martedì 31 marzo 2009

AUX ARMES CITOYENS


Lo strumento delle primarie (aperte a tutti i simpatizzanti e non solo gli iscritti) viene invocato a gran voce per la selezione del candidato Partito Socialista Francese che nel 2012 correra' per la presienza della Repubblica.

Ovviamente il problema si ripropone a cascata per il rinnovamento di tutti gli organi del Partito, con ovvia levata di scudi dei "baroni locali".

Rende certamente orgogliosi il fatto che gli organi di stampa francese, sempre molto restii a riconscere meriti a noi cugini poveri, portino ad esempio tanto le primarie americane quanto quelle italiane. Non specificando, per altro, che le primarie sono una prerogativa del solo PD (o al massimo del centro sinistra) e certamente non dell'intero arco parlamentare.

Verba docent, exempla trahunt \2


L'ex segretario Ds Piero Fassino lo dice in una intervista al Resto del Carlino, "probabilmente sarà Sergio Cofferati il capolista nel Nord-Ovest". Nel collegio Nordovest è data ormai per certa l’imbarazzante candidatura di Sergio Cofferati, quello che non poteva rimanere a Bologna per stare vicino alla famiglia.

Collegio Nordest (il nostro, per capirci): il capolista sarà nientemeno che Vittorio Prodi (uscente, settantaduenne).

Magari poi scopriamo che non è vero niente e che queste sono anticipazioni tattiche. Magari.

lunedì 30 marzo 2009

Verba docent, exempla trahunt \1


Nel 2008 Franco Frattini ha dichiarato reddito zero. Cosa aspetta a chiedere la social card?

domenica 29 marzo 2009

IL PTCP E I COMUNI


Il confronto tra Gilberto Mangianti e Alberto Rossini si arricchisce di un nuovo approfondito intervento di quest'ultmo.

Questo ha l'ambizione di essere ben più che un percorso dialettico tra due intellettuali (almeno quei pochi che ci sono chiamiamoli con il loro nome!): sono portavoce di sensibilità troppo spesso divise dallo stereotipo dicotomico amministratore-cittadino (gli esempi che lo giustificano, non mancano certo...), ma in questo caso unite dal comune sentire di un'idea di territorio la cui forma di domani sarà il risulato delle scelte fatte oggi.

P.S. Quelli nella foto non sono Rossini e Mangianti, ma Carlos Alberto e Bobby Moore...

Ora che il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale è in vigore dobbiamo chiederci quali effetti produrrà nei comuni. Sappiamo bene che la crescita urbanistica è considerevole e l’incremento demografico è costante. Dal 2007 ad oggi la popolazione residente è cresciuta di quasi 5000 unità. Nel 2008 abbiamo superato il tetto dei 300.000 residenti. Nel periodo 2000-2006 i comuni hanno concesso permessi di costruzione per 16.000 abitazioni suddivise in quasi 2.400 nuovi fabbricati ai quali si aggiungono 600 nuovi fabbricati non residenziali (fonte CCIAA).
La crisi sembra aver rallentato la corsa, ma il desiderio di avere una nuova casa o di aumentare il volume di quella esistente rimane forte. La trovata del “piano casa” proposto da Berlusconi lo dimostra. E’ semplice pensare agli interessi immediati. Più complesso ragionare sulle conseguenze che le nostre azioni avranno nel futuro.
Dobbiamo domandarci se è credibile che il PTCP possa, se non arrestare, almeno limitare il consumo del territorio. La scelta non è affatto ovvia. Perché bloccare lo sviluppo dell’edilizia? In fondo quali danni irrevocabili sono stati fatti?

In un Paese in cui il Governo, con grande disinvoltura, rilancia le centrali nucleari è difficile parlare di ambiente e di sostenibilità. Del resto la crisi sollecita la voglia di abbassare la guardia. C’è un sentire comune che invoca interventi urgenti e percepisce le norme a tutela dell’ambiente come un inutile ostacolo che frena ogni tentativo di ripresa dell’economia.
E’ difficile contrastare simili idee, per farlo occorre pensare al mondo come un sistema, considerare i fenomeni di lunga durata, valutare gli effetti irreversibili delle nostre azioni.

Il PTCP 2007 va in questa direzione. Afferma il principio di sostenibilità ambientale e sociale. Si vuole fare carico del futuro e cerca di tradurre in azioni concrete tali indicazioni. Dobbiamo dire basta alle case sparse; ai capannoni industriali disseminati sul territorio; alla trasformazione degli edifici agricoli in seconde case; all’ampliamento, moltiplicato per tre o per quattro, della stessa casa nel ghetto di campagna. Questo, in sintesi, dice ai Comuni il PTCP. Li invita a immaginare cosa vogliono essere tra quindici o venti anni e a realizzare obiettivi coerenti con la propria visione.
Una crescita della popolazione ai tassi attuali vuol dire essere 350.000 nel 2019. E’ bene ipotizzare quanti milioni di metri quadrati in più dovremo edificare, quanta acqua in più sarà necessaria, quante tonnellate di rifiuti in più dovremo smaltire, quanta ulteriore energia consumeremo. Oltre un certo limite non si può andare, dobbiamo esserne consapevoli.
I Comuni hanno quattro anni per adeguarsi al PTCP , ma prima di ogni altra cosa serve un cambio di mentalità.

I problemi vanno affrontati con un approccio nuovo superando la logica dell’emergenza, favorendo la ricerca di un’idea complessiva della città. Si parte da situazioni differenti. Ci sono comuni che da decenni perseguono la linea di uno sviluppo sostenibile ed hanno dimostrato un’attenzione particolare all’immagine della città, alla politica dei servizi, alla cura intelligente della campagna e del paesaggio. Altri, invece, hanno dato vita ad uno sviluppo incessante e caotico. I risultati, in questo caso, non sono lusinghieri. La qualità della vita ne ha risentito.
Certamente la discussione aperta nella fase di elaborazione del PTCP è stata utile, alcuni concetti sono diventati patrimonio comune dei cittadini, delle imprese, delle forze sociali. Qualche volta, tuttavia, agli amministratori fa comodo credere che i cittadini non siano disponibili al cambiamento, è un alibi per non compiere scelte coraggiose, per lasciare le cose come stanno. Se c’è un pensiero forte, autorevole, se c’è un’idea che riesce a tenere insieme l’interesse particolare con quello della comunità, si raggiungono risultati interessanti. E’ chiaro che bisogna avere una strategia, non solo una tattica. Perseguire un’idea di verità, non inseguire solo l’opinione corrente. Solo così possiamo distinguerci dalla destra ed in particolare dal Berlusconi pensiero.
E’ fondamentale riconoscere la complessità del mondo che soltanto la banalità e la violenza sulle cose, riduce e semplifica.
Il percorso dei Comuni per recepire il PTCP è avviato. Riccione e Cattolica hanno approvato il proprio Piano Strutturale Comunale. Verucchio, Santarcangelo, San Giovanni in Marignano e Bellaria Igea Marina, sono in fase di avanzata elaborazione. Rimini a breve conferirà l’incarico per avviare i lavori.

Nei Piani verranno recepite tutti i vincoli e le tutele idrogeologiche connesse alla sicurezza del territorio, mentre alcune norme del PTCP sono già in vigore in quanto sovraordinate: dal piano delle acque alle tutele paesaggistiche. Il PTCP indica obiettivi e metodi per ridurre il consumo energetico, per favorire l’uso delle energie rinnovabili, per incentivare la bio architettura.
Rimangono sul tavolo alcuni problemi. Il più importante è l’equilibrio tra lo sviluppo della costa e dell’entroterra. Il Piano sostiene l’idea della città compatta, per cui dove c’è una situazione di forte urbanizzazione, è il caso della costa, è possibile intervenire rendendo la città più densa. Nell’entroterra, invece, ci sono più vincoli. In parte dovuti alle tutele ambientali, in parte alla volontà di mantenere viva l’agricoltura e di preservare la campagna. I Comuni più vincolati chiedono, giustamente, di avere le risorse necessarie per sopravvivere. Le entrate dei piccoli comuni dell’entroterra derivano in gran parte dall’ICI e dagli oneri di urbanizzazione. Entrambe queste voci saranno ridimensionate, sia per effetto dell’abolizione dell’ICI sulla prima casa che per effetto del PTCP.
Quindi se per davvero consideriamo la nostra provincia come un tutt’uno, va messa in campo una forma di perequazione territoriale che punti a riequilibrare il rapporto costa-entroterra. Va realizzata una sussidiarietà istituzionale che preveda che una parte dei nuovi introiti incassati dai comuni, in cui è possibile un maggiore sviluppo urbanistico, sia ridistribuito verso i comuni più vincolati.
La prossima amministrazione provinciale, seguendo quanto scritto nel PTCP, dovrà istituire un fondo di perequazione che consenta di effettuare interventi di interesse generale a vantaggio del territorio.
Così confermeremo nei fatti la dichiarazione di principio che l’entroterra è un valore prioritario e che il paesaggio non è un oggetto di contemplazione, ma un bene prezioso per tutti, come l’acqua o l’aria che respiriamo.
Non è affatto semplice raggiungere questi obiettivi, ma abbiamo il dovere di immaginare un mondo futuro che non sia simile a Blade Runner o Waterworld. Dobbiamo puntare ad avere città con un alto profilo qualitativo e con un elevato tasso di coesione sociale. Ecco perché sostenibilità ambientale e sociale si debbono coniugare tra loro.
Nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione e nella fase della loro attuazione è opportuno coinvolgere il più possibile la comunità locale, puntando ad una partecipazione che non sia solo formale. I luoghi che conosciamo ed amiamo possono continuare ad avere tracce di bellezza a suscitare emozioni e seduzione solo se sapranno comunicare una visione, se gli spazi architettonici che si realizzeranno saranno capaci di esprimere un’idea. Molti luoghi possono essere funzionali, ma rimangono incapaci di raccontarci lo “spirito del luogo” che non può essere il prodotto del desiderio di pochi, deve essere la volontà della comunità, o quantomeno deve rappresentare il sentimento di una parte significativa di quella comunità.

Per queste ragioni in campagna elettorale si dovrebbe, ripeto si dovrebbe, discutere di quale città e di quale territorio vogliamo per il nostro futuro. Altrimenti di che parliamo?

venerdì 27 marzo 2009

LA TERRA DEGLI UOMINI CON LA CAPPARELLA


Mi permetto una riflessione più personale che politica, al massimo sociale. Io non sono nè nato nè cresciuto a Rimini, ma sono nato e cresciuto nella grassa provincia modenese. A Rimini vivo da qualche anno, mi ci sono trasferito per amore (di mia moglie). Mio figlio (che ha 2 anni) è molto più riminese di me.

Questo per dire che mi sento di incarnare il paradigma di quel modello economico-sociale-politico che è l'Emilia Romagna. Un meticcio della Via Emilia.

Qui di seguito riporto larghi stralci di articolo di Valerio Evangelisti che, oltre a essere uno dei maggiori scrittori italiani contemporanei di narrativa, è, come me, un meticcio della Via Emilia e che questo meticciato ha mirabilmente descritto qui di seguito.
E' da qui che veniamo ed è da qui che si deve proseguire.
La terra degli uomini con la capparella

di Valerio Evangelisti
[Questo articolo è apparso, in francese, sul quotidiano Le Figaro, il 27 settembre 2004. E' stato ristampato nell'antologia fuori commercio Descrizione di un luogo, Einaudi Stile Libero, 2006. Vuole essere una dichiarazione d'amore per la regione in cui sono nato, emiliano per parte di padre, romagnolo per parte di madre. Vado molto fiero del mio accento.] (V.E.)

A prima vista, l’Emilia Romagna ha poco per attirare i turisti. Questi ultimi, del suo paesaggio molto vario, conoscono quasi solo Rimini e la costa adriatica. Le zone appenniniche sono luogo di vacanze soprattutto per gli indigeni venuti dalle città. Tra queste, Bologna è poco visitata (soffre molto la concorrenza di Firenze). Gli altri centri importanti della regione sono quasi ignorati, salvo forse Ravenna e un po’ Ferrara.
Ciò si può capire. Le arterie principali della mia regione non offrono altro panorama che pianure molto estese, in cui l’agricoltura ha conosciuto una precoce industrializzazione. Dunque si transita fra campi di grano, tenute agricole che somigliano un poco a delle officine e allevamenti che sprigionano, oltre a odori naturali buoni e cattivi, altri stomachevoli di origine chimica (...). Ricordo di avere percorso, quand’ero bambino e l’A1 era ancora in costruzione, le sue strade bruciate dal sole. Mio padre era direttore di scuole elementari, all’inizio di continuo trasferito, e comunque adorava viaggiare per la regione. Sulla sua utilitaria incontravamo paesi dalla piazza centrale squadrata (normalmente chiamata Piazza Garibaldi, e molto spesso ornata dalla statua dell’Eroe), nella quale, soprattutto la domenica, gli uomini si radunavano davanti alla chiesa. Pochi di loro partecipavano alla messa, riservata alle donne. Stavano là per discutere dei loro affari e delle due grandi passioni regionali di quel tempo: la politica (di sinistra) e il ciclismo, in ordine d’importanza. Calcio e automobilismo sarebbero venuti in seguito. In quegli anni (fine ’50, inizi ’60), la maggior parte dei contadini e della gente di campagna, soprattutto se anziana, portava ancora l’abito tipico: il mantello (o “capparella"), nero oppure grigio. Piuttosto pesante, teneva il posto del cappotto o della giacca. Sotto non c’erano che il panciotto e la camicia. Ed era curioso vedere tutte quelle figurine vestite di nero, con larghi cappelli neri anch’essi, ammassate sotto i raggi di un sole feroce. Viene naturale collegare quelle popolazioni alle “genti padane” che abitano le pianure ai lati del Po. Forse è vero da un punto di vista antropologico e culturale, nel più largo senso del termine, ma sul piano storico l’itinerario degli uomini dal mantello nero, in Emilia e in Romagna, è stato differente da quello di ogni altra regione italiana.Nel 1880, durante una delle grandi alluvioni del Po, drammaticamente frequenti fino ad anni recenti, gli operai agricoli rifiutavano i soccorsi: preferivano lasciarsi annegare, piuttosto che tornare alla vita che conducevano. In quelle campagne vaste e malsane regnavano lo sfruttamento e la miseria, e non c’era lavoro che dalla primavera all’autunno, quando l’agricoltura chiedeva braccia. Anche quando il contadino possedeva il suo campo, o ne era proprietario in parte, come il mezzadro, spesso conosceva la fame, ed era obbligato a mandare le sue figlie a lavorare come mondine nelle paludi della Lombardia. Ciò che avvenne in seguito lo si legge nel ritratto del mio nonno materno, che non ho mai conosciuto e che morì quando mia madre era ancora piccola. Un uomo bruno dallo sguardo fiero, con baffi enormi e un fiocco nero che gli pendeva dal collo al posto della cravatta. Nato a Imola, la cittadina che unisce l’Emilia alla Romagna, aveva aderito giovanissimo alle ultime propaggini dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori che si ispiravano a Bakunin. In seguito, sull’esempio del deputato imolese Andrea Costa, aveva lasciato l’anarchismo e si era avvicinato al socialismo legalitario, senza per questo rinunciare al cravattone nero. Soprattutto aveva fatto parte, con i fratelli, del movimento cooperativo, che si proponeva di sottrarre i lavoratori alla miseria attraverso la proprietà collettiva dei mezzi di produzione. Una delle vie per le quali, grazie all’impulso del partito repubblicano e del partito socialista, la sorte degli operai emiliani e romagnoli sarebbe cambiata completamente – mentre più a nord o a sud della Toscana, dove queste esperienze avvenivano su scala minore o erano più primitive, la trasformazione fu molto più lenta. Questa impronta ha segnato profondamente la regione e ne ha modificato, molto rapidamente, il paesaggio. Non più paludi e zone malsane; al loro posto vaste coltivazioni, fattorie in cui l’abitazione centrale è antica ma la dotazione tecnica è modernissima, canali artificiali e piccole fabbriche per la trasformazione dei prodotti del campo, oppure per la costruzione di beni strumentali. E’ esagerato dire che tutto ciò lo si deve al movimento cooperativo? Credo di no. Fino al termine del XIX secolo l’Emilia Romagna era una regione quasi immobile. In Emilia, l’enorme estensione delle proprietà non stimolava né l’innovazione, né la mobilità sociale. Nei campi alcune grandi famiglie o, talora, delle potenti società bloccavano ogni spinta verso la nascita di una borghesia di tipo moderno, mentre i lavoratori si concentravano nei paesi, dove potevano trovare migliori soluzioni alla loro miseria. Quanto alla Romagna, era considerata una terra quasi barbarica, in cui il destino di molte famiglie era l’emigrazione (soprattutto verso l’America Latina) e in cui i duelli con il coltello o il revolver erano frequenti quanto nel Far West. Unico limite alla barbarie era la vita politica, soprattutto per impulso iniziale del partito repubblicano. Furono i seguaci di Mazzini i primi a promuovere le Società di mutuo soccorso e le Camere del lavoro. Fu per questo che le prime statue collocate nelle piazze, di fronte alla chiesa affollata dalle donne e disertata dagli uomini, furono quelle di Mazzini. Le statue di Garibaldi, più amato dai socialisti, vennero immediatamente dopo. Si dovette a questi due partiti il coinvolgimento attivo delle masse nella politica, prima riservata alle élites e ai ceti privilegiati. Strappando uomini e donne alla disoccupazione, era tutto il paesaggio che cambiava. La più potente società cooperativa nata in Romagna, quella dei braccianti di Ravenna, si incaricò della bonifica di una delle zone più malsane; altre, sorte sullo stesso modello, costruirono dighe capaci di contenere la forza distruttiva delle acque del Po; i municipi assicurarono lavori pubblici che convertirono le paludi in campagna fertile. Il fascismo cercò di distruggere il movimento operaio e contadino organizzato, ma fu un successo effimero. In poche altre regioni vi fu una Resistenza così accanita, talora persino selvaggia, come nelle pianure e sulle montagne emiliano-romagnole. Un intero popolo intuiva bene cosa gli si voleva strappare. La riforma agraria del secondo dopoguerra completò il processo. Parte degli operai agricoli e dei mezzadri si trasformarono in piccoli proprietari, altri in lavoratori urbani, altri ancora in padroni di officine e di fabbrichette. Sia in campagna che in città. Per molto tempo i campagnoli hanno conservato il ricordo di ciò che erano stati i loro padri e, fino a qualche decennio fa, le antiche abitudini. Per esempio quella di ritrovarsi la domenica mattina, con la loro capparella e il sigaro tra le labbra, a discutere sulla piazza principale di un borgo cotto dal sole.Tutto ciò può sfuggire facilmente a un turista, che senz’altro preferirà le colline verdi e piacevoli dell’Italia centro-meridionale. Ma per un emiliano o un romagnolo, uno vero, è una storia di sudore e di civilizzazione che, nella sua regione, tiene il posto delle bellezze naturali, esistenti però nascoste. Ciò che conferisce alla monotonia apparente dei campi di grano un fascino che solo lui può cogliere per intero.

L'ho già scritto all'inizio e lo ripeto: è da qui che veniamo ed è da qui che si deve proseguire.

giovedì 26 marzo 2009

FUTBOL POPULAR

VILLARREAL (Spa), 24 marzo 2009 - Abbonamenti gratis ai tifosi disoccupati. È l'iniziativa che si appresta a varare il Villarreal.

Cosa c'entra con Rimini? Cosa c'entra con le elezioni?

Ce lo spiega il presidente del club spagnolo, Fernando Roig:
"L'idea è dedicare attenzione alla massa di persone che per disgrazia rimangono senza lavoro. Vogliamo dar loro la possibilità di tornare a vedere le partite allo stadio El Madrigal", dice: "Tutti, all'interno della società, devono contribuire a un fondo comune per sostenere chi è rimasto senza impiego", aggiunge. Chi ha acquistato una tessera per la stagione 2008-2009, potrà conservare lo stesso posto per il 2009-2010. E se non potrà pagare, otterrà l'aiuto del club.
"È un momento di crisi, ci sono grandi difficoltà - dice il presidente -. È il momento di dare una mano ai soci che ci sono stati vicini".
Un target quasi completamente avulso delle capacità di essere intercerttato da parte della sinistra è proprio quel magma informe che sono i tifosi del calcio. Che sono tanti, trasversali alla societá e che un tempo erano parte integrante di un contesto popolare dei quali i partiti di massa erano a pieno titolo interlocutori (Pasolini se ne fece protagonista). Oggi troppo spesso svastiche e croci celtiche le fanno da padroni, evidenziando contiguità con politici dello stesso orientamento (per la verità c'è anche qualche falce e martello, ma di carattere quasi esclusivamente iconografico).

Attualmente il Villarreal (una cittá di 49.045 abitanti) è quarto nella Liga spagnola ed è qualificato ai quarti di Champions League, nei quali incontrerà l'Arsenal. Una realtá calcisticamente ben piu' rilevante di Rimini, ma proprio per questo la si poterbbe supporre piu' avulsa dal contesto sociale. E invece lo sforzo (per altro piu' "politico" che economico) ha un impatto sull'intera comunitá. La squadra è il fiore all'occhiello della piccola cittá portuale nella provincia di Castellon, dove la disoccupazione è cresciuta del 10% nel 2008.
E' bene ricordare che il Centro per l'Impiego a Rimini ha visto duplicare in pochi mesi le richieste e se aggiungiamo che le presenze allo stadio sono nell'ordine di grandezza di poche migliaia, viene da sè che lo forzo sarebbe incommesurabilmente piu' limitato, a fronte di un'eco mediatica di sicuro successo, specie se partisse dalle istituzioni.

Quelle stesse istituzioni che, non dimentichiamoci, per un nuovo ed imprescindibile stadio, erano (o sono ancora?) pronte a far pagare, ops... a pagare, un prezzo drammaticamente diverso.

mercoledì 25 marzo 2009

OCCUPARSI DI VERDE IN UNA CITTA'



Cari amici del PD di S.Giuliano,

dopo avere visto pubblicare su questo sito due miei interventi sul verde pubblico a Rimini e dopo avere invano sollecitato una risposta dell'assessore alle politiche ambientali Zanzini tramite questo blog,tramite la rubrica delle lettere del Corriere di Rimini e tramite volenterosi e incolpevoli ambasciatori mi sono sentito per mesi nella infelice condizione della particella di sodio della pubblicita' televisiva di un'acqua minerale:c'e' nessuno? mi sentite?Nulla:silenzio assoluto.

Io mi rendo conto di quale immane compito sia occuparsi di verde in una citta' come Rimini e come anche volendo manchi il tempo materiale per occuparsi di tutti i perditempo molesti ma voi cercate di capire quanto questo silenzio sia stato un duro colpo per un cervello (il mio) gia' duramente provato dall'ossido di carbonio e dalle polveri sottili.Vedro' di farmene un ragione:in fondo in politica anche i silenzi hanno un significato.Tiremm innanz.

Ho invece letto con molto interesse le considerazioni dell'assessore provinciale Alberto Rossini sul trasporto pubblico (e su altro).In esso vi sono elementi di un programma di governo ampiamente condivisibili per uno sviluppo economicamente e ambientalmente sostenibile e diverso da quello attuale.Ma qui viene inevitabile una domanda:perche' poi nei fatti quella che passa e' la linea di una crescita puramente quantitativa,basata sulla distruzione dell'ambiente e del territorio,sulla cementificazione senza regole e senza limiti?Chi,e dove,e con chi l'hanno deciso?In quale luogo?

A me pare che qui ci sia un vero nodo politico,una questione non risolta di democrazia.Mai questi temi sono stati oggetto di un'ampia,pubblica e libera discussione.Ad esempio perche' nel PD non si e' fatto un vasto e serio approfondimento sulla politica urbanistica a Rimini con tanto di votazioni su diverse opzioni per avere indicazioni condivise che guidino le scelte dei prossimi amministratori?Io penso che le primarie servano per la scelta dei candidati ma debbano anche servire per scegliere i programmi,soprattutto se toccano temi importanti come la qualita' della vita di tutti noi.Altrimenti in base a cosa possiamo scegliere un candidato al posto di un altro?

Invece dobbiamo ancora sentire ottusi amministratori (del centrosinistra,purtroppo) che si beano delle previsioni ISTAT che prevedono fra venti anni una crescita della popolazione della Valconca di 50000 unita' (Corriere di Romagna del 22 marzo pagina 37).Li' amministratori nostri,ri-purtroppo,in aperta polemica con le posizioni dell'assessore Rossini, vaneggiano che lo sviluppo passa attraverso un aumento degli abitanti (fino a quando?senza limiti?) e i sindaci si fanno piazzisti delle peggiori brutture immobiliari che hanno fatto costruire deturpando un paesaggio una volta bellissimo.Chi glielo spiega a questi amministratori di centrosinistra (accidenti!) che 50.000 abitanti in piu' vuol dire coprire di cemento e di asfalto tutta la Valconca,cosa che hanno gia' di ottima lena iniziato a fare , e che magari occorrera' rendere abitabili anche le grotte di Onferno?E il PD nel suo complesso e' credibile quando critica il piano casa di Berlusconi e poi a livello locale porta avanti questa politica di saccheggio del territorio?

Per finire un appunto all'intervento dell'assessore Rossini.Nella prima parte scrive (e io lo condivido) che l'auto (e un certo tipo di sviluppo,aggiungo io) ha esaurito storicamente il proprio ciclo di vita.Poi pero',con un salto logico,indica come priorita' per la nostra provincia la terza corsia autostradale e la nuova statale adriatica che permettera' di spostare il traffico di collegamento lungo la costa piu' a monte.Forse non ho capito bene ma come si conciliano queste supposte priorita' con quanto affermato nella prima parte del suo intervento?Secondo me queste scelte vanno casomai ad aumentare il traffico,l'inquinamento e finiranno per distruggere altre quote di territorio.

Non sarebbe meglio e piu' funzionale e anche piu' coerente impiegare quella montagna di soldi per progettare e realizzare una linea ferroviaria Rimini-Novafeltria e/o Rimini-S.Marino e/o riprendere il progetto della Rimini-Urbino di fascistissima memoria?

In definitiva,cari amici del PD, io penso che per avanzare una credibile candidatura al governo del Paese occorra sviluppare una critica al pensiero unico dominante in campo politico ed economico e farla diventare patrimonio condiviso da milioni di persone.Ma mentre persino negli Stati Uniti (la patria del liberismo!) si tentano strade nuove noi,dove amministriamo,siamo ancora fermi all'epopea ottocentesca della rivoluzione industriale e pensiamo che da questa crisi si possa uscire a mattonate.Su questo,non sui nostri bei discorsi, la gente ci giudica:infatti Berlusconi raccoglie un barca di voti.

Gilberto Mangianti

martedì 24 marzo 2009

IL PIANO CASA DEL SERRUCHÓN


Cogliamo la citazione dell'economista Tito Boeri per l'invito alla lettura (per chi non l'avesse già fatto, ovviamente) di un breve brano di Carlo Emilio Gadda tratto da "La cognizione del dolore" a commento dell'annunciato Piano Casa del governo.

Gadda descrive una regione immaginaria, il Serruchon appunto (di un altrettano immaginario stato dell'America latina), paradigma rigoroso della Brianza, terra d'origine dell'autore.

Di ville, di ville! Di villette otto locali doppi servissi; di principesche ville locali quaranta ampio terrazzo sui laghi veduta panoramica del Serruchón – orto, frutteto, garage, portineria, tennis, acqua potabile, vasca pozzo nero oltre settecento ettolitri: - esposte mezzogiorno, o ponente, o levante, o levante-mezzogiorno, o mezzogiorno - ponente, protette d’olmi o d’antique ombre dei faggi avverso il tramontano e il pampero, ma non dai monsoni delle ipoteche, che spirano a tutt’andare anche sull’anfiteatro morenico del Serruchón e lungo le pioppaie del Prado; di ville! di villule, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici delle ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici preandine, che, manco a dirlo, “digradano dolcemente”: alle miti bacinelle dei loro laghi. […] Della gran parte di quelle ville, quando venivan fuori più “civettuole” che mai dalle robinie, o dal ridondante fogliame del banzavóis come da un bananeto delle Canarie, si sarebbe proprio potuto affermare, in caso di bisogno,e ad essere uno scrittore in gamba, che “occhieggiavano di tra il verzicare dei colli”. Noi ci contenteremo, dato che le verze non sono il nostro forte, di segnalare come qualmente taluno de’ più in vista fra quei politecnicali prodotti, col tetto tutto gronde, e le gronde tutte punte, a triangolacci settentrionali e glaciali, inalberasse pretese di chalet svizzero, pur seguitando a cuocere nella vastità del ferragosto americano: ma il legno dell’Oberland era però soltanto dipinto (sulla scialbatura serruchonese) e un po’ troppo stinto, anche, dalle dacquate e dai monsoni. Altre villule, dov’è lo spigoluccio più in fuora, si drizzavano su, belle belle, in una torricella pseudo-senese o pastrufazianamente normanna, con una lunga e nera stanga in coppa, per il parafulmine e la bandiera. Altre ancora si insignivano di cupolette e pinnacoli vari, di tipo russo o quasi, un po’ come dei rapanelli o cipolle capovolti, a copertura embricata e bene spesso policroma, e cioè squamme d’un carnevalesco rettile, metà gialle e metà celesti. Cosicché tenevano della pagoda e della filanda, ed erano anche una via di mezzo fra l’Alhambra e il Kremlino. Poiché tutto, tutto! era passato pel capo degli architetti pastrufaziani, salvo forse i connotati del Buon Gusto.

Carlo Emilio Gadda - La cognizione del dolore

domenica 22 marzo 2009

SIAMO SINTONIZZATI. ORA CAMBIAMO CANALE.

















Ho avuto paura per tutta l'andata.
Ma non c'entra niente il viaggio in pullman piuttosto travagliato dove abbiamo incontrato la neve invernale e camion bloccati sul ghiaccio che sbarrano la strada di traverso, o la prospettiva – di noi, orfani di segretari e vertici locali sulla nostra navetta che viaggiava nel limbo - addirittura di fare marcia indietro e di non poter raggiungere la capitale.

Dicevo, ho avuto paura per tutta l’andata, ma solo di questo: di approdare a Roma e di essere parte di una kermesse fatta ad arte per galvanizzare sul nulla ripetuto, l’incubo di ritrovarmi in una specie di kinder-heim per i piccoli dei circoli. L'orrore di tornare e di non poter rendere partecipe il mio circolo (
circolo fenomenale e avanti anni luce nella costruzione del PD) perchè non c'era niente di nuovo sotto il cielo.

Invece no.
E vado subito al dunque.

Nel discorso di apertura di Franceschini, per quanto tiepido, già c’erano i segnali di quella alzata di testa o inversione di rotta o cambiamento di canale (chiamatelo come volete) che lentamente si sta producendo: la conclusione, a braccio, è stata invece molto più passionale e convincente.

Più passionale e più convincente perché avvenuta dopo una ventina di interventi che hanno rappresentato in lungo e in largo la nostra Italia: la voce di chi non ha voce, la voce di chi usa parole sue, spesso seccate dall’emozione, la voce critica e propositiva, la voce dei circoli, quelli ancora vivi come il nostro.

Si è verificato un fatto per me straordinario: il dialogo base-vertice senza mediazione e senza demagogia perché il nostro segretario tirando le conclusioni si è fatto carico di impegni da mantere nel breve periodo e di azioni precise.

A questo va aggiunto un'importante ammissione di responsabilità, chiedendo scusa a tutti noi a nome dei verici nazionali e via via quelli più territoriali per non aver saputo interpretare il rinnovamento, per essersi chiusi in vecchie logiche correntizie, sprangando la porta al nuovo che dai circoli (almeno da quelli che si sono organizzati sul territorio e non solo sulla carta), volenti o nolenti, avanza.

Dopo aver ascoltato per oltre sei ore ininterrotte gli interventi, secondo me, il nostro Franceschini, è andato ben oltre alle conclusioni che si era immaginato: il cuore gli ha preso a pulsare più in fretta, sensazione sicuramente aliena a chi macina politica da tempo e che spesso deve stare più attento a guardarsi alle spalle piuttosto che sentire e vedere il mondo che sorprendentemente va avanti davanti a sè. Il cuore gli ha preso a pulsare più in fretta, perchè, con piacere, non ha tenuto conto di una cosa: che la speranza, di per sé, è pericolosa, perchè è contagiosa.

E ancora una volta, e dai circoli, di speranza concreta ce n'era a fiumi.

Il rinnovamento è stato al centro del dibattito. Alla faccia di chi tenta di fermarlo anteponendo alla sua realizzazione pretestuosamente ora scadenze elettorali, ora la grave crisi economica, ora diversivi come l’arrotolamento sui temi etici: come se un serio rinnovamento non fosse l’arma più strategica per vincere le elezioni, per produrre idee fresche ed energiche per affrontare al meglio la grave crisi economica, per sorpassare la diatriba laici/cattolici utile solo a chi vuole coltivare il proprio orticello di voti.

Il rinnovamento è la chiave per vincere le elezioni, dare risposte ai problemi della crisi, sbloccare il partito sui temi dei diritti civili. Si deve fare tutto e assieme, nello stesso tempo.

Un rinnovamento che finalmente (a detta del nostro segretario che sembra aver raccolto tutti gli spunti arrivati dai circoli) passa per quell’organizzazione del PD che abbiamo sempre di più sostenuto con forza anche qui a Rimini. Vi sintetizzo i punti:

1- Le segreterie (e Franceschini ha utilizzato un generico, ma molto più chiaro “Luoghi in cui si decide”) devono prima di tutto guardare ai circoli e avere le porte spalancate a chi ha voglia di impegnarsi e di mettersi in gioco: la meritocrazia deve essere un principio valido anche all’interno del partito, chi ci mette del suo e chi sul campo ha successo con un'azione volontaria e meticolosa che porta via tempo libero e risorse deve avere il rispetto delle segreterie ed essere preso ad esempio.


2- Il finanziamento, basato su un tipo di federalismo perequativo, deve raggiungere assolutamente e prima di tutto i circoli: le segreterie provinciali devono garantire l’autonomia finanziaria e soprattutto la sede dei circoli senza se e senza ma. Perché è dai circoli che si parte (o ri-parte). Punto.

3- La formazione: punto nodale, fare crescere quella famosa classe dirigente diffusa, è di fatto il principio dell’ultimo metro delle reti distributive. Molti di noi che si sono affacciati da pochissimo alla vita politica hanno bene in chiaro il progetto del PD. Ma ci mancano gli strumenti per compiere quell’ultimo metro per essere incisivi e per far valere il proprio talento: per organizzare le idee attorno ai temi attuali (green economy, società dei diritti, conoscenza dei meccanismi della governance) e assumere maggior autorevolezza davanti ai big del partito è necessario un piano di formazione serrata e intensiva, è indispensabile che lo si faccia ad ogni livello. I circoli e le uniioni di circolo devono essere spazi di crescita calibrati sulle nuove forze, non si può avere paura di far crescere il nuovo che scombina i piani. A livello provinciale ci si deve dare un piano preciso di formazione aperto a tutti quelli che si vogliono mettere in gioco: un piano coordinato e concordato assieme ai circoli che prenda i migliori teorici, analisti, esperti di governance e ci metta tutti sui banchi.

4- Attenzione, sentite un po’: l’istituzione delle assemblee permanenti dei circoli nazionali, regionali, e quindi provinciali e comunali (vi fischiano le orecchie? A me si). Assemblee che non sono dei parlatoi, né tantomeno quello strano format a metà strada tra la conferenza unidirezionale e la lezione col maestro unico che sono diventati i famosi “forum”. Ma arene vere di confronto, dove la temperatura e la passione possono salire per far emergere il nuovo dalla base, contagiarsi, riconoscersi e assumere un’identità dai contorni chiari e netti.

Tutti questi punti dovranno essere recepiti anche qui a Rimini. Dovremo organizzare un’assemblea dei circoli per dibatterli assieme al nostro segretario. Perché ripeto: si deve fare tutto assieme.

Come vedete, siamo sintonizzati.

Tornando ancora sull’Assemblea, mi frullano ancora in testa (non avendomi mai convinto) le affermazioni di alcuni big che sentivo in una delle prime Assemblee provinciali che facemmo qui a Rimini, le parole erano più o meno queste: Non serve a niente chiedere di avere i luoghi per confrontarsi, se non si hanno le idee. Tradotto: fidatevi, c’è chi le idee le ha, lasciateli pensare per voi, che di idee non ne avete un granchè, e non state a perdere tempo in assemblee e incontri che non vi porteranno mai da nessuna parte.
Benissimo. Io la penso tutto il contrario.
L’Assemblea di ieri è uno di quei famosi luoghi (che noi abbiamo sempre chiesto di avere), dove abbiamo visto che di idee ce ne sono, di nuove e di concrete e ricaricherei la dose e l’entusiasmo dicendo che oltre le idee ci sono anche le persone. Spesso ci siamo detti che se anche ci fosse stato un Obama tra di noi non l’avremmo mai potuto riconoscere. Debora Serracchiani, semisconosciuta segretaria provinciale del PD di Udine, ieri ci ha colto tutti di sorpresa (base e vertici). Vi posto il video del suo intervento, dobbiamo seguire questa ragazza nei prossimi mesi.



Noi invece ci vediamo questo lunedì, ore 21, solita sede.
Robi


P.s.
A questi appunti sull'Assemblea nazionale dei Circoli, aggiungo – anche per rispondere al post di Rossano di ieri - un impegno del nostro segretario in merito alle candidature per le europee. In onestà, Franceschini ha detto che non saranno i circoli a esprimere direttamente i candidati alle europee (perché i seggi sono attribuiti su scala sovra-provinciale, e soprattutto perché la scelta delle candidature seguirà criteri di massima copertura delle competenze necessarie in relazione alle aree di lavoro del parlamento europeo).
Detto ciò ha però assicurato, davanti a 2000 coordinatori di circolo, che ci daremo questo tipo di metodo:
- primo (il minimo dovuto): non saranno parcheggi o pre-pensionamenti per i politici di lungo corso calibrati col bilancino un ex ds/un ex margherita ecc...,
- secondo: che prima di tutto dovrà tenersi conto del livello di valore aggiunto che ciascun candidato può effettivamente dare nell’area di competenza a lui riconosciuta;
- terzo: che la rosa di nomi verrà proposta su base regionale e che ogni unione regionale dovrà garantire, a ricaduta, il più possibile la consultazione dei circoli territoriali.
Anche su questo punto dovremo collegarci col nostro segretario provinciale per stabilire come, in emilia-romagna e dunque anche a Rimini, procedere (e ricordo che lo stesso Errani è membro della Segreteria di Franceschini che ieri si è impegnato affinchè questo metodo sia applicato regione per regione) .

venerdì 20 marzo 2009

I SOLITI NOTI


Effettivamente la segreteria nominata da Franceschini ha fatto ben sperare. Così come ha fatto ben sperare la convocazione, via Migliavacca, dei coordinatori di tutti i circoli (sabato 21 marzo).
Ha fatto sperare nella volontà di liberare le scelte del segretario dagli schemi dicotomici ex-DS ex-Margherita, di uscire dalla scomoda posizione che vedeva Veltroni ostaggio dei capi-bastone (la definizione è di Veltroni stesso).
Ha fatto sperare di liberarsi dalle condizioni (e dal gruppo dirigente) che hanno portato il PD alle percentuali imbarazzanti a cui lo danno i sondaggi.

Giuseppe Civati aveva prudentemente indicato come il vero banco prova della nuova segreteria sarebbero state le candidature per le europee, storicamente cimitero degli elefanti dei parlamentari sulla via tramonto. Magari, suggeriva Civati su Repubblica, invece di candidare i soliti noti, che si candidino uomini e donne espressione del territorio e con competenze, che parlino lingue straniere, che diano agli elettori un motivo di identificazione e di fiducia.
E infatti sui blog più informati cominciano a rimbalzare indiscrezioni e conferme che danno come capilista nei collegi (6, se non sbaglio) un gruppo di baldi giovani di belle speranze tra cui D’Alema, Bettini, Fassino, Bindi…

E’ evidente come questa modalità si ripercuote a cascata, nello stesso modo, nelle realtà locali.
Così come è evidente che le responsabilità di un PD al 22% abbiano nomi e cognomi.

Il solo strumento che ha fatto sperare davvero sono state le primarie, che fanno parlare i media, che danno alla gente la possibilità di sentirsi parte di qualcosa (anche in quelle bellissime lunghe file di fronte ai seggi), che consentono al candidato che ne uscirà vincente di avere un impatto elettorale sconosciuto anche al più affermato dei candidati di segreteria.

Chi è pronto a scommettere che se si fossero fatte le primarie per le europee i capilista non sarebbero i soliti noti di cui sopra?
Stai a vedere che è proprio per quello che non sono state fatte…

domenica 15 marzo 2009

LA CAROVANA DEL PD, V° TAPPA A RIMINI: IL VIDEO INTEGRALE DELL'EVENTO



Grazie a Giacomo e a Maurizio (i MilleTv) potete vedervi il video integrale della V° tappa della Carovana del PD a Rimini ospite del Circolo di San Giuliano.
Poichè la registrazione iniza 30 minuti prima dell'inizio dell'incontro, se non volete vedere la sala che si riempie di gente (che comunque, di questi tempi, è effettivamente un bel vedere) andate direttamente al minuto 30 della registrazione.
Buona visione.

Streaming Video by Ustream.TV

sabato 14 marzo 2009

DI NUOVO SULLA CITTA' SENZA AUTO


In seguito agli stimoli di approfindimento sul sensibilissimo tema della pianificazione territoriale innescati dai "rospi e porcospini" di Gilberto Mangianti, proseguiamo la collaborazione con Alberto Rossini pubblicandone l'intervento qui di seguito.


A proposito di città senz’auto.
Il tema della qualità della vita e della bellezza delle città passa per forza di cose da come realizziamo il sistema della mobilità delle persone e delle merci nello spazio urbano. Ciò vale sia in relazione alle scelte da compiere qui e ora, sia nelle decisioni da prendere per il futuro. Per dirla molto concretamente la città che avremo domani sarà figlia di quanto facciamo oggi.
Tuttavia solo progettando un territorio in cui l’auto non sia più al centro di ogni esigenza di spostamento potremo pensare di avere una qualità urbana migliore, oltretutto più ricca di occasioni di incontro tra le persone. E’ questo il tema che pone Legambiente.

Sono convinto che ormai l’automobile sia un prodotto che ha esaurito storicamente il proprio ciclo di vita, lo dico senza attribuire a tale valutazione alcun valore ideologico. E’ sufficiente guardare una qualsiasi città italiana per capire che così non è più possibile continuare. Le auto sono troppe. Ci sono 754 veicoli ogni 1000 abitanti. I centri storici sono soffocati dalle auto e dai camion che ovunque trasportano e consegnano merce. L’inquinamento è un problema che genera costi sociali elevatissimi e incide sulla salute di tutti noi. Non possiamo più tappare il buco con una pezza. Dobbiamo radicalmente e velocemente mutare comportamenti e abitudini. Non basta produrre auto che inquinano meno. E’ il sistema della mobilità che va ripensato ripartendo da una nuova idea di città.

Abbiamo costruito città pensando che le persone potessero abitare lontano dai luoghi di lavoro e di offerta dei servizi tanto poi le auto le avrebbero trasportate da un luogo all’altro. Così abbiamo creato quartieri poveri di servizi e di spazi da vivere: quartieri dormitorio, luoghi insicuri, in cui mettiamo telecamere a circuito chiuso o peggio ancora mandiamo le ronde.

E’ la pianificazione territoriale che ha fallito.
Nel nostro territorio la situazione non è molto diversa. Ci sono 843 veicoli ogni mille abitanti, contro la media regionale di 804. Per ogni km di strade in provincia ci sono 118 auto. Nel comune di Rimini sono ben 180, se le mettessimo tutte in fila rimarrebbero appena 190 metri per circolare!
I dati del trasporto pubblico non sono migliori. Solo l’8% dei residenti lo usa abitualmente. Ma solo il 3% per andare al lavoro. Insomma il trasporto pubblico è in prevalenza utilizzato da studenti senza patente, pensionati ed extra comunitari. La ricerca di Legambiente informa che trascorriamo oltre 500 ore l’anno in macchina, più o meno fermi. La velocità media di percorrenza in città è intorno ai 20 km l’ora. E’ la stessa di un carro ai tempi dei romani.

C’è un dato ancora più importante e preoccupante. Un recente studio eseguito da T Bridge e Agenzia Mobilità stima che i costi dovuti a problemi di emissioni, di congestione, di incidenti e di rumori derivanti dal traffico siano nel comune di Rimini pari al 14% del PIL, insomma 490 milioni di euro della nostra ricchezza se ne vanno letteralmente in fumo.
Bisogna cambiare. Vi sono ragioni economiche, di tutela dell’ambiente e della qualità della vita che ci costringono a farlo. Ciò è ancora più vero in un territorio a vocazione turistica come il nostro.

Per guardare al futuro in modo diverso sono necessarie alcune cose:
· in primo luogo deve essere limitato, per non dire impedito, il fenomeno della dispersione insediativa. Non possiamo permettere che aumenti il numero delle abitazioni costruite in campagna, completamente fuori dalle zone urbanizzate. I piani strutturali in particolare quelli dei comuni delle vallate del Marecchia e del Conca debbono andare in questa direzione applicando, prima possibile, gli indirizzi e le norme del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale;
· occorre rilanciare e favorire il trasporto pubblico, migliorando e potenziando l’offerta mettendo in relazione tra loro tutti i poli funzionali che attraggono flussi. L’accordo triennale appena stipulato con la Regione, che prevede un finanziamento triennale dal 2008 al 2010 per oltre 12 milioni di euro per ciascun anno, con un incremento di un milione di euro nel giro di tre anni, va nella direzione giusta. Ci aspettiamo molto, inoltre, dall’introduzione del biglietto unico integrato (STIMER) che consentirà di viaggiare sia in autobus che in treno in tutta la Regione con un solo biglietto o abbonamento. Ciò vale già oggi per chi possiede un abbonamento annuale;
· vanno avviate alcune sperimentazioni. L’esempio migliore è il trasporto a chiamata appena intrapreso in Val Conca. E’ possibile prenotare il viaggio di un mini bus che indicando l’orario e la fermata passerà a prenderci e a riportarci quando desideriamo. Insomma è una sorta di taxi collettivo a tariffa contenuta che unisce flessibilità di orari e comodità di trasporto.

Tutto ciò però non è sufficiente perché per arrivare a raggiungere uno standard di mobilità di livello europeo abbiamo bisogno di realizzare tre grandi infrastrutture: il trasporto rapido costiero, la terza corsia dell’A 14 e la nuova statale adriatica.
Il TRC deve essere attuato e l’ultima delibera del CIPE ci mette in condizione di farlo, per avere un potente asse di collegamento tra Rimini e Riccione, sul quale innestare un nuovo e più efficace assetto dell’intero trasporto pubblico locale. Offrendo a quanti si muovono tra Rimini e Riccione un’ alternativa all’uso dell’auto. Così potremo liberare il lungomare dalle auto per viverlo sia di giorno che di notte, d’estate e d’inverno.
La terza corsia, i cui lavori sono in fase di avvio, ci consentirà di avere un traffico più snello e di essere più raggiungibili evitando congestioni e code nei momenti in cui il turismo d’affari o balneare richiama la maggior parte dei nostri ospiti.
Infine, per ultima ma non per importanza, c’è la nuova statale adriatica. Ovvero l’opera che ci permetterà di spostare il traffico di collegamento lungo la costa più a monte, rendendolo più scorrevole ma soprattutto libererà spazi che potranno essere usati per nuove corsie preferenziali per gli autobus consentendo quindi al trasporto pubblico di mettersi in concorrenza con l’auto privata.
Le cose da fare sono definite. Per molte siamo alla fase operativa. Per la SS16 si tratta, invece, di arrivare finalmente ad un accordo con Anas per avere i finanziamenti necessari in tempi certi, visto che è un’opera il cui onere economico non è a carico della Provincia e dei Comuni, nonostante ciò abbiamo cofinanziato il progetto e siamo pronti a fare la nostra parte anche per la realizzazione.

Il quadro delle azioni è completato dalle misure riguardanti la mobilità costituita dalle piste ciclabili e dalla messa in sicurezza delle strade esistenti.
C’è molto lavoro da fare, ma la direzione di marcia e le strategie generali sono state individuate in maniera precisa. Possiamo vincere la scommessa di avere un territorio che fa della sostenibilità ambientale ed economica il proprio punto di forza. Gli obiettivi sono chiari e non debbono essere modificati.
Insomma nonostante qualche inciampo il futuro è in movimento.

Alberto Rossini
Assessore Mobilità e Pianificazione Territoriale
Provincia di Rimini

venerdì 13 marzo 2009

QUESTA SERA LA CAROVANA DEL PD A RIMINI: LA SOSTENIBILE FORZA DEL CAMBIAMENTO



Venerdì 13 Marzo 2009 - ore 21
Spazio duoMo - Via Giovanni XXIII, 8 - Rimini


Il Circolo PD di San Giuliano
presenta


LA V° TAPPA DE “LA CAROVANA DEL PD” (A RIMINI!)
Rinnovamento, cambiamento radicale, valorizzazione dei talenti:
QUESTO E’ IL PD

L'Italia e ogni singola città hanno bisogno di un progetto audace e coraggioso, costruito insieme ai tantissimi che ancora credono nel Partito Democratico come motore del cambiamento e del rinnovamento.

Per tutti quelli che hanno capito il PD anche qui a Rimini, per tutti quelli che non perdono la speranza e che si sentono ancora in viaggio, sarà una tappa importante per confrontarci, fare rete e caricare le energie assieme a

Ivan SCALFAROTTO
Giuseppe CIVATI
Marella REITANI
E, dopo l’esperienza eccezionale delle Primarie di Riccione, assieme a
Massimo PIRONI


PER SAPERNE DI PIU' SULLA CAROVANA DEL PD:

Per iniziare a conoscere i nostri ospiti, puoi visitare questi link:
Vai al sito di Ivan Svalfarotto
Vai al sito di Pippo Civati
Una presentazione di Marella Reitani



Di seguito, invece, il manifesto della Carovana:

PARTE LA CAROVANA DEL PD
Il Partito Democratico è un grande progetto di cui l'Italia ha bisogno.
Può essere l'occasione per dare finalmente un senso alle parole dell'innovazione, del cambiamento radicale, della lotta alla precarietà, della valorizzazione dei talenti, e per dar vita ad azioni che guardino davvero al futuro del nostro Paese. Tutto ciò ha poco a che fare con la discussione spesso surreale e autoreferenziale a cui si è dato vita in questi mesi all'interno del partito.
Noi, che al PD abbiamo sempre creduto, pensiamo però che il partito nuovo sia un viaggio che deve ancora in buona parte cominciare. Per questo vogliamo mettere a disposizione le nostre idee e le nostre energie per dare una risposta alle grandi aspettative che la nascita del Partito Democratico ha creato nel Paese.
E' il contributo di chi crede che l'Italia e ogni singola città, abbiano bisogno di un progetto audace e coraggioso, costruito insieme ai tantissimi che credono nel Partito Democratico come motore del cambiamento.Questo gruppo nasce per unire tutti i carovanieri di Italia, vecchi e nuovi per conoscersi, scambiarsi idee, spunti, format per le singole tappe della carovana e non solo.
Foto, news, aggiornamenti. Un punto di ritrovo tra facebook, le città, le persone e la rete per seguire il viaggio dei contemporanei della carovana attraverso ogni isola dell'arcipelago PD nell'oceano Italia.


Teresa Cardona
Giuseppe Civati
Michele Dalai
Francesco Laforgia
Pierfrancesco Majorino
Marella Reitani
Ivan Scalfarotto

giovedì 12 marzo 2009

-1 ALL'ARRIVO DELLA CAROVANA: UNA BUONA NOTIZIA





Ad un giorno dall'arrivo della Carovana del PD, il nostro PD non smette di sorprenderci. Questa volta, però, in positivo.

Guardate un po' cosa sta accadendo nel PD della provincia di Monza-Brianza (per inciso, antica terra natia e borgo selvaggio di Pippo Civati che domani sarà con noi tra i carovanieri) per le definizioni delle candidature al consiglio provinciale:
l'assemblea provinciale - un mese e mezzo fa' - s'è data un semplice regolamento, pochi chiari punti che rendono un po' più democratica la selezione delle candidature (eccolo qui) e ci sono unioni comunali, ad esempio Arcore!, in cui - questa domenica - si faranno addirittura le primarie.

Una buona notizia. E un buongiorno si vede dal mattino: infatti fuori c'è il sole. Sicuramente anche in Brianza.

Detto ciò, bando alle ciance. A tutti i carovanieri: cominciate a mettervi in sella verso LA SOSTENIBILE FORZA DEL CAMBIAMENTO e appuntamento a domani: 13 Marzo- ore 21, Spazio duoMo in Via Giovanni XXXIII.

martedì 10 marzo 2009

-3 ALL'ARRIVO DELLA CAROVANA: UN ASSAGGIO RADIOFONICO.




Ieri è andato in onda lo speciale Senza Rete + Fuori Onda con Giuseppe Civati, Ivan Scalfarotto e Michele Dalai (tre dei promotori della CAROVANA DEL PD).

Un'ora di speciale in cui s'è parlato a 360° di politica, rinnovamento, nuove tecnologie, informazione, attualità.

In attesa del loro arrivo a Rimini, il prossimo 13 Marzo ospiti del nostro Circolo, vi proponiamo un assaggio radiofonico dei temi su cui ci confronteremo assieme ai carovanieri.

Ascolta lo speciale

sabato 7 marzo 2009

13 MARZO: A RIMINI LA V° TAPPA DELLA CAROVANA DEL PD!!


L'Italia e ogni singola città hanno bisogno di un progetto audace e coraggioso, costruito insieme ai tantissimi che ancora credono nel Partito Democratico come motore del cambiamento e del rinnovamento.

Per tutti quelli che hanno capito il PD anche qui a Rimini, per tutti quelli che non perdono la speranza e che si sentono ancora in viaggio, sarà una tappa importante per confrontarci, fare rete e caricare le energie assieme ai carovanieri:




Perché, ancora di più dopo le ultime vicende, il viaggio del PD - partito moderno, aperto e coraggioso- è un viaggio che ora deve davvero cominciare.E’ la riscossa per il rinnovamento, quella dei "contemporanei", per permettere al partito nuovo di esprimere dei contenuti.

Il quinto appuntamento della carovana, dopo i fortunati incontri di gennaio e febbraio e marzo a Milano, Genova, Cremona e Torino è fissato per venerdì 13 Marzo alle ore 21.00, presso lo spazio Duomo di Via Giovanni XXIII , 8

Intervengono tra gli altri i carovanieri fondatori Marella Reitani, costituente regionale Pd; Ivan Scalfarotto, costituente nazionale PD e Giuseppe Civati, Consigliere regionale Pd Lombardia.

E COME SEMPRE: SPAZIO APERTO E LIBERO AGLI INTERVENTI DI TUTTI QUELLI CHE VORRANNO.

martedì 3 marzo 2009

TESTAMENTO BIOLOGICO E LA FUSIONE DELLE SPERANZE



L’iniziativa del Circolo PD di San Giuliano era in cantiere da molto prima che scoppiasse il “caso Englaro”. E questo perchè i temi etici o bioetici, più complessivamente, si rifanno al tema di fondo dei diritti civili (e questo aggettivo non è casuale ovvero si tratta di diritti che attengono alla civiltà), al tema della laicità, che non è l’alternativa all’essere cattolico anzi è la garanzia del rispetto per ogni persona, quale che sia il suo credo e, conseguentemente, per i ruoli, stato/ gerarchie ecclesiastiche. In questo senso è stata davvero clamorosa la risposta del consigliere regionale di FI, Lombardi ad una precedente, accorata critica di don Renzo Gradara (direttore Caritas Rimini) che si era espresso contro le “ronde”. Dice Lombardi: lo Stato non è la Chiesa!


Da incorniciare. Poi è vero che su questi temi gli approcci sono diversi, le sensibilità pure ed è per questo che il confronto deve passare dai Circoli. I “valori”, che costituiscono i tratti identitari di ogni partito, non si trasmettono per decreto o per circolare e neanche con le dichiarazioni dei leaders. Bisogna parlare e discutere con le persone, ma senza strumentalizzazioni laddove, invece, troppo spesso questi temi sono stati usati dai capicordata per redigere steccati ed alzare il prezzo delle trattative e dei ricatti (il PD dei laici, quello dei cattolici, quello della famiglia, quello che vorrebbe il testamento biologico, quello della libertà di coscienza...).


E allora è vero, come sosteneva Cosentino, che bisogna stare attenti a non rompere i fili che, ai vertici, tengono unito il PD, non “abboccare” all’amo di chi spera nella frantumazione dell’unica forza politica ancora in grado di contrastare il centro destra, di non tornare all’infatilismo gruppettaro che oltre la carenza di un vero progetto, sconta anche la mancanza dei luoghi di discussione, che riesuma “giovani antichi” in cerca di un po’ di spazio da ricavarsi sulle disgrazie politiche, che ripete i difetti della politica (incarichi, visibilità) senza una vera meta. Ma per mandarlo avanti, questo progetto, non possiamo aspettarci o aspettare la fusione ai vertici, tra gli ex di una parte e dell’altra, ma dobbiamo perseguire quella tra i cittadini, perché c’è tanta gente orfana di rappresentanza, priva di un punto di riferimento credibile capace di porsi in alternativa a PDL. Sono quei 10 punti di cui parlava ieri Diamanti su La repubblica, sono i 10 punti che ci hanno fatto perdere la Sardegna con un galantuomo di candidato. Ed il problema non si apre solo sui temi etici, ma non diversamente sui rapporti coi sindacati, sul conflitto d’interessi…


Perché tra la gente, fondere le speranze è possibile senza distinzioni pregiudiziali tra cattolici, riformisti o atei. Ed è proprio perché veniamo da esperienze diverse, il rispetto della persona, (quindi della sua dignità, quindi della sua libertà) è il punto d’incontro che deve risultare più facile, se no su cosa possiamo intenderci? Su cosa possiamo costruire un sistema valoriale in antitesti coi disvalori berlusconiani? Ed è oramai evidente che i temi etici non configurano interessi snobistici ed intellettuali. Attorno questi valori ruota un modello di società sulla quale la chiarezza non è rinviabile. E questa affermazione va in risposta a quanti (anche dentro il PD) sostengono che i problemi veri sono altri: la crisi economica, la precarietà del lavoro, la casa…Vero! Ma il fatto è che il riconoscimento e l’attuazione dei diritti civili non hanno costi! Ed è ancora vero che in gioco c’è non un oggetto, il testamento biologico, ma il senso vero della libertà di ognuno di noi! Convengo che su temi che coinvolgono indistintamente tutti i cittadini di destra e di sinistra occorrerebbe attivare un dialogo anche con la maggioranza, ma qui sta la mistificazione nella quale, questa è la mia invocazione, il PD non deve cadere: la legge che dovrà essere votata, deve colmare un vuoto storico, dare la possibilità di decidere della propria vita (non della morte che, per dirla con Epicuro, quando c’è lei non ci siamo noi e viceversa), ferma restando la libertà per chi crede che la vita non sia la sua, di decidere diversamente. La proposta attualmente in commissione, è la negazione di questo principio di scelta e di libertà, soprattutto all’art. 5 dove si fa comunque divieto di interrompere l’alimentazione cosiddetta (non a caso) forzata. Dunque il dialogo si interrompe in partenza, anzi la proposta di legge lungi dall’ammettere la scelta, impedisce, obbliga tutti a seguire un’unica, eventuale, sorte.


Ecco i cittadini laici, ovvero rispettosi, non possono accettare questo né da uno Stato, che, peraltro, la nostra Costituzione subordina al valore primario della persona, né da un Partito cui nessuno (al di là della passione che può animarci) delega la propria vita. Che senso ha invocare la “libertà di coscienza” dei parlamentari cui abbiamo affidato le prospettive del nostro futuro? La libertà scatta nel momento in cui ognuno di noi (parlamentari compresi) dovrà decidere se adottare o meno il testamento biologico e non nel riconoscimento del diritto, qui non ci sono deroghe altrimenti si può legittimare tutto, anche le ronde o le classi separate per i bambini immigrati. L’invito è ai Circoli, ai nostri rappresentanti nazionali e locali perché prendano esplicitamente posizione e facciano arrivare la loro voce al nostro nuovo Segretario nazionale.


Franceschini, con atto di grande valore, appena nominato, ha giurato sulla Costituzione che, all’art. 32 sancisce l’autodeterminazione di ogni persona in merito al trattamento sanitario. Senza il testamento biologico, quel principio non potrà mai dirsi attuato.


Grazia Nardi