giovedì 30 aprile 2009

"Il potere è una macchina che genera effetti"


La riflessione, con nostro sommo gaudio, si fà sempre piu' alta tra i nostri columnist di punta.

Alberto Rossini trae spunto dall'ultimo intervento di Gilberto Mangianti e allaga ulteriormente il campo del confronto.

Gilberto Mangianti, riprendendo alcune considerazioni sul pensiero della complessità, riflette sul rapporto tra cultura e politica affermando che vi deve essere uno spazio di reciproca autonomia per l’uno e l’altro.

Condivido, tuttavia mi pare che ci sia dell’altro. Però prima voglio sottolineare la peculiarità di uno spazio che nel mezzo della campagna elettorale trova la voglia di pubblicare riflessioni di questo tipo. Sarebbe interessante capire come vengono percepite. Fuga dalla realtà ? O tentativo di trovare le ragioni del fare politica?
Che rapporto c’è tra cultura e politica? A prima vista si direbbe che la politica è l’affermazione dell’agire, del prendere decisioni che muovono da interessi diversi, talvolta contrapposti. La politica, intesa come governo della cosa pubblica, deve essere in grado di rappresentare e di mediare. La politica nasce sul terreno del confronto di soggetti che sono portatori di interessi antagonisti che si organizzano per ottenere una propria legittima rappresentanza che può diventare nel tempo forza di governo.
Al contrario la cultura, in modo consequenziale a quanto appena espresso, è il tentativo più distaccato di pensare e di interpretare la realtà. Una forma più mediata di guardare al mondo. Eppure se appena scaviamo sotto la semplice apparenza sentiamo, quasi istintivamente, che non è proprio così. Avvertiamo che in ogni discussione politica in realtà si fa riferimento ad una serie di posizioni, di spiegazioni culturali, che sono il tentativo di argomentare la scelta politica. Insomma la decisione politica cerca di trovare ragioni culturali che la rafforzino e la giustifichino. Del resto lo sapevano bene gli ateniesi che si affidavano alla retorica per convincere i cittadini nella piazza, trovando motivazioni e argomentazioni filosofiche alle differenti posizioni politiche.
Lo sappiamo bene anche noi, poiché ogni dibattito sulle decisioni da prendere vede schierati schiere di esperti a difesa di questa o quella posizione. Si tratti di dover decidere delle centrali nucleari, o del “fine vita”, dell’utilità del reddito minimo garantito o del sistema elettorale da adottare, sappiamo che si possono ascoltare tesi diverse, ognuna fondata su posizioni culturali antitetiche. Qualche tempo fa le avremmo chiamate “ideologie”, oggi il termine è fuori moda e parlare di ideologie, o visioni del mondo, fa quasi paura. Non credo, però, che la sostanza della cosa sia molto diversa.
Dopo un lungo periodo in cui il fenomeno Berlusconi è apparso a gran parte della sinistra quasi incomprensibile, oggi si riconosce che trae la sua forza da un modello culturale che nel tempo si è andato affermando fino al punto di divenire cultura prevalente, di fondare un’egemonia culturale che ora comprendiamo come sia difficile scalfire. Allora dovremmo chiederci come è nato quel modo di pensare, come è potuto accadere che diventasse la chiave di lettura della realtà. Da cosa è stato prodotto?
Nasce da un interesse, da una volontà, da un bisogno o se volete da un istinto. Non sto banalmente dicendo che dietro quel modello culturale vi fosse un interesse immediatamente economico o l’espressione diretta e programmata di un gruppo sociale. Voglio dire che Berlusconi manifesta un potere che si fonda su una certa forma di sapere. Ritengo che tra la politica che decide e la cultura che cerca di capire la realtà non esiste uno scarto netto, al contrario l’una e l’altra vivono di rimandi continui. Il potere politico cerca di trovare il proprio fondamento nella cultura, nella forma di sapere più congeniale, che a sua volta dalle decisioni della politica trae nuova forza e legittimazione.
Non è ovviamente una tesi nuova. Ciò che vorrei evidenziare è che non si tratta di un condizionamento del potere sul sapere, ma del fatto che il sapere stesso produce potere o meglio ancora, poteri che agiscono e si diffondono nel sociale. Il sapere è potere, caso mai si tratta di capire come si dispiega e si articola. Dobbiamo dimenticare l’idea del potere che “proibisce” e che nega.
"Il potere è una macchina che genera effetti. Il potere ha un carattere affermativo capace di produrre saperi, verità sociali, effetti pratici sulle nostre vite" (Michel Foucault).
Non esiste, è questa la tesi che intendo sostenere, una distinzione tra conoscenza e quindi mondo della cultura da una parte e interesse, e quindi mondo dell’agire politico, dall’altra. Esiste invece una connessione diretta tra le due cose. E’ l’interesse che genera conoscenza ed è sempre l’interesse che muove la politica, ovvero la forma con cui si manifesta il governo sul mondo.
Il sapere è inscindibile dal potere e si generano a vicenda. La stessa cosa vale per la verità, che non è fuori dal potere, né senza potere. La verità è il risultato di uno scontro tra interessi diversi. Così come l’egemonia politica è il risultato di uno scontro da attori sociali che rappresentano interessi differenti. Dimenticare o semplicemente trascurare questa “verità effettuale” mi pare che renda molto più debole la sinistra, per continuare ad usare questa espressione. La rende più debole perché toglie spazio alla rivendicazione di un pensiero della differenza, all’ambizione di costruire un progetto alternativo all’attuale stato delle cose, ostacola il “maggiore impegno per comprendere gli sviluppi complessi e contraddittori dell’Italia di oggi”. Abbiamo invece bisogno, come scrive Marc Lazar di “più audacia nell’elaborare proposte per venire incontro ai giovani, alle donne, ai lavoratori del settore privato, ai precari, agli immigrati”.
Insomma ci sono differenze di pensiero, di proposte politiche, di pratiche sociali, e di desideri individuali che non possono essere annullate o inglobate in una sorta di pensiero unico che vuole nascondere i conflitti sociali e gli interessi economici contrapposti che né la globalizzazione, né il predominio della tecnica e neppure la pervasiva spettacolarizzazione del mondo, può impunemente e facilmente cancellare. Così spero.

Alberto Rossini, 29-04-09

mercoledì 29 aprile 2009

Votiamo in Europa il PD che vogliamo


Appassionati di primarie e sondaggi deliberativi, non possiamo non segnalarvi il sito:


Su questo sito, tra breve, si svolgeranno delle “primarie” per scegliere, per ogni circoscrizione, un candidato del PD alle europee da sostenere da parte del Comitato elettorale “Votiamo in Europa il PD che vogliamo”.

Se e' vero (come e' vero) che le primarie sono uno strumento del PD, e' altrettanto vero che vanno messe in pratica.

martedì 28 aprile 2009

Verba docent, exempla trahunt \8


Staino si candida alle Europee con Sinistra e Libertà sostenendo che lui è e resterà nel PD e che lo fa per aiutare il PD aiutando S&L a raggiungere la soglia del 4%. Una candidatura tattica dunque per la quale i vertici del partito fiorentino chiedono l’espulsione del compagno Bobo il quale si dice pronto a fare appello alla direzione nazionale e al segretario Franceschini.
1. siamo sicuri che Bobo, da uomo di partito che è, abbia preso quasta iniziativa senza essersi consultato preventivamente con nessuno?
2. ma uno per il bene del PD può candidarsi con chiunque? Perché sorge il dubbio che qualcuno, magari qui al nord, per sottrarre voti alla lega piuttosto che al pdl possa decidere tatticamente di allearsi con l’una o con l’altro. Esiste un confine invalicabile?
Insomma questa cosa dispiace, non tanto per lui e per il pd fiorentino, quanto per il fatto che situazioni del genere diventano “casi” e precedenti che possono essere molto pericolosi.
Da un post di Marta meo

lunedì 27 aprile 2009

West wing e la campagna elettorale




Necessito di una premessa. Da appassionato di cinema ho sempre snobbato la fiction televisiva. La fiction è per definizione soggetta all'immediato vaglio degli ascolti, per cui trame e contenuti vengono modificati in corso d'opera di conseguenza. Risultato: appiattimento su gusti mediocri a soddisfazione degli appetiti degli inserzionisti pubblicitari.
Ebbene mi sto ricredendo. Un pò perchè, da un lato, fatico a trovare soddisfazione nell' intimismo rinsecchito (da una definizione Eugenio Scalfari) di troppi registi contemporanei (salvo meritevoli, ma isolate, eccezioni). Dall'altro perchè la possibilità di avere le intere serie Tv a disposizione in dvd consente, per segiurle, di non essere legato a orari fissi o ad abbonamenti di pay tv (le più innovative passano su SKY).
Ripeto, è un'ammissione che faccio a malincuore, ma mi sto ricredendo (anche altri condividono il rammarico http://www.silenzi.com/2009/04/24/poco-serie-tv/).

Insomma ci sono serie Tv che sono uscite allo scoperto e hanno invaso il campo della narrazione per immagini con tagli davvero sorpendenti: da "Boris" (serie ironica tutta italiana, qui un gustoso brano con Corrado Guzzanti http://www.youtube.com/watch?v=oxl2nSmg0Ks ) a " Studio 60", da "Extras" a "In treatment" fino allo studiatissimo "Dr.House" (a proposito, qui ne trovate una raffinata esegesi http://www.carmillaonline.com/archives/2008/02/002531.html#002531 ).

Ma la scintilla di rivelazione è "The West Wing" (qui ce ne e’ un piccolo assaggio http://www.youtube.com/watch?v=kTr47Xw-EYM).

La "west wing" a cui fa riferimento il titolo è letteralmente l'ala ovest della Casa Bianca dove risiede il Presidente degli Stati Uniti a Washginton. E' una serie televisiva americana creata da Aaron Sorkin, andata in onda dal 1999 al 2006 negli Stati Uniti e approdata già da tempo in Italia su Fox (appunto su pay tv).
La serie racconta "dall'interno" la quotidianità dei problemi e delle dinamiche che conducono alle difficili decisioni pubbliche e private del Presidente democratico Josiah "Jed" Bartlet e del suo staff, dalla campagna per la sua prima elezione al giuramento del suo successore, otto anni dopo. I personaggi pur non essendo reali, presentano connotazioni di straordinaria aderenza alla realtà.
Consulenti e collaboratori della produzione sono stati scelti tra ex appartenenti a diverse amministrazioni (da Bush padre a Clinton) per poter fornire dettagli e contesti al fine di rendere lo show il più possibile aderente alla realtà. E proprio all'amministrazione Clinton è ispirata le serie.
Infatti il Presidente Bartlet (interpretato da Martin Sheen) è un democratico arrivato alla Casa Bianca contro i favori del pronostico (come successe a Clinton) grazie a uno staff motivato e competente.

E' talmente realistico e ricco di spunti che David Axelrod, responsabile della campagna elettorale di Barak Obama, non ha nascosto di essersi ispirato per larghi tratti del suo lavoro agli scenari descritti in "The West Wing". Axelrod, ex giornalista di spicco, era già stato il deus-ex-machina della vittoria elettorale di diversi candidati governatori, (tutti appartenenti a minoranze), ma era alla sua prima sfida presidenziale.

Ma il valore aggiunto di questa premiatissima serie tv non sta solo nel plausibile e a volte per fino rigoroso, realismo, ma sta anche nel fatto che sia "televisivamente difficile". Nel senso che è una visione difficile da seguire e lo è per due motivi.
Primo, perchè è indispensabile avere un certo background di cosa siano le istituzioni americane e di come si sviluppi la vita politica.
Secondo, è difficile perchè i dialoghi sono serrati, pieni di sottintesi, ricchi di citazioni colte e battute raffinate. Riuscire a coglierli è funzione della qualità dello spettatore.
Tanto per capirci, la serie viene definita senza mezzi termini come "molto popolare tra gli spettatori ad alto reddito (che si suppongono con un grado di istruzione elevato), chiave demografica costante nella vita dello show".

Riconoscere la vivace pertinenza degli scenari descritti consente di trarne preziosi messaggi per chi ha voglia di coglierli. Fatta la debita tara culturale e istituzionale tra la realtà nostrana e quella statunitense, resta un'idea di politica fatta di motivazione e competenza.
Lo staff con cui il futuro Presidente inizia la sfida presidenziale (fin dalle primarie democratiche) è sostanzialmente lo stesso di quello che ricoprirà gli incarichi all'interno della Casa Bianca una volta insediato il Presidente (incarichi che qui da noi sarebbero affidati ai più biechi portaborse). Queste figure non vengono scelte tra i fedelissimi di uno o dell'altro, ma selezionate perchè, nel partito, sono "quelli giusti" (senza entrare nel merito, visto che in questo ambito le realtà di Stati Uniti e Rimini fatalmente divergono).
Ovviamente ci sono momenti in cui la retorica non si fa desiderare e alte prese di posizione etiche e morali sembrano prevalere su qualsiasi altro tema, facendo sorgere qualche legittimo sospetto. Ma sono peccati veniali, non ammorbano lo show.

Ogni discorso o presa di posizione del candidato prima e del presidente poi, è vagliata e valutata dallo staff in termini di impatto sulla stampa, sull'opposizione, sui sondaggi di gradimento e su tutti gli elementi sensibili del sistema dai componenti dello staff. L'aspetto gruppale dei meccanismi decisionali è quasi didattico: lo staff è coeso e cementato dalle stesse esperienze e dallo stesso percorso, ciò rende i rapporti meno permeabili, è più difficile che, di un problema professionale, se ne faccia una questione personale. Il messaggio è che un gruppo che funziona può fare la differenza.

Traspare a tutto tondo che un'amministrazione presidenziale ha l'intento di lasciare un segno, di caratterizzarsi, anche simbolicamente (Obama ha fatto un orto dentro alla Casa Bianca...).
Prima di cercare punti di contatto con l'opposizione (legittimamente, ci mancherebbe...) ha la volontà di imporsi, non quella di sopravvivere. Ovviamente imporsi piuttosto che sopravvivere richiede capacità operativa, spessore culturale e motivazioni ben superiori a quelle necessarie per navigare a vista nell'acqua bassa del compromesso con opposizioni addomesticate.
Calando queste modalità nel nostro microcosmo ne deriva l'impressione che organizzandosi su tali basi si possa davvero rivoltare uno scenario appiattito sull'indolenza delle spartizioni e dei timori reverenziali.
Non è un caso se questo modo di fare politica nasce laddove nascono le primarie.
L'introduzione dello strumento delle primarie apre le porte a chi ha le capacità e la volontà del fare. "The West Wing" fornisce (una volta tanto!) tutte le scuse possibili per entusiasmarsi.



domenica 26 aprile 2009

Ancora sulla complessita'


Presegue, sul nostro blog, il confronto sulla complessita' con un nuovo intervento di Gilberto Mangianti.

Su questo blog Alberto Rossini ha recentemente trattato con efficacia il tema della complessita'. Con lo schematismo e l'eccessiva semplificazione che il ristretto spazio di un articolo richiede, si puo' convenire che la destra e' quella parte politica che a questioni complesse offre risposte semplici (o meglio semplificate). Gli esempi di Rossini sono calzanti: il problema dell'immigrazione irregolare? Militarizzazione delle frontiere e carcere per i clandestini; l'ordine pubblico? Esercito nelle strade e ronde (milizie?) di cittadini; inefficienza della pubblica amministrazione e della scuola? Colpa dei fannulloni e via elencando. Il punto di forza di questa politica e' che crea un consenso facile e immediato. Il pubblico (che periodicamente diventa elettorato) educato piu' dalle porno-trasmissioni di Maria De Filippi che dalle buone letture trova qualcosa di semplice e di facilmente recepibile. Il punto di debolezza e' che il consenso spesso e' superficiale e poco motivato e che soprattutto questa politica non risolve i problemi: infatti la delinquenza non diminuisce, l'immigrazione clandestina prosegue piu' di prima, la pubblica amministrazione continua ad essere poco efficiente e la scuola con professori sempre piu' demotivati continua a licenziare diplomati e laureati (pochi) non all'altezza degli standard internazionali.
Anche a destra vi e' consapevolezza di questi limiti e si cerca di rimediare in due modi: cercando il monopolio dell'informazione stampata e radio televisiva (i problemi se non si risolvono possono essere edulcorati,manipolati o ignorati......) e cercando di “nobilitarsi” in campo culturale: riscrivere la storia (per poi riscrivere la Costituzione) e cercare disperatamente ascendenti culturali. In questo ambito, ad esempio, inserisco la patetica rivalutazione del futurismo italiano e l'incensazione di quella autentica nullita' artistica e culturale che fu F. T. Marinetti uno dei tanti italiani che dava in pubblico manifestazioni di facile anticonformismo e in privato ritirava la paghetta mensile dal regime fascista (uno che ha fatto scuola,per intenderci!).
La sinistra italiana invece e' particolarmente portata all'analisi della complessita' anche per motivi storici risalenti alla sua nascita: pensiamo a Labriola, alla straordinaria ricchezza dei quaderni di Gramsci,alla storia,con le sue luci e ombre, del PCI e del tentativo di Giorgio Amendola di innestare questo partito nella tradizione culturale italiana non disdegnando incursioni nell'idealismo di Croce per contrapporsi all'aridita' del materialismo scolastico,all'apporto di intellettuali “atipici” come Pasolini ecc. ecc. Anche se oggi, di fronte alla crisi politica e ideale della sinistra, c'e' chi pensa di scimmiottare la destra (guardiamo a come il centrosinistra governa gli enti locali in Romagna a proposito di semplificazione: il mattone e la speculazione edilizia tirano? Bene, costruiamo sempre e dovunque e al diavolo il buon governo!) indubbiamente la cultura della complessita' e' parte importante del DNA della sinistra.
Il punto di forza di questo assunto e' la tendenza ad approfondire i problemi e ad affrontarli nella loro intierezza,il punto di debolezza e' che questo in politica troppo spesso si e' tradotto in inconcludenza,in incapacita' di prendere decisioni e nel rinvio sine die delle soluzioni da adottare. Io penso che il punto di forza dell'attuale governo Berlusconi stia nel ricordo ancor vivo che gli italiani hanno dell'indecoroso spettacolo offerto dalle risse quotidiane fra Bertinotti, Pecoraro Scanio, Diliberto, Di Pietro, le fazioni dei DS e della Margherita che finivano per offuscare quello che di buono riusciva a fare il governo Prodi e a rinviare all'infinito le soluzioni da adottare. La saggezza degli elettori ha poi provveduto a mettere ai margini della politica questi rissosi inconcludenti (non tutti purtroppo!).
Quale soluzione a questa situazione apparentemente senza sbocchi? Io la vedo solo in un rapporto stretto, ma osmotico e di reciproca autonomia fra politica e cultura. Compito della cultura e' analizzare il reale e approfondire la conoscenza dei problemi in piena liberta' di ricerca;compito della politica e' offrire soluzioni pratiche e applicabili al governo della cosa pubblica.Per fare questo sono necessarie coalizioni omogenee,uomini politici all'altezza di questi compiti:non si fa (non si dovrebbe fare) politica senza un solido retroterra culturale,programmi di governo chiari e realistici che abbiano l'obiettivo non del tirare a campare ma di ammodernare e migliorare la societa' italiana,capacita' di prendere decisioni meditate ma tempestive.
Quindi, per terminare, viva la cultura della complessita', abbasso la sindrome della complessita' che se si trasforma in paralisi: e' la patologia mortale della sinistra di governo.

Gilberto Mangianti, Rimini 22 aprile 2009

sabato 25 aprile 2009

25 APRILE



"I valori dell’antifascismo e della Resistenza non restarono mai chiusi in una semplice logica di rifiuto e di contrasto, sprigionarono sempre impulsi positivi e propositivi, e poterono perciò tradursi, con la Costituzione, in principi e in diritti condivisibili anche da quanti fossero rimasti estranei all’antifascismo e alla Resistenza. Perciò il 25 aprile non è festa di una parte sola."


"La Costituzione repubblicana non solo non fu mai intesa come manifesto ideologico o politico di parte ; ma nemmeno si limitò a formulare valori nazionali, storico-morali, unificanti. La nostra come ogni altra Costituzione democratica è legge fondamentale, architrave dell’ordinamento giuridico e dell’assetto istituzionale. E in quanto tale essa va applicata e rispettata : applicata non una volta per tutte, ma in un processo inesauribile di adesione a nuove realtà, a nuove sensibilità, a nuove sollecitazioni."


"Sappiamo – lo vorrei dire in modo particolare ai più giovani - quali orizzonti nuovi la Costituzione abbia aperto per il nostro paese : orizzonti di libertà e di eguaglianza, di modernizzazione e di solidarietà. La condizione per coltivare queste potenzialità, in termini rispondenti ai bisogni e alle istanze che maturano via via nel corpo sociale, nella comunità nazionale – la condizione per rafforzare così le basi della democrazia e il consenso da cui essa può trarre sicurezza e slancio – è in un impegno che attraversi la società, che si faccia sentire e pesi in quanto espressione della consapevolezza e della volontà di molti, uomini e donne di ogni generazione e di ogni ceto."



Giogio Napolitano
Dalla Lectio Magistralis tenuta alla Biennale di Democrazia a Torino
22 Aprile 2009

mercoledì 22 aprile 2009

VOLARE ALTO

Fabio, parto dalla tua domanda di fondo presente nella tua lettera al circolo postata più sotto, in cui chiedi:
“In questo contesto, ditemi voi, dov'è possibile ritrovare l'idea del Pd?”

Vedi Fabio, io che sono stato a Piombino (e lo dico perchè per me è stato un grande momento di formazione immerso tra altri della nostra generazione a cui sta a cuore la costruzione compiuta del PD), ti posso assicurare che se la tua domanda non è retorica, se la tua è una sofferenza reale, la risposta e il metodo non possono essere i tuoi.


Fare il PD per riformare la politica semmai vuol dire allargare il campo non corse solitarie, rendere questo partito scalabile sempre e da ciascuno secondo le regole del merito e delle idee, non distruggerlo.
Il tuo, per me, è un grande errore: nel metodo e negli scopi incondivisibile.

La tua lettera, per il modo e il tempo in cui ci giunge, parla di te e non di noi.

E poi ancora, a proposito di circoli come motore del cambiamento: il circolo di San Giuliano ha fatto molta strada in questo anno. Ha intrapreso una strada chiara: lavorare per e non contro, dentro il PD - di più - dentro il cuore del PD, e certamente senza mai abbassare la testa.

Una volta descrivendo il nostro circolo abbiamo sintetizzato bene le nostre aspirazioni: “volare alto”, abbiamo usato queste parole.

Si: volare alto, non risparmiarsi, fare politica dal basso con l'ambizione di migliorare quello che ancora non è perfetto.

Volare Alto, oggi per noi significa lavorare sodo, anzi - come ci siamo detti- lavorare il doppio: innanzitutto per continuare – dalla provincia ai comuni - a governare questi territori e allo stesso tempo, con quel coraggio che non ci manca, per continuare a batterci per un PD capace di essere l’ispirazione politica forte di una realtà sempre più sostenibile, inclusiva, rispettosa delle differenze e capace di far fruttare tutti i talenti.

Il nostro circolo, dal coordinatore ai molti suoi esponenti è impegnato già da tempo nella campagna elettorale per le amministrative, per competenze e capacità lo è in diversi ambiti territoriali anche con compiti strategici.
Nelle prossime settimane abbiamo in programma una serie di iniziative importanti: la prima sulla scuola che coinvolgerà presidi e insegnati del nostro territorio, poi sull’europa come antidoto alla marginalità, passando per la giornata mondiale contro l’omofobia e tante altre iniziative, con blog da seguire, forum da moderare.

E tu, in tutto questo, sembri chiederci di tirare il freno a mano mentre noi stiamo ingranando la quinta.
Ancora una volta la tua lettera, per il modo e il tempo in cui ci giunge, parla di te e non di noi.

L’idea del PD che tu cerchi e che non trovi ce l’hai sotto il naso: nella tua città, a partire dal tuo circolo, che ti esorterei a frequentare di più, ma il fatto che tu non lo veda per me significa che stai guardando altrove.

E anche questo, per quanto mi riguarda e se ho capito bene, è un altro tuo errore.

Da ultimo:
Come co-curatore di un blog “chiuso” ho solo un rammarico: aver atteso un giorno prima di pubblicare la tua lettera, o come dici tu “censurare” la tua posizione.

Di questo si, ti chiedo scusa.
Anche questo momento serve a fare chiarezza.

Roberto Maldini

Cari amici del Circolo...

Cari amici del Circolo,
stavo vivendo l'inizio di questa campagna elettorale con forte disagio. Non poter parlare di “certe cose” mi sembrava un modo omertoso di vivere questo appuntamento. Allora ho deciso di uscire allo scoperto.
Per questo ho deciso di scrivervi dichiarando apertamente il mio punto di vista. Una sorta di coming out politico.
Dichiaro davanti ai blogger del Circolo di San Giuliano la mia avversione verso il progetto e il candidato alla Presidenza della Provincia.
L'ho detto. Adesso mi sento già meglio.
La candidatura di uno degli assessori storici della Giunta Rimini conferma un dato:
il cosidetto gruppo dirigente non è stato scalfito minimamente dalla nascita del Pd e si è immediatamente ricollocato dentro il nuovo partito e continua ad avvallare acriticamente il “sistema Rimini”[...]

che produce ingiustizie di ordine economico, sociale, ambientale e culturale.
Comportamenti deteriori che il cosidetto gruppo dirigente continua a praticare senza nessun ripensamento.
Crisi ambientale, disordine urbanisitco, scarsa trasparenza e zero partecipazione non sono in agenda ma vengono affrontati ciclicamente solo a parole.
Le Istituzioni vengono usate come se fossero mucche da mungere.
In questo contesto ditemi voi dov'è possibile ritrovare l'idea del Pd.
Per me confliggere col cosidetto gruppo dirigente è diventato un fatto quotidiano, come respirare. La mia scelta di non votare Stefano Vitali alle prossime Elezioni Provinciali è per me naturale. Voterò Pd solo alle europee. Scheda bianca alle Provinciali.
E' una decisione ponderata che viene da lontano, soprattutto dalla mia esperienza in Consiglio Comunale. Esperienza intrapresa 8 anni fa (grazie a molti di voi).
Ho voluto illudermi che con la nascita del Pd, le politiche dell'Amministrazione Comunale potessero cambiare in meglio, magari con l'aiuto di forze fresche. Ci ho provato. Purtroppo questo non sta accadendo. Grazie anche a Stefano Vitali! Per questo motivo mi sono autosospeso dal gruppo consigliare.
Per le elezioni in Provincia vedo un grande assente: il cambiamento.
Quello vero, non solo a parole.
Dato atto che la Provincia si è comportata diversamente dal Comune capoluogo, oggi dopo 10 anni, occorreva un cambiamento radicale nel progetto di governo che ci mettesse in sintonia col mondo contemporaneo.
Alimentare invece un sinistro continuismo con Palazzo Garampi collocando uno dei nuovi “riminizzatori” anche in Provincia è un suicidio politico. In questo senso il candidato del Pd alla Provincia è una presenza inquietante.
Prelevato direttamente dall'oramai chiacchieratissima Giunta di Rimini, Lui e lo stesso Andrea Gnassi non solo non non hanno mai contrastato la linea della Giunta, ma anzi l'hanno difesa a spada tratta, con insipienza o arroganza.
Se non vi fidate del mio giudizio mi dispiace perchè, come si suol dire in questi casi, io c'ero...E finchè ci sarò non mi piegherò mai di fronte a questa “nuova” ondata di politicanti, dal mattone facile.
A tale proposito finalmente in Comune siamo arrivati al dunque: domani martedì 21 aprile c'è la tanto agognata riunione di maggioranza (con tanto di Sindaco, Assessori e Consiglieri) sul destino di questa seconda parte di legislatura (scadenza naturale 2011).
All'ordine del Giorno: “metodo di lavoro e programma”, tradotto dal politichese: o la Giunta accoglie le nostre istanze su temi come ambiente, urbanisitca, trasparenza e partecipazione oppure si prende atto che si intende tirare diritto, come han fatto fino ad oggi, e in questo malaugurato caso non rimarrà altro che uscire definitivamente dal Gruppo Consigliare del Pd.
Ripeto Gruppo Consigliare, quindi non stò parlando nè della Maggioranza di Centrosinistra né del Partito Democratico. La mia uscita definitiva dal gruppo consigliare del Pd del Comune di Rimini diventerà una prospettiva concreta solo se domani mi troverò di fronte all'ennesimo muro di gomma. Non so se accadrà. Posso solo dire che conoscendo i miei interlocutori sono alquanto pessimista.
Vorrei riferirvi sull'esito della riunione. Per questo ho chiesto a Roberto se possiamo vederci (giovedì no perchè ho il Consiglio).
A proposito di Circoli, non dovevano essere il motore del cambiamento?
Invece si sono divisi fra chi si trova a suo agio nel sistema di potere che ho provato a descrivere e chi invece lo soffre, ma pur di rimanerne ancorato, sceglie di non addentrarsi nel confronto-scontro in atto. Non combattare per paura di rimanere emarginati è un sentimento che posso comprendere ma che non posso condividere perchè è un atteggiamento che aiuta la politica fatta da persone pavide e opportuniste.
La mia domanda è: emarginati da chi o da cosa?
Dall'attuale gruppo dirigente, lo stesso che ha ridotto Rimini in questo stato comotaso? Oppure dall'attuale sistema di potere del quale si sente la puzza di marcio lontano un miglio?
E' inutile girarci intorno, votando Pd alle Provinciali non si fa altro che dare fiducia all'attuale gruppo dirigente, lo stesso che ha ridotto Rimini una città con tanti problemi.
Possiamo continuare a dare fiducia a persone che non se lo meritano?
Non possiamo continuare a dissociarci da noi stessi.
Da una parte criticandoli aspramente e dall'altra continuando a dare loro il nostro voto.
I progetti di governo che hanno come comune denominatore il potere per il potere vanno avversati. Progetti in linea col sistema. Lo stesso che non ha avuto nessuno imbarazzo nell'andare a pescare il candidato dentro la Giunta di Rimini che oramai è senza più un briciolo di credibilità davanti ai cittadini.
Mi piacerrebbe avere un Partito diverso.
Se così non sarà sono sereno. Non sono di certo il primo e di sicuro non sarò neanche l'ultimo che decide di rimettersi in gioco. Senza paura.

Grazie per l'attenzione
fabio pazzaglia

La lista

1) Luigi Berlinguer
2) Salvatore Caronna
3) Debora Serracchiani
4) Gabriele Frigato
5) Vittorio Prodi
6) Saba Aluisio
7) Franco Frigo
8) Simona Caselli
9) Michele Nicoletti
10) Laura Fincato
11) Luciano Vecchi
12) Natalia Maramotti
13) Laura Puppato
Qui di sopra la lista completa dei 13 candidati per l'Italia Centro orientale partotita ieri dalla segreteria.
Siccome avevamo dato per sicura la candidatura come capolista di Vittorio Prodi, ci pare giusto correggere. E' solo quinto. Mentre il capolista e' quel ragazzino di belle speranze di Luigi Berlinguer (classe 1932).

N.B. Usiamo le preferenze, stavolta ci sono...

martedì 21 aprile 2009

25 aprile - La festa piu' importante -


Libera Rimini” è la manifestazione promossa dall’Anpi di Rimini per la celebrazione del 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo.

Mercoledì 22: alle 17, sala del Bonarrivo della Provincia di Rimini in corso d’Augusto, con la presentazione dell’ultimo libro di Patrizia Dogliani, presidente dell’Istituto storico di Forlì-Cesena, “Il fascismo degli italiani. Una storia sociale”.

Giovedì 23: dalle 9 alle 12, al teatro della Regina di Cattolica (piazza della Repubblica) consegna ai bambini delle quinte delle scuole Elementari e ai ragazzi delle scuole secondarie di primo grado del Premio Arti Espressive intitolato a Mario Castelvetro, partigiano ed ex sindaco di Cattolica. Alle 21, nella libreria Interno4 (via di Duccio, 26 - Rimini) si terrà la presentazione dei fumetti “Storie Partigiane” di Alberto Pagliaro, che sarà presente all’incontro, editi dal Vernacoliere di Livorno, storica rivista satirica italiana.

Sabato 25 aprile: alle 15.30 in piazza Cavour a Rimini, , si alterneranno artisti di strada, cantanti, giochi e animazioni per i più piccoli tra le tavole disegnate di “Storie Partigiane” di Pagliaro. Alle 20.30 salirà sul palco “Araba Fenice”; alle 21.30, la performance del coro della Mondine di Novi di Modena.

lunedì 20 aprile 2009

DEMOCRAZIA DELIBERATIVA



Anche quando le istituzioni della democrazia si sono affermate e i diritti democratici si sono diffusi, la democrazia vive in condizioni problematiche di insicurezza che la configurano non come un compito svolto una volta per tutte, ma sempre da svolgere e riconsiderare.
Gustavo Zagrebelsky


Vi porto all’attenzione un’iniziativa di democrazia deliberativa.


E' un metodo che in questo momento stanno sperimentando nell'ambito della prima Biennale sulla
DEMOCRAZIA (Torino, 22-25 Aprile) dedicata a Norberto Bobbio.

L'esperimento di democrazia deliberativa coinvolge 400 cittadini su un tema controverso e
attuale come il testamento biologico. I cittadini, prima di esprimersi vengono
informati in maniera TRASPARENTE sulla legge, sia dal punto etico che medico.

Al di là dell'argomento in questione, ci tengo a sottolineare il metodo
utilizzato che permette di riportare la questione ai cittadini che possono
provare a dare risposte personali, non mediate dalla politica, ma INFORMATE.

Non si parla o pensa per spot, ma si discute in modo informato.

Non è un metodo semplice, ma credo che i circoli possano essere l'avamposto
in cui possano essere fatti piccoli esperimenti di democrazia deliberativa.

Per saperne di più
http://www.biennaledemocrazia.it/


Rossella Salvi


Il surrogato


Nulla contro David Sassoli, che sicuramente è un bravo giornalista.
Viene da chiedersi tuttavia che meriti civili, politici e sociali abbia per meritarsi il posto di capolista alle europee (pare, domani 21 aprile dovrebbero essere ufficializzate), a parte quello di apparire ogni sera nelle case degli italiani a recitare il telegiornale.
Dopo Marrazzo, Badaloni, Gruber e altri, continua il penoso inseguimento del centrosinistra al volto televisivo, surrogato tutto berlusconiano dell’impegno civile, terreno sul quale, culturalmente parlando, perderemo sempre.

domenica 19 aprile 2009

Verba docent, exempla trahunt \7


Nel nostro paese (e non solo nel PD), che è bloccato anche a causa della classe dirigente più vecchia d’Europa, sembra, a sentir loro, che i politici siano sostanzialmente "condannati" a fare sempre lo stesso lavoro. I più fortunati di solito a fine carriera dopo aver servito partito e paese per alcuni lustri vengono risarciti (leggasi sistemati) con delle forme avanzate di welfare che chiameremo “pensioni di tipo elettivo” (il cimitero degli elefanti o degli ex sindaci) e di cui certamente da qualche parte si sta discutendo con passione proprio in queste ore. Lontano, molto lontano da qui (leggasi Stati Uniti), esistono paesi in cui le cose vanno diversamente e dove magari, dopo esser stato segretario di stato (leggasi Condoleeza Rice), ritorni tranquillamente ad insegnare all’università e ti rifai una vita seguendo le tue passioni e valorizzando le tue competenze. Caratteristiche di cui, evidentemente, i nostri beneamati difettano.
Va da sè che non crediamo negli improvvisatori della politica, nei fenomeni da campagna elettorale, nei nani e nelle ballerine (con tutto il rispetto). Il politico è una figura 9 enon un mestriere, please) per la quale è necessario essere molto preparati, seguendo un percoso di crescita che sviluppi e accresca capacita' professionali e culturali. E' il basso profilo di certi (troppi) politici a rendere inausicabile, e quindi sospetta, la figura del politico. Il percorso di carriera di un politico dovrebbe avere un inizio e una fine. Intendiamoci, sono tante le categorie prive di tale percorso (per fare un esempio i docenti universitari che, sempre stare negli Stati Uniti, non lo sono mai a vita o nella stessa Universita'), ma il politico di oggi ne è l'archetipo.
Quando la fine non c'è (della carriera), siamo legittimati a pensar male.
Ispirato a un post di Marta Meo

venerdì 17 aprile 2009

I paradossi della democrazia


Le discussioni sulla trasmissione di Santoro e le decisioni prese dal direttore generale della Rai, andando alla sostanza riguardano il tema della censura e quindi rinviano alla questione che ogni tanto timidamente si affaccia su qualche organo di informazione: in Italia c’è un regime?
O meglio c’è una limitazione del pieno esercizio dei diritti propri di uno stato democratico?
Non so rispondere. D’istinto mi verrebbe di dire di no. Non mi sono mai sentito frenato o bloccato nell’esprimere un opinione o un giudizio. Eppure la continua presenza, in occasione del terremoto, del capo del governo in televisione, così ben accompagnata dalla sequela di interviste ai ministri, induce al dubbio.
Forse ho visto poca televisione in questi giorni ma i collegamenti con le aree del sisma più che mostrare le immagini delle città martoriate e dei crolli o dei volti delle persone che hanno perso sotto le maceria parenti ed amici, hanno troppo spesso mostrato il primo piano di Berlusconi.
Sarà frutto della distorsione della memoria, ma rivedo più nitidamente i cumuli di case del Belice e di Gemona che le case crollate dell’Aquila.
Continuo, in ogni caso, a non avere risposta. Però mi viene in mente il paradosso del calvo.
Se togliete un capello dalla folta chioma di qualcuno, non diventa calvo. E se ancora gli togliete un secondo capello, nemmeno. E se proseguite con un altro e poi con un altro non potette dire che sia calvo. Potete continuare a togliere i capelli uno alla volta, ma quando quell’uomo sarà calvo? Forse fino a quando avrà un solo ultimo capello non sarà mai calvo.
Ecco anche per noi è così. Fino a quando si può dire che conserviamo i nostri diritti democratici? I nostri “democratici” capelli?
Difficile dire. Le questioni logiche hanno poco a che vedere con la pratica, ma ci possono aiutare a capire che i limiti, i confini, sono labili, quindi occorre fare grande attenzione e non dare mai nulla per scontato. Altrimenti si può facilmente passare da un regime democratico ad uno caratterizzato dalla presenza di un dittatore benevolo. Il limite è sottile, ma c’è differenza tra le due forme di governo. L’espressione dittatura benevola, non è mia e neppure di qualche sovversivo o post comunista è di Jean Paul Fitoussi, professore parigino e membro di molti consigli di amministrazione di grandi aziende e di banche. Vuole significare che nel mondo globale che impone decisioni immediate prese da poche persone è facile l’affermarsi di un governo che agisce come un dittatore benevolo. Agisce per il bene ma con poco rispetto delle regole democratiche.
C’è in questa riflessione il tema della trasparenza delle decisioni e del diritto alla conoscenza e non da ultimo c’è il problema della corretta informazione.
Torniamo così alla domanda iniziale, come è stata gestita l’informazione sul terremoto in Abruzzo? Che cosa abbiamo visto? Cosa sappiamo di quello che è avvenuto e di qual è la situazione lì oggi?
Il problema non è Santoro è che abbiamo molte immagini, ma ci manca un disegno, una visione d’insieme. Abbiamo sentito molte voci, ma ci manca un racconto.
Il paradosso è che nella società della comunicazione di massa tutti parlano, ma nessuno racconta.
Alberto Rossini

lunedì 13 aprile 2009

ASSEMBLEA CIRCOLO SAN GIULIANO

Giovedì 16 Aprile ore 21 c/o sede del circolo San Giuliano (via beccari) è indetta un'assemblea del circolo PD di San Giuliano, aperta a tutti gli iscritti di San Giuliano, per la definizione della rosa di candidature al consiglio provinciale da proporre all'Unione Provinciale di Rimini.

Siete tutti invitati a partecipare.

domenica 12 aprile 2009

Verba docent, exempla trahunt \6


Dal blog di Giuseppe Civati:
Che uno a Pasqua vorrebbe dedicarsi anche ad altro, ma poi sta a Roma e tutti quelli che incontra gli dicono: "eh, Civati, tu hai anche ragione, ma questo famoso congresso mica è sicuro che si faccia a ottobre, magari lo si rinvia, ti pare?".
E ti guardano strani, perché tu vieni dalla provincia, e non capisci le sofisticate cose della Roma politica e della politica romana soprattutto. Qui "Uno più uno fa duemiladieci", ti spiegano.

P.S.: Se è così, scateniamo il finimondo, promesso.

venerdì 10 aprile 2009

Chianti, Valdorcia, Langhe e Valmarecchia


Come nelle favole, ma questa non sembra di quelle a lieto fine, c'era una volta una destra conservatrice e una sinistra riformatrice e/o rivoluzionaria. Oggi,non sto qui ad analizzare le cause e le traversie che hanno provocato questo sconvolgimento, e' passata largamente nel senso comune l'idea che la destra e' riformatrice (o rivoluzionaria) e la sinistra e' conservatrice e lotta per salvaguardare l'esistente. E' inutile perdere tempo per spiegare quanto questo pesi in negativo sulla capacita' della sinistra di essere un polo di richiamo e di aggregazione per quanti non credono che questo sia il migliore dei mondi possibili.

E' tutta colpa della potenza mediatica di Silvio Berlusconi? Certamente no:in questo convincimento c'e' un fondo di verita' che commetteremmo un errore a negare. Da quando la sinistra e' uscita ferita dal crollo del muro e da altre traversie tipicamente italiane mi pare che abbia rinunciato alla elaborazione di un pensiero critico (ma realistico e costruttivo) e si limiti a giocare di rimessa in campo avverso,quello di Berlusconi: lui vuole cambiare, in peggio secondo me, la Costituzione e le istituzioni repubblicane, la pubblica amministrazione e lo stato sociale noi,non avendo un'idea di governo qualitativamente diversa,finiamo per dire semplicemente dei no e per passare cosi' come i piu' strenui difensori dell'esistente (anche di quello indifendibile).

Occorre secondo me al piu' presto riprendere una capacita' progettuale autonoma che non puo' che essere il frutto di un'ampia e spregiudicata elaborazione collettiva a differenza di quello che avviene nella destra dove i progetti escono come conigli dal cilindro di Berlusconi su suggerimento dei suoi sondaggisti. Non esistono punti di riferimento fissi come qualche decennio fa e questo piu' che impaurirci deve farci apprezzare la liberta' di nuotare in mare aperto. Secondo me questo nuovo progetto di governo non puo' non avere dei solidi riferimenti alla realta' italiana e essere ben radicato nella nostra grande tradizione culturale e artistica e puntare sull'ambiente e sulla tutela del paesaggio, sull'agricoltura di qualita' e sull'eccellenza dei nostri prodotti agro alimentari, sulla piccola industria e sull'artigianato, sul turismo e su quella che definiamo buona qualita' di vita.

Quando si impostano questi discorsi dalle persone realiste (quelle che sono i conservatori di sinistra) solitamente ci si sente rispondere: ma tu vuoi bloccare lo sviluppo,queste sono belle parole,noi dobbiamo governare e fare avanzare l'economia. Dimenticano questi conservatori alcuni particolari: muovendosi su questo terreno Berlusconi sara' sempre piu' bravo e credibile di loro,che in questo modo si privano di qualunque credibilita' nella critica a questa destra (ma ce li vedete gli amministratori della costa romagnola mobilitare i cittadini contro la cementificazione e il piano casa del governo Berlusconi: chi li seguirebbe?) e infine che elaborare una critica al pensiero unico dominante significa allargare la base produttiva e creare ricchezza.

Per non essere astratto o troppo vago faccio solo due esempi. Io penso che una moderna sinistra di governo debba dire un deciso no alla cementificazione e al consumo del territorio e dire che prima di costruire nuove case occorre recuperare o abbattere le vecchie costruzioni,come si fa in molti paesi civili. Capita purtroppo di vedere centri storici carichi di arte e bellezze architettoniche disabitati e lasciati in rovina (o esposti ai rischi sismici) circondati da orride periferie fatte di casermoni di cemento. Recuperare questi centri significa favorire l'edilizia e allargare l'occupazione. Ma mentre per costruire quei condomini e quelle case a schiera che infestano le nostre periferie e le nostre campagne e' sufficiente un geometro (alla romagnola) e una manodopera dequalificata e spesso “in nero”, per recuperare un borgo serve ben altra qualita': geologi e urbanisti competenti, ingegneri che conoscano la matematica, la fisica e le tecniche di costruzione, architetti che conoscano e rispettino la storia e la cultura del luogo, artigiani che sappiano lavorare la pietra e il legno, manodopera che solo puo' uscire da universita', scuole e pubbliche amministrazioni efficienti e rinnovate.

Altro tema fondamentale: la sinistra deve con decisione tutelare il paesaggio italiano. Non solo il Chianti, non solo la Valdorcia o le Langhe e altri tantissimi angoli d'Italia, ma anche, per stare vicino a casa, la Valmarecchia che vediamo come sfondo nei quadri di Piero della Francesca e di Giovanni Bellini. Fare questo non significa imbalsamare e bloccare l'economia. Significa puntare su un turismo di qualita' con recupero di borghi, creare alberghi diffusi e agriturismi, incentivare un'agricoltura ricca e non inquinante che e' occasione di impiego per laureati e tecnici agrari, favorire il settore agroalimentare che nella nostra provincia puo' contare su prodotti di eccellenza, creare insomma ricchezza nel rispetto dell'ambiente e delle nostre tradizioni migliori. La speculazione edilizia lasciamola fare alla destra: noi dobbiamo essere e anche apparire figli di un'altra cultura.

Tanti altri esempi si potrebbero fare e altri hanno sicuramente piu' competenza e fantasia di me per farlo.Da tutto questo dovrebbe scaturire una vasta discussione ideale e culturale per giungere a un programma credibile di governo che inizi a camminare sulle gambe di tanti: pensiamo a questo come un obiettivo prioritario e smettiamo di rincorrere Berlusconi sul suo terreno.

Ancora madido di sudore per cotanto scritto l'occhio mi cade su un ritaglio di giornale. Il Partito Democratico dell'Alta Valmarecchia si e' riunito a Novafeltria con il candidato alla presidenza della provincia di Rimini e tutti sono stati concordi nel chiedere l'annessione a Rimini (noi siamo impegnatissimi nelle battaglie di retroguardia e a fare campagna elettorale per la Lega) e nel chiedere nuovi tracciati e infrastrutture della Marecchiese tra Ponte Santa Maria Maddalena e Ponte Messa, collegamenti funzionali tra Marecchiese e caselli autostradali Rimini Nord e Rimini Sud della A 14, collegamento fra la Marecchiese e la E 45 (!) e tanto altro: insomma ancora cemento, consumo di territorio, incentivazione di trasporto privato su gomma e inquinamento. Mi sono cadute le braccia (e anche qualcosaltro).

Gilberto Mangianti Rimini 09/04/09

giovedì 9 aprile 2009

Sempre a proposito del cambiamento

















L’assemblea dei circoli di Roma del 21 marzo ha rimesso circolo la speranza ed il mio cauto ottimismo (cauto perché come ho detto in altre occasioni, il rinnovamento bisogna viverlo e non sentirselo spiegare) nasce non tanto e non solo dal riconoscimento di responsabilità dalle scuse fatte ai circoli (per non aver dato loro effettivo ruolo), l’invocazione ad organizzarsi in assemblee permanenti (a partire da quelle provinciali), quasi un’istigazione a ribellarsi, a pretendere di entrare “nei luoghi delle decisioni”.

Perché a tutt’oggi quando non vengono omessi (estromessi) per non guastare i percorsi già stabiliti si vogliono considerare cintura di trasmissione di orientamenti assunti e non luoghi di confronto, di partecipazione dai quali attingere, quanto meno delle indicazioni. Insomma è proprio sbagliata la direzione, il flusso.

Ma quello che mi ha più incoraggiato è che Franceschini davanti alle critiche ed agli appelli degli intervenuti applaudiva come uno di loro.. si è emozionato.non sì né difeso né offeso..ha condiviso direi che ha persino goduto nell’essere parte, finalmente, di un corpo unico.

Voglio credere nel cambiamento perché non è il popolo delle primarie ad aver bisogno del leader è il leader che ha bisogno della sua base. Per questo le proposte che finalmente partono dal PD, dal suo leader devono attuarsi nei nostri territori non possono essere vissute come parole d’ordine che ci rendono orgogliosi come in un dibattito virtuale. Non ripetiamo l’errore che abbiamo fatto con Veltroni: era lui il PD, era lui la campagna elettorale, e poi…

Ed allora, a due settimane da Roma delle assemblee permanenti dei circoli non ne se parla.è vero 15 giorni non sono tanti ma nel frattempo si è avviata la macchina elettorale con il collaudato rituale delle liste di vario ordine e grado, a luglio cesserà il tesseramento che avrà effetti determinanti sull’esito del congresso di ottobre, quindi l’estate! Mi limiterò a dire che l’estate 2008 non ha portato bene alla salute del PD.

Vorrei quindi fare un appello a Franceschini: caro Dario, è arrivata alla periferie la circolare che detta le scadenze per le designazioni alle liste europee, da ratificare entro il 21 aprile ed ogni federazione si sta puntualmente adeguando, potresti inviarne un’altra per chiedere, con altrettanta puntualità, l’insediamento delle assemblee provinciali dei circoli?

Grazia Nardi

PER CAMBIARE IL MONDO, PRIMA BISOGNA INTERPRETARLO

Sull’affermazione che per cambiare il mondo bisogna prima interpretarlo si posa tutta la filosofia dell’essere e del fare, anche se, per restare nelle categorie richiamate da Rossini “la destra” e la “sinistra” bisogna vedere quando, all’interpretazione, deve segue (o si voglia far seguire) il cambiamento.

Io ho trovato una risposta magnifica nell’articolo di Alfredo Reichlin pubblicato da La Repubblica di sabato scorso. In questi tempi di analisi sulla crisi economica mi auguro che l'abbiano letto in tanti, nei circoli e nelle direzioni del PD.
Ne riporto alcuni tratti:

E' cominciata una riorganizzazione su scala mondiale di quella cosa (non economica soltanto, come ci ammoniva Marx) che si chiama capitalismo. Non è poco. I suoi esiti sono molto incerti, imprevedibili. Possono essere anche catastrofici. Se non ora, quando la sinistra italiana, se non vuole evaporare, capirà che deve affrontare un nuovo inizio?....se non vogliamo ridurre tutto ai conflitti ed alle rivalità personali bisogna riconoscere che è proprio sulla natura del cambiamento che in fondo non ci siamo mai intesi.

E’ giunto il momento che i cosiddetti quarantenni prendano finalmente la parola.. a loro spetta dirigere. Vogliono cominciare a comandare? Giusto. La condizione, però, è che essi siano almeno convinti della necessità di aprire una pagina nuova nella cultura e nella storia politica della sinistra “e una nuova classe dirigente non può affermarsi se non parte dalle ragioni per cui siamo stati sconfitti così profondamente, anche idealmente, anche culturalmente”

Che cosa abbiamo mai opposto ad un’economia di rapina basata sul più grande passaggio di ricchezza dal lavoro (non solo operaio) alla rendita finanziaria? Con in più un tale saccheggio del risparmio da parte del sistema bancario per cui davvero l’economia di carta si è mangiata l’economia reale. Ci rendiamo conto che le fondamenta della democrazia sono effettivamente in pericolo?.....Nessuno nega la funzione essenziale dei mercati, perfino a salvaguardia della libertà delle persone. Ma che succede se si mercatizza l’universo sociale e tutti i bisogni, la creatività, le speranze che costituiscono la persona sono ridotte alla capacità di consumo?... Non è la necessità di socialismo come si sarebbe detto un tempo. E’ il fatto che non si può più accettare che una ristretta oligarchia riduca il lavoro a merce di scarto e che neghi di fatto quel tempo dei diritti dell’uomo che fu aperto dalla rivoluzione francese.

Smettiamola quindi di stupirci del successo di Berlusconi anche tra i ceti più deboli. Il populismo vince perché il riformismo diceva e faceva belle cose ma era senza popolo. Quale riformismo?....Ci rendiamo conto della violenza dello scontro che è in atto in America tra Wall Street e il potere politico?...impressionante è la posta in gioco. Nella sostanza è la ridistribuzione della ricchezza e del potere. E’ certamente anche il tema del futuro dell’America di fronte a scelte drammatiche che evitino scontri di civiltà e che affrontino la sostenibilità dello sviluppo, cioè il modo di produrre e consumare. In Italia invece la novità che ci offre Berlusconi è l’arte antica di arrangiarsi in attesa che passi la crisi. Altri pezzi di questa fragile Penisola, un tempo bellissima, consegnati alla speculazione edilizia, chiudere un occhio sull’evasione fiscale, tagliare le spese considerate superflue, cioè la scuola, la ricerca, la cultura. Dimenticavo il “Dio, patria e famiglia” di Tremonti e il “neoguelfismo” degli atei devoti che insieme a una allegra brigata di nani e ballerine si stanno ponendo sotto la tonaca protettiva del cardinal Bagnasco.


Ecco, a pensare che la sfida è di questa portata, che il vero motivo per cui si aderisce al Partito Democratico(dove non si accede per prescrizione medica o per concorso o per contratto) è facilitare la ricerca ed il raggiungimento della felicità, che tristezza ritrovarsi poi alle prese con le strategie (sic!) che hanno un respiro (meglio dire un affanno) di anni? No! Di mesi legati alle cariche e caricucce!
Che amarezza scoprire che non esiste più la capacità di indignarsi di fronte alla notizia di bimbi afgani che qui, in Italia, a Roma, vivono nei tombini! Che delusione cogliere la consapevole accettazione che un italiano su tre dichiari un reddito sotto i 10.000 euro!

Io sono quella che ha proposto di arrivare al congresso di ottobre con 5 punti su cui fare sintesi. Ho già segnalato la laicità come valore trasversale irrinunciabile.
Il secondo punto è: cambiamento? Se si sì quale, come?

Grazia Nardi

mercoledì 8 aprile 2009

Verba docent, exempla trahunt \5


Dall’edizione milanese di Repubblica di ieri:


Nel Pd scoppia il caso Cofferati. Con tutta probabilità (ma per molti è ormai una certezza) il sindaco di Bologna guiderà la lista dei Democratici alle elezioni europee di giugno, nella circoscrizione che, oltre alla Lombardia, comprende Piemonte, Liguria e Valle d´Aosta. Lo ha chiesto lui, direttamente a Dario Franceschini, dopo aver scelto di non ricandidarsi a Bologna. Vuole correre qui perché andrà a vivere in Liguria, con la moglie e il bimbo appena nato.Ma i lombardi - così come i piemontesi, che infatti hanno lanciato senza grande successo la proposta alternativa di candidare come capolista Luciano Violante - non ne vogliono sapere. Soprattutto Filippo Penati, che si ripresenta per la Provincia. A Franceschini lo ha spiegato venerdì scorso, quando il segretario del Pd era a Milano per registrare la puntata di L’Era glaciale con Daria Bignardi: candidatura sbagliata, quella di Cofferati, perché «contradditoria» con il lavoro che si sta facendo. Insomma: c´è la crisi e schierare come capolista l´ex segretario della Cgil per il presidente della Provincia significherebbe rinunciare a parlare con «il ceto medio, i commercianti, i piccoli imprenditori». E siccome si vota nello stesso giorno per le europee e per le provinciali, Penati teme che la scelta «sucida» di Cofferati possa creargli problemi di consenso. E spera ancora in un ripensamento dei romani. Sono preoccupazione condivise, anche se i toni sono meno accesi, dal segretario lombardo del Pd Maurizio Martina. Franceschini ha preso nota, l’obiettivo dei lombardi è ottenere almeno il trasloco di Cofferati nella circoscrizione Nordest (la nostra, per capirci), che comprende Bologna. Intanto su Facebook, per iniziativa dei «penatiani instransigenti» (promotori tre membri della segreteria provinciale: Augusto Schieppati, Gabriele Messina e Pierfrancesco Maran), si sta organizzando la rivolta con una petizione on line: «Diciamo no a Cofferati candidato alle europee». In questo clima ieri la direzione regionale del Pd ha approvato la rosa dei candidati lombardi alle europee, da sottoporre al vaglio dei vertici nazionali: riconferma degli uscenti Antonio Panzeri, Patrizia Toia e Francesco Ferrari; poi l’outsider Ivan Scalfarotto, lo scienziato Giovanni Bignami, il docente Piero Graglia, Rodolfo Cattani (Unione ciechi), Elide Stancari (Confagricoltura), la manager Milena d’Imperio, l´esperta di sanità Chiara Porro, l´imprenditrice brianzola Anna Maria Di Ruscio.

God save the Queen


Sui blog indipendenti della galassia PD viene accreditato come il sondaggio piu' attendibile.

Fosse vero...


SAN GIULIANO TRA VIABILITA' E QUALITA' URBANA

lunedì 6 aprile 2009

Sulla via di Roma /2


Riceviamo e volentieri pubblichiamo la prova della presenza del folto gruppo riminese alla manifestazione di sabato.

Sulla via di Roma


Siccome ne abbiamo trovato ben poche traccie sulla stampa (sicuramente per nostra incuria...), segnaliamo la presenza delle delegazioni riminesi alla manifestazione nazionale promossa dalla CGIL di sabato scorso.
Nonostante l'adesione e la presenza del segretario Dario Franceschini e di numerosi altri esponenti di grido del PD nazionale, spicca ahinoi l'assenza quasi totale dei simboli del PD in una piazza che non puo' non essere parte del nostro progetto (vedi la stridente differenza con la foto simbolo del nostro blog qui sopra).

domenica 5 aprile 2009

L'entropia, la complessità e una visione del mondo


Proseguiamo la collaborazione con Alberto Rossini, stavolta con uno spunto di riflessione di circa la necessità dell'interpretazione dei problemi come passaggio obbligato per la loro soluzione.
La redazone raccoglierà, nei gironi a venire, l'impegnativa sfida dello sviluppo del tema.

Considerazioni semiserie sul pensiero della complessità.

Scrivevo, en passant, la volta scorsa che la sinistra è affetta dalla sindrome del pensiero complesso. Ovvero ogni volta che si presenta un problema chi è a sinistra, almeno culturalmente, tenta di darne la rappresentazione più completa e articolata. Ne ricerca le cause storiche, ne indaga i fondamenti sociali, cerca di scoprirne gli effetti economici e le ricadute psicologiche per le persone e prova a immedesimarsi nelle ragioni degli altri.
Ne scaturisce un mezzo disastro. Una questione così indagata diviene quasi impossibile da spiegare, i rimedi appaiono, a prima vista, di dubbia efficacia. Ogni intervento ha immediatamente una verosimile alternativa. Questo spiega il continuo ricorso dell’ex segretario Veltroni al “ ma anche”. Non era un vezzo superficiale, era una chiara manifestazione della sindrome della complessità.
Per la destra invece è tutto più semplice. C’è un problema e quindi deve esserci una soluzione, basta trovarla. Per noi no, C’è un problema e dunque prima di tutto occorre capirlo. Per la destra innanzitutto occorre agire.
Prendiamo, ad esempio, il problema della sicurezza in città. Cosa fare? Per la destra è semplice. E’ un problema di ordine pubblico, basta invocare il principio di autorità. Istituire un presidio, autorizzare le ronde ed il gioco è fatto.
Il portatore sano del virus della complessità vorrebbe, invece, capire perché a fronte di un calo dei reati ci si sente meno sicuri, quali sono le aree in cui la sicurezza è messa a rischio, di quali reati stiamo trattando. Inoltre si chiede se una maggiore presenza di forze dell’ordine riduce davvero il problema. Infine vorrebbe sapere quali sono le esperienze di successo all’estero. Serve di più una maggiore qualità urbana, una discreta presenza di vigili di quartiere o le ronde che sanno già chi è il nemico?
Gli esempi potrebbero continuare. La scuola non funziona, inutile riflettere sulle cause, sulla perdita di prestigio degli insegnanti, sull’esiguità delle risorse, sul fatto che in una paese socialmente immobile i ragazzi non vedono per quale ragione studiare con profitto.
E’ più facile ed è più comprensibile dire che la colpa è degli insegnanti che sono dei lavativi.
Ognuno può cercare il proprio esempio. E’ così per la pubblica amministrazione, è così per la crisi economica. E’ così per l’energia. Soprattutto questo Governo a questioni complesse risponde con parole d’ordine di stampo propagandistico. Parla inventando slogan pubblicitari, peraltro cambiando idea con una facilità straordinaria, ma non per imperizia, piuttosto perché una cosa vale l’altra. L’importante è catturare il consenso.
Si può dire tutto e fare tutto tanto chi è che va a controllare e a verificare quali sono i risultati di certi provvedimenti?
Dobbiamo rassegnarci? No, penso che dobbiamo insistere. L’universo va verso l’entropia, la complessità è il dato di fondo di un mondo sempre più globale. Una partita a scacchi non si risolve rovesciando il tavolo. In politica prima di vincere bisogna convincere.
Ecco partiamo da qui. C’è un lavoro di educazione alla convivenza e alle complesse regole del vivere sociale da affrontare. E’ il tema dell’egemonia di gramsciana, memoria alla quale non possiamo sottrarci. Abbiamo coltivato l’illusione che potessimo eluderlo e che potessimo rifiutare un pensiero della complessità e della differenza. Non dobbiamo pensare che non esista un modo diverso di affrontare le questioni. Non è possibile.
Al motto Primum vivere deinde philosophari, contrappongo l’idea che prima di vivere bisogna filosofare, nel senso che per sopravvivere bene nel mondo l’unica cosa davvero necessaria, imprescindibile, è una visione del mondo.
Per essere cambiato il mondo deve essere interpretato.

Non possiamo farci conquistare dall’opportunismo, dalla forza dell’opinione prevalente, dall’indifferenza delle scelte, dal continuo ricorso al tatticismo, dalla totale assenza di un principio di verità.
Complesso? No, essenziale.

Alberto Rossini

sabato 4 aprile 2009

Verba docent, exempla trahunt \4


Di nuovo sulle candidature europee che, non dimentichiamolo, è il primo vero banco di prova del segretatrio Franceschini.

Ieri sera Daria Bignardi, durante un'intervista a Franceschini, gli ha comunicato in tempo reale che due dirigenti del PD romano si erano dimessi contro la prospettiva di Bettini e Costa come candidati europei (la "prospettiva" si badi bene, nemmeno la candidatura ufficiale).

La base grazie al cielo scalpita (a Roma come da tante altre parti, Rimini inclusa): si spera che la discussione sulle candidature sia una discussione vera (sempre in "prospettiva", pare vadano fortissimo gli ex-sindaci..., Cofferati, Costa, Dominici, Bianco...).

E magari che sia discussione vera anche per le candidaure amministrative (dove sono state annunciate, almeno a Rimini, indicazioni dai circoli del territorio).

venerdì 3 aprile 2009

Nostra e' la colpa, non delle stelle, se siamo schiavi

Mai stati teneri, qui, sulle scelte del Comintern del PD nazionale.
Ma una buona notizia c'è: questa volta i volti nuovi in lista per le Europee ci sono.

Da Ivan Scalfarotto (che il Circolo di San Giuliano ha ospitato con la Carovana del PD) a Debora Serracchiani. E grazie anche a chi se n'è preoccupato nei mesi scorsi, ci sono le preferenze.
Cosa vuol, dire?
Vuol dire che bisogna usarle.

Insomma, le liste non saranno bloccate e vince chi di voti ne prende di piu'.
Dipende da noi, indipendentemente da capi-lista piu' o meno imbarazzanti.
E se non cambia niente "Nostra e' la colpa, non delle stelle, se siamo schiavi".
N.B. A proposito di schiavi: nella foto l'ex ministro Antonio Gava è quello a sinistra. L'ossequiante a destra e' impegnato nel baciamano al padre di Gava. Vi ricordate Fantozzi inchinarsi davanti alla statua della madre del Direttore Generale?

mercoledì 1 aprile 2009

Verba docent, exempla trahunt \3

Il presidente è a vita e rappresenta il partito, ne dirige il funzionamento e la linea politica e programmatica.

Sceglie i 34 membri dell’ufficio di presidenza, sottoposti al voto del Congresso, ma con una lista unica senza nomi alternativi.

Convoca e presiede lo stesso ufficio di presidenza, la direzione e il consiglio nazionale.

Ne stabilisce l’ordine del giorno, procede alle nomine degli organi del partito e assume le definitive decisioni.
Questo è lo Statuto di un neonato partito di un certo peso in Italia: palesemente ispirato a quello del partito comunista nordcoreano e del resto approvato con una maggioranza del 99,99 per cento (cinque no su oltre cinquemila votanti). La totale assenza di democrazia, il cesarismo carismatico, il culto della personalità.

Avete capito di chi si parla?

Vi do' un indizio: non è quello nella foto.