lunedì 27 aprile 2009

West wing e la campagna elettorale




Necessito di una premessa. Da appassionato di cinema ho sempre snobbato la fiction televisiva. La fiction è per definizione soggetta all'immediato vaglio degli ascolti, per cui trame e contenuti vengono modificati in corso d'opera di conseguenza. Risultato: appiattimento su gusti mediocri a soddisfazione degli appetiti degli inserzionisti pubblicitari.
Ebbene mi sto ricredendo. Un pò perchè, da un lato, fatico a trovare soddisfazione nell' intimismo rinsecchito (da una definizione Eugenio Scalfari) di troppi registi contemporanei (salvo meritevoli, ma isolate, eccezioni). Dall'altro perchè la possibilità di avere le intere serie Tv a disposizione in dvd consente, per segiurle, di non essere legato a orari fissi o ad abbonamenti di pay tv (le più innovative passano su SKY).
Ripeto, è un'ammissione che faccio a malincuore, ma mi sto ricredendo (anche altri condividono il rammarico http://www.silenzi.com/2009/04/24/poco-serie-tv/).

Insomma ci sono serie Tv che sono uscite allo scoperto e hanno invaso il campo della narrazione per immagini con tagli davvero sorpendenti: da "Boris" (serie ironica tutta italiana, qui un gustoso brano con Corrado Guzzanti http://www.youtube.com/watch?v=oxl2nSmg0Ks ) a " Studio 60", da "Extras" a "In treatment" fino allo studiatissimo "Dr.House" (a proposito, qui ne trovate una raffinata esegesi http://www.carmillaonline.com/archives/2008/02/002531.html#002531 ).

Ma la scintilla di rivelazione è "The West Wing" (qui ce ne e’ un piccolo assaggio http://www.youtube.com/watch?v=kTr47Xw-EYM).

La "west wing" a cui fa riferimento il titolo è letteralmente l'ala ovest della Casa Bianca dove risiede il Presidente degli Stati Uniti a Washginton. E' una serie televisiva americana creata da Aaron Sorkin, andata in onda dal 1999 al 2006 negli Stati Uniti e approdata già da tempo in Italia su Fox (appunto su pay tv).
La serie racconta "dall'interno" la quotidianità dei problemi e delle dinamiche che conducono alle difficili decisioni pubbliche e private del Presidente democratico Josiah "Jed" Bartlet e del suo staff, dalla campagna per la sua prima elezione al giuramento del suo successore, otto anni dopo. I personaggi pur non essendo reali, presentano connotazioni di straordinaria aderenza alla realtà.
Consulenti e collaboratori della produzione sono stati scelti tra ex appartenenti a diverse amministrazioni (da Bush padre a Clinton) per poter fornire dettagli e contesti al fine di rendere lo show il più possibile aderente alla realtà. E proprio all'amministrazione Clinton è ispirata le serie.
Infatti il Presidente Bartlet (interpretato da Martin Sheen) è un democratico arrivato alla Casa Bianca contro i favori del pronostico (come successe a Clinton) grazie a uno staff motivato e competente.

E' talmente realistico e ricco di spunti che David Axelrod, responsabile della campagna elettorale di Barak Obama, non ha nascosto di essersi ispirato per larghi tratti del suo lavoro agli scenari descritti in "The West Wing". Axelrod, ex giornalista di spicco, era già stato il deus-ex-machina della vittoria elettorale di diversi candidati governatori, (tutti appartenenti a minoranze), ma era alla sua prima sfida presidenziale.

Ma il valore aggiunto di questa premiatissima serie tv non sta solo nel plausibile e a volte per fino rigoroso, realismo, ma sta anche nel fatto che sia "televisivamente difficile". Nel senso che è una visione difficile da seguire e lo è per due motivi.
Primo, perchè è indispensabile avere un certo background di cosa siano le istituzioni americane e di come si sviluppi la vita politica.
Secondo, è difficile perchè i dialoghi sono serrati, pieni di sottintesi, ricchi di citazioni colte e battute raffinate. Riuscire a coglierli è funzione della qualità dello spettatore.
Tanto per capirci, la serie viene definita senza mezzi termini come "molto popolare tra gli spettatori ad alto reddito (che si suppongono con un grado di istruzione elevato), chiave demografica costante nella vita dello show".

Riconoscere la vivace pertinenza degli scenari descritti consente di trarne preziosi messaggi per chi ha voglia di coglierli. Fatta la debita tara culturale e istituzionale tra la realtà nostrana e quella statunitense, resta un'idea di politica fatta di motivazione e competenza.
Lo staff con cui il futuro Presidente inizia la sfida presidenziale (fin dalle primarie democratiche) è sostanzialmente lo stesso di quello che ricoprirà gli incarichi all'interno della Casa Bianca una volta insediato il Presidente (incarichi che qui da noi sarebbero affidati ai più biechi portaborse). Queste figure non vengono scelte tra i fedelissimi di uno o dell'altro, ma selezionate perchè, nel partito, sono "quelli giusti" (senza entrare nel merito, visto che in questo ambito le realtà di Stati Uniti e Rimini fatalmente divergono).
Ovviamente ci sono momenti in cui la retorica non si fa desiderare e alte prese di posizione etiche e morali sembrano prevalere su qualsiasi altro tema, facendo sorgere qualche legittimo sospetto. Ma sono peccati veniali, non ammorbano lo show.

Ogni discorso o presa di posizione del candidato prima e del presidente poi, è vagliata e valutata dallo staff in termini di impatto sulla stampa, sull'opposizione, sui sondaggi di gradimento e su tutti gli elementi sensibili del sistema dai componenti dello staff. L'aspetto gruppale dei meccanismi decisionali è quasi didattico: lo staff è coeso e cementato dalle stesse esperienze e dallo stesso percorso, ciò rende i rapporti meno permeabili, è più difficile che, di un problema professionale, se ne faccia una questione personale. Il messaggio è che un gruppo che funziona può fare la differenza.

Traspare a tutto tondo che un'amministrazione presidenziale ha l'intento di lasciare un segno, di caratterizzarsi, anche simbolicamente (Obama ha fatto un orto dentro alla Casa Bianca...).
Prima di cercare punti di contatto con l'opposizione (legittimamente, ci mancherebbe...) ha la volontà di imporsi, non quella di sopravvivere. Ovviamente imporsi piuttosto che sopravvivere richiede capacità operativa, spessore culturale e motivazioni ben superiori a quelle necessarie per navigare a vista nell'acqua bassa del compromesso con opposizioni addomesticate.
Calando queste modalità nel nostro microcosmo ne deriva l'impressione che organizzandosi su tali basi si possa davvero rivoltare uno scenario appiattito sull'indolenza delle spartizioni e dei timori reverenziali.
Non è un caso se questo modo di fare politica nasce laddove nascono le primarie.
L'introduzione dello strumento delle primarie apre le porte a chi ha le capacità e la volontà del fare. "The West Wing" fornisce (una volta tanto!) tutte le scuse possibili per entusiasmarsi.



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