni, anche questi in difficoltà.
Credo che qualsiasi discussione debba partire dalla conoscenza della situazione. Non ho ricette da proporre, ma può essere interessante osservare alcuni dati che traggo dal sito della Regione dove sono consultabili già da qualche tempo.
Di solito si parte dal numero delle attività commerciali esistenti e si dimostra che il numero dei negozi non è in calo. Anzi, nel ’98 gli esercizi erano 6423 e nel 2007 erano 7243, quindi in crescita del 15,6%. Se i negozi aumentano la crisi non c’è, almeno così sembra.
Approfondiamo. Gli esercizi più piccoli, fino a 150 mq, quanto crescono? I numeri dicono del 13,1%. Quelli tra i 150 e i 250 mq aumentano del 173,5%. Tutta un’altra storia.
I negozi ancora più grandi tra gli 800 e i 1500 mq. sono aumentati del 47,3%. Si dirà che è una tendenza diffusa. Vediamo cosa accade in Regione: gli esercizi fino a 150 mq aumentano del 6,3%, quelli tra i 150 ed i 250 mq. del 55%, quelli tra gli 800 e i 1500 mq. del 30,8%. Quindi in tutte e tre i casi in provincia di Rimini le attività commerciali hanno incrementi maggiori rispetto alla media regionale.
Finora, però, abbiamo visto le cose mettendo insieme tutti i negozi, alimentari e non alimentari e abbiamo visto la situazione solo rispetto alla quantità di esercizi. Guardiamo adesso cosa succede rispetto alle superfici. Poiché è evidente che il negozio di 50 mq, e l’iper mercato delle Befane valgono entrambi uno, ma sono diversissimi per grandezza e per fatturato del quale non sappiamo nulla, osserviamo allora cosa succede con le superfici di vendita.
I piccoli negozi con superficie fino a 150 mq. nel 1998, quando entra in vigore la Riforma Bersani, contano complessivamente una superficie totale di 290.330 mq. nel 2007 il dato è variato di un +8,5%. Cioè la superficie è cresciuta meno rispetto all’incremento del numero degli esercizi esistenti. La tipologia delle attività tra i 150 e i 250 mq cresce molto di più, in termini numerici erano aumentati del 55%, la superficie si incrementa di un valore più alto, ovvero del 171,3%. Ma soprattutto è il settore alimentare che porta in alto questo valore perché l’aumento è del 210%. Gli esercizi alimentari per rimanere sul mercato debbono aumentare le proprie superfici di vendita ed infatti spariscono le botteghe alimentari.
Ciò è confermato dal fatto che anche i negozi compresi tra gli 800 e i 1500 mq crescono molto in termini di superficie, infatti segnano un +55,6%.
Ma come vanno invece le grandi superfici quelle sopra i 2.500 mq.?
Passano da poco più di 12.000 mq. a oltre 36.000 con un incremento tra il ‘98 e il 2007del 190%.
Un dato altissimo: confrontiamolo con la media regionale, qui il dato è del 34,4%, molto più basso. Aggiungo che in nessuna altra provincia si ha un incremento più alto di Rimini. Va però detto che da noi si partiva da un dato più basso rispetto al totale delle superfici superiori ai 2.500 mq., ma rimane il fatto che in meno di 10 anni c’è stato un boom davvero notevole.
Ancora un confronto: vediamo il rapporto tra superficie totale del commercio ed i negozi sopra i 2.500 mq. a Rimini questi ultimi rappresentano il 6,5%. A Ravenna questo valore è 4,8%. A Parma il 6,3% a Reggio Emilia è il 5,6%. Certamente questo rapporto è più alto a Bologna (17%) a Modena (20%) e a Forlì (15,4).
Ma allora come siamo messi? Peggio o meglio degli altri?
Per capire qualcosa occorre tenere presente il fatto che dal ’98 al 2007 le superfici più grandi sono cresciute del 190%, ovvero una crescita forte è avvenuta in poco tempo. Nessuna altra provincia si avvicina a questo dato: dopo di noi viene Parma, ma con un + 43%, quattro volte di meno.
E’ vero che altri partivano da cifre superiori, ma per l’appunto la crescita è stata, per così dire, spalmata, su più anni. Questo vuol dire che i piccoli e medi negozi hanno potuto reggere meglio la concorrenza dei grandi, perché hanno avuto più tempo per adeguarsi, per reagire, per adottare le contromosse.
Inoltre va tenuto presente che questo così forte aumento è avvenuto in anni in cui il commercio ha attraversato una doppia crisi: da un lato una ridefinizione degli stili di vita e di consumo (l’ecologia, la sobrietà dei consumi, il rifiuto dello shopping fine a sé stesso, ecc.) e dall’altro la crisi economica vera e propria che ha fatto precipitare i consumi.
Presi in mezzo a questa tenaglia il commercio tradizionale ha dovuto rispondere alle nuove aperture, tra cui le “Befane” ed “I Malatesta”.
Ancora un’ultima osservazione l’incremento medio della superficie di vendita in provincia è stato del 25%, così composto: +36% a Rimini, -14% nell’entroterra e -8,5% negli altri Comuni.
Insomma mentre la torta del consumo e quindi il fatturato totale del commercio diminuiva, a causa della crisi e delle nuove abitudini nel consumo, il numero dei pretendenti ad avere una fetta aumentava e soprattutto le poche attività con grandi superfici crescevano come non era mai avvenuto prima.
Per usare un eufemismo, è stata una congiuntura difficile che spiega la crisi del commercio tradizionale e degli esercizi nel centro storico.
Postilla: i dati si fermano al 2007, ovvero nell’analisi non sono conteggiati i metri quadrati dell’Ikea e del nuovo Mercatone Uno.

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