Proseguiamo la collaborazione con Alberto Rossini, stavolta con uno spunto di riflessione di circa la necessità dell'interpretazione dei problemi come passaggio obbligato per la loro soluzione.
La redazone raccoglierà, nei gironi a venire, l'impegnativa sfida dello sviluppo del tema.
Considerazioni semiserie sul pensiero della complessità.
Scrivevo, en passant, la volta scorsa che la sinistra è affetta dalla sindrome del pensiero complesso. Ovvero ogni volta che si presenta un problema chi è a sinistra, almeno culturalmente, tenta di darne la rappresentazione più completa e articolata. Ne ricerca le cause storiche, ne indaga i fondamenti sociali, cerca di scoprirne gli effetti economici e le ricadute psicologiche per le persone e prova a immedesimarsi nelle ragioni degli altri.
Ne scaturisce un mezzo disastro. Una questione così indagata diviene quasi impossibile da spiegare, i rimedi appaiono, a prima vista, di dubbia efficacia. Ogni intervento ha immediatamente una verosimile alternativa. Questo spiega il continuo ricorso dell’ex segretario Veltroni al “ ma anche”. Non era un vezzo superficiale, era una chiara manifestazione della sindrome della complessità.
Per la destra invece è tutto più semplice. C’è un problema e quindi deve esserci una soluzione, basta trovarla. Per noi no, C’è un problema e dunque prima di tutto occorre capirlo. Per la destra innanzitutto occorre agire.
Prendiamo, ad esempio, il problema della sicurezza in città. Cosa fare? Per la destra è semplice. E’ un problema di ordine pubblico, basta invocare il principio di autorità. Istituire un presidio, autorizzare le ronde ed il gioco è fatto.
Il portatore sano del virus della complessità vorrebbe, invece, capire perché a fronte di un calo dei reati ci si sente meno sicuri, quali sono le aree in cui la sicurezza è messa a rischio, di quali reati stiamo trattando. Inoltre si chiede se una maggiore presenza di forze dell’ordine riduce davvero il problema. Infine vorrebbe sapere quali sono le esperienze di successo all’estero. Serve di più una maggiore qualità urbana, una discreta presenza di vigili di quartiere o le ronde che sanno già chi è il nemico?
Gli esempi potrebbero continuare. La scuola non funziona, inutile riflettere sulle cause, sulla perdita di prestigio degli insegnanti, sull’esiguità delle risorse, sul fatto che in una paese socialmente immobile i ragazzi non vedono per quale ragione studiare con profitto.
E’ più facile ed è più comprensibile dire che la colpa è degli insegnanti che sono dei lavativi.
Ognuno può cercare il proprio esempio. E’ così per la pubblica amministrazione, è così per la crisi economica. E’ così per l’energia. Soprattutto questo Governo a questioni complesse risponde con parole d’ordine di stampo propagandistico. Parla inventando slogan pubblicitari, peraltro cambiando idea con una facilità straordinaria, ma non per imperizia, piuttosto perché una cosa vale l’altra. L’importante è catturare il consenso.
Si può dire tutto e fare tutto tanto chi è che va a controllare e a verificare quali sono i risultati di certi provvedimenti?
Dobbiamo rassegnarci? No, penso che dobbiamo insistere. L’universo va verso l’entropia, la complessità è il dato di fondo di un mondo sempre più globale. Una partita a scacchi non si risolve rovesciando il tavolo. In politica prima di vincere bisogna convincere.
Ecco partiamo da qui. C’è un lavoro di educazione alla convivenza e alle complesse regole del vivere sociale da affrontare. E’ il tema dell’egemonia di gramsciana, memoria alla quale non possiamo sottrarci. Abbiamo coltivato l’illusione che potessimo eluderlo e che potessimo rifiutare un pensiero della complessità e della differenza. Non dobbiamo pensare che non esista un modo diverso di affrontare le questioni. Non è possibile.
Al motto Primum vivere deinde philosophari, contrappongo l’idea che prima di vivere bisogna filosofare, nel senso che per sopravvivere bene nel mondo l’unica cosa davvero necessaria, imprescindibile, è una visione del mondo.
Per essere cambiato il mondo deve essere interpretato.
Non possiamo farci conquistare dall’opportunismo, dalla forza dell’opinione prevalente, dall’indifferenza delle scelte, dal continuo ricorso al tatticismo, dalla totale assenza di un principio di verità.
Complesso? No, essenziale.
Complesso? No, essenziale.
Alberto Rossini
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