giovedì 31 dicembre 2009

Provare a vincere non è difficile. Buon anno a tutti



Finiamo l'anno con la pubblicazione del un post di un altro blog. Si tratta di un elettore romano che invia una accorata missiva al nostro segretario. Del tutto affine ai valori che sono cari a questo Circolo e alla domande che tutti gli elettori si fanno, ci pare un modo per augurare buon anno a tutti.

Caro segretario Bersani,
si sarà accorto anche lei che qui a Roma le strade sono già tappezzate con il volto lievemente photoshoppato di Renata Polverini, la leader del sindacato di destra lanciata da Ballarò, che ha ottenuto l’appoggio – oltre che del Pdl – anche di Casini.
Intanto pare che il centrosinistra, as usual, sia allo sbando, insomma state a bisticciare nelle vostre sedi mentre gli altri sono già in campagna elettorale.
Non so se è vero, ma dicono che alla fine candiderete uno tra l’ex rutelliano Gasbarra ed Esterino Montino, insomma non proprio nomi da sballo per chi andrà alle urne.
Ora, caro segretario, lo so che la presidenza della regione Lazio non è fondamentale né per le sorti del Paese né per quelle del centrosinistra. Anzi, se il problema è solo tenere in piedi il sottopotere e gli affari nella sanità, chissenefrega: una Polverini vale più o meno un Montino, e ciao.
Ma – la informo – qui a Roma e nel Lazio ci sono alcune centinaia di migliaia di simpatizzanti ed elettori che hanno votato alle primarie del Pd, e che adesso si chiedono che cacchio state facendo per tentare di vincere le regionali, sempre che vi interessi.
Sa, caro segretario, un sistema per provare a vincerle ci sarebbe. Ed è molto semplice. Sono le primarie di coalizione (qui l'analisi senza appello dell'interna situazione nazionale).
Sa, tipo quelle che candidarono Prodi? Ecco, una cosa così. Per rivolgersi a quel 51 per cento di cittadini che in questa regione hanno votato centrosinistra nel 2005 e magari lo rivoterebbero nel 2010, se ci fosse un candidato decente.
Sì, lo so, è un casino far scegliere il candidato agli elettori anziché deciderlo nei corridoi. E magari alla fine il candidato di coalizione non sarebbe neppure del Pd: magari una come Emma Bonino, che contro la Polverini rischierebbe addirittura di vincere. Mi rendo conto che è molto più rassicurante condurre i giochi nel chiuso delle sedi di partito e magari presentare un mite perdente che consenta alla Polverini di vincere senza battagliare troppo, in modo da evitare lo “spoil system” della destra e conservare così un po’ di Asl, un po’ di presidenze di ospedali, un po’ di sottopotere regionale.
Ma, insomma, tenga presente l’ipotesi: perché è da queste cose che si capirà che volto vuole dare al Pd e alla famosa “alternativa” di cui lei va parecchio parlando.
Provare a vincere, a volte, non è difficile.
E tanti auguri di felice anno nuovo.



Da un post al blog Piovono rane

Lo spettacolo non è affatto finito


Ci siamo presi a cuore la disfida di Bari perche' ci pare emblematica. Entrambi i candidati sono davvero il meglio che la politica nazionale possa offrire. La regia del partito invece e' proprio il peggio...
Dichiarazione di pochi giorni fa di Michele Emiliano, sindaco di Bari: "Sputatemi in un occhio se sarò mai il candidato alla Regione". Manifesto affisso dai fedelissimi di Nichi Vendola alcune ore dopo la discesa in campo del sindaco: "Emiliano iàpr l'ecchie" (Emiliano apri l'occhio). Come sia stato possibile ridurre la primavera pugliese, uomini nuovi per un tempo nuovo, in furiosa corrida è questione tragicamente aperta. La disfida spopola in città. Agli angoli delle strade, al bar, in fila all'ufficio postale. Testimonianza di Gennaro Nunziante, autore dei testi e regista del film di Checco Zalone, il comico barese repentinamente assurto alla ribalta nazionale: "In qualunque conciliabolo si indica la mano magica di Massimo D'Alema. D'Alema è divenuto una presenza virtuale ma incombente, uno spirito ora divino e provvidenziale, ora demoniaco che disfa e uccide la speranza. E ciascuno si sente autorizzato a rivelare una sua confidenza, che ha i tratti dell'irreparabilità. 'Massimo ha detto che Vendola è finito'. Giunge, secondo i canoni di una perfetta piéce teatrale, il secondo amico e afferma, in modo altrettanto solenne: 'Massimo ha detto che Emiliano è out'". In effetti la corrida ha preso forma il giorno in cui D'Alema giunge a Bari con un foglietto in tasca: un sondaggio. È il segno vistoso della comunicazione berlusconiana ad acquisire un ruolo egemone e a obbligare a prendere atto di un dato matematico. Senza l'Udc di Casini si perde. "Dal momento che Vendola non avrebbe mai l'appoggio di Casini...".


È da quel momento che il clima già turbolento acquista i tratti di una tragedia politica con aspetti di puro cabaret. Quel sondaggio e l'invito che segue produce una palla di fuoco dentro cui arde l'amicizia e il legame politico che aveva unito i destini di Vendola e Emiliano. Il primo governatore il secondo sindaco del capoluogo. Personaggi diversi ma popolari. Amati, riveriti, conquistati alla causa pugliese. Da quel momento Emiliano scorda le promesse ("Giuro su San Nicola!"), gli impegni ("ribadisco che non sarò mai disponibile...") e inizia con le pretese. E qui anche Franco Cassano, un sociologo che conosce Bari, le virtù e le miserie, le invidie, le ambizioni dei suoi protagonisti, afferma che c'è stato un diavolo tentatore. "Qualcuno ha indotto Emiliano in tentazione. E quel qualcuno si chiama D'Alema che disconosce la dimensione civica e anche le conquiste di una terra che non vuole dominatori". Se D'Alema è il cuoco di questo frittatone pugliese è tema ancora discutibile. Quel che è certo è il costo politico e sociale dell'operazione. Lo scrittore Mario Desiati, direttore editoriale di Fandango, assicura: "Emiliano poteva vivere di rendita per quindici anni con le realizzazioni compiute". Ancora Cassano: "Sta segando il ramo su cui è appollaiato".

In effetti il sindaco vanta un palmares indiscutibile di opere. L'abbattimento del muro di Punta Perotti ha cambiato la geografia della città e ribaltato un luogo comune: il potere assoluto e monarchico dei costruttori. E poi la riapertura del Petruzzelli, la bonifica dell'area ex Fibronit, luogo di malanni e di morte. La riqualificazione del quartiere più degradato della città, San Paolo. La metropolitana di superficie.


Tutto rischia di essere scordato, revocato da quell'intendimento: candidarsi alla regione al posto di Vendola sei mesi dopo essere stato eletto al secondo mandato da sindaco. Dal quartier generale di Nichi sono iniziati a fioccare insulti e insinuazioni: è il risultato degli appetiti di amicizie pericolose. Imprenditori che devono allargare il business, Cl e Legacoop che devono vendicarsi dell'emarginazione subita dalla gestione vendoliana della Regione. E l'acqua che in Puglia resta pubblica, boccone prediletto, qui si dice, dal gruppo Caltagirone, suocero di Casini, il nemico numero uno dell'attuale governatore. Che ora commenta: "Emiliano mi sembra un uomo solo. Ma gli voglio bene". La sua assessora alla cultura, Silvia Godelli, psichiatra: "La grandiosità dell'ego è propria di una personalità border line".


Secca la contraerea: Vendola non ha saputo tenere il centrosinistra unito, ha umiliato gli alleati, disegna le sue ambizioni puntando a dividere il Pd... E poi sulla sanità ha fatto finta di cadere dalle nuvole. Ha fatto finta? Ecco la vampata che ha trasformato un'amicizia in odio e reso il Pd un partito immobile, vuoto. Un fortino poi valicato e offeso da incursioni popolari ("le truppe cammellate di Vendola" ultima accusa) che ne hanno decretato l'inconsistenza. Il segretario regionale Sergio Blasi, dalemiano, che non sa cosa fare. Anzi, dice: "Servono le primarie". Emiliano accetta, "senza condizioni". Poi ci ripensa e chiede una legge che non lo obblighi a rinunciare preventivamente alla poltrona di sindaco di Bari. Una legge ad personam, altro modello ricavato dal berlusconismo, che nessuno nel centrosinistra riesce a garantire e che il centrodestra non ha alcuna intenzione di concedere.


Ad oggi, ma tutto qui è così provvisorio, le primarie si faranno. Ma Vendola le dà per certe il 17 gennaio. Emiliano punta al 24. Perché il 20 gennaio si riunisce il consiglio regionale e la norma ad personam potrebbe essere in quella occasione discussa e approvata. Tranquilli e seduti. C'è ancora tempo per cambiare opinione e anche scena della disfida. Lo spettacolo non è affatto finito...

Il Circo Togni in casa D'Alema


Puglia: regionali, Emiliano non e' piu' disponibile alle primarie

BARI - Michele Emiliano non e' piu' disponibile a fare le primarie per scegliere il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Puglia, in vista delle regionali del 2010. Lo ha comunicato lo stesso sindaco di Bari, con una lettera inviata al segretario regionale del Pd, Sergio Blasi.

Ma quale riconciliazione



Craxi e le monetine.
Filippo Penati (ovviamente): “Questo non è il momento (ndr: di dedicare una via a Craxi). Prima di arrivare alla riconciliazione credo sia necessario passare attraverso un’analisi storica dell’azione di Craxi, come politico e come uomo di governo. Un’analisi condotta al di fuori della sua vicenda giudiziaria e che sappia far emergere le luci e le ombre del suo operato, che resta comunque importante”.

Fino a prova contraria Bettino Craxi era un pregiudicato, che si è dato alla latitanza per evitare l’arresto. Cosa c’è da analizzare? Cosa c’è da riconciliare? Ha fatto delle scelte, si è arricchito, è morto. I suoi figli si stanno godendo i soldi degli italiani, il reddito di infinite mazzette raccattate dal padre. Buon per loro, che se le godano. Ma che ci tocchi anche sentir parlare di “riconciliazione” dai gerarchi del centrosinistra è veramente un insulto a tutte le persone che lavorano e faticano per portare a casa uno stipendio.

mercoledì 30 dicembre 2009

Mare mosso anche in Umbria


Mare mosso anche in Umbria.

In Umbria, la presidente uscente Rita Lorenzetti si candida per il terzo mandato. Sembrava che fosse automatico: unica candidatura e tutti d'accordo. Ma, sorpresa, si candida Mauro Agostini. Voi penserete: naturale, ora faranno le primarie tra i due, e magari ci sarà pure qualcun altro che si candiderà. E, invece, c'è ancora qualcuno che spiega che non è il caso.

E come mai? Lo scoprirete solo leggendo qui: «per il veto che impone lo Statuto a ricoprire per più di 2 volte la stessa carica amministrativa. Ostacolo che potrebbe esser superato solo con un voto pari ad almeno 2/3 dell'assemblea: voti però che i bersaniani – la corrente a cui fa capo la presidente della Regione – non hanno. Al 49% potrebbero aggiungere (ma solo sulla carta) quel 10% che fa capo ai fedelissimi di Marino. Ma il 59% sarebbe comunque ben distante da quel 66% richiesto per superare il 'muro'». Do la soluzione, che mi pare ovvia: perché Lorenzetti non chiede la deroga allo Statuto per le primarie, quella stessa che chiedeva per candidarsi direttamente? O, come si suol dire, è chiedere troppo?

Lui c'era


A dispetto dei santi (la piu' incredibile e' stata l'intervista di Casini) ad aver optato per le primarie in Puglia e' stato lo stesso Emiliano. Ormai si era oltre la linea dell'opportunita' politica. Ed Emiliano l'ha capita e (almeno al momento...) ha deciso che le primarie sono inevitabili. Insomma, per fortuna che ci sonole primarie, se no il rischio era quello di pedere in un colpo solo sindaco di Bari e Regione Puglia.

Non deve essere stata una bella giornata per gruppo dirigente pugliese, sulla cui qualita' parlano i fatti.


Riprendiamo la nota su Facebook di Giuseppe Pontrelli, a proposito delle vicende pugliesi. Una testimonianza oculare, mentre sui giornali si parla di «partito assediato» e «clima» (ancora il clima!) non opportuno per discutere. Pare che ora si punti su Francesco Boccia, l'esponente Pd che perse le primarie contro Vendola cinque anni fa. Allora le primarie le fecero. Appunto. Qui un video che non lascia spazio a dubbi.

Io e Bruno ci siamo ritrovati alle 16 circa davanti all'Hotel Excelsior, l'hotel dove era in programma l'assemblea del Pd pugliese che avrebbe deciso della candidatura a presidente della Regione. Non eravamo 500, ma circa 200 (la questura di Bari non ha ancora dichiarato le sue stime). Molti di Sinistra e Libertà, ma anche militanti del Pd come noi avvisati nelle ultime 24h da un tam tam su Fb, e preoccupati delle scelte annunciate, che rinnegano nei fatti il metodo delle primarie (è lo Statuto a richiederle... ce ne siamo scordati?), e del rischio concreto di vedere in un colpo solo diviso il centrosinistra, persi Comune di Bari e Regione, e buttati anni di esperienza positiva di governo locale (la «primavera pugliese» è stata chiamata). Il tutto deciso senza ascoltare iscritti ed elettori, peggio andando nei fatti contro l'opinione espressa solo sei mesi fa dai cittadini, che hanno voluto Michele Emiliano di nuovo sindaco. Si vedevano solo tre cartelli, o meglio fogli A4 fatti con le stampanti di casa: «Vendola Presidente», «Difendi la Puglia migliore», e il più simpatico ed efficace «Michè japr l'ecchie» (traduzione dal barese: Michele, apri gli occhi!), con sotto citata una sua dichiarazione di qualche mese fa: «Sputatemi in un occhio se farò mai il Presidente della Puglia». L'atmosfera era tranquilla, ho visto alcuni delegati entrare salutati dai manifestanti "Mario, tutt'appost? Mi raccomand', eh eh", "Oh, carissimo, buon anno!". Insomma, come era giusto che fosse, era una corretta e democratica manifestazione di opinione. Ogni tanto qualche manifestante si allontanava per prender un caffè al bar accanto e scambiare quattro chiacchere. Gli slogan più gettonati sono stati «Un presidente, c'è solo un «D'Alema vattene da Bari», e ad onor del vero, un paio di volte un inappropriato e poco «D'Alema vaff**», ma molto meno partecipato. Il tempo passava, molti andavano via (è sempre tempo di festa) e nessuno si sognava di forzare l'ingresso e provare ad entrare nell'Hotel. Non era previsto, e non era nemmeno negli obiettivi. Ad un certo punto, con nostra grande sorpresa hanno fatto entrare le persone rimaste fuori. Un centinaio circa. I posti della sala erano occupati nelle prime file dai delegati regionali e nazionali. Noi ci siamo messi con ordine nelle ultime file. Il tutto si è svolto senza alcun problema o difficoltà. Il palco è rimasto vuoto per circa mezz'ora. Nessuna traccia né di Blasi, segretario regionale, né di Emiliano. Ad un certo punto è entrata l'onorevole Capano, ha preso il microfono e detto: «il segretario di questo partito ha ritenuto che quelle di oggi non fossero le condizioni per affrontare una discussione... Siamo in una fase delicata e bisogna parlarsi con grande franchezza, ed è diritto-dovere di ogni organismo dirigente condurre questa discussione con molto senso di responsabilità e misura». Giù i fischi e i mormorii di una sala che invece aveva tutte le intenzioni di ascoltare in maniera civile il dibattito. Le parole della Capano anche se fuori luogo (lo ripeto la situazione era tranquilla, e la decisione di aprire la sala proveniva dagli stessi dirigenti), non mi hanno affatto sorpreso...credo fosse nelle intenzioni prendere ancora un pò di tempo per districare una matassa ancora ingarbugliata e, per non ammettere propri limiti e inadeguatezza, in maniera goffa, è stata attribuita la responsabilità al disturbo arrecato dai sostenitori di Vendola. La chiusura della Capano è stata la ciliegina: «Più tardi verrà rilasciata una dichiarazione stampa sull'accaduto»... insomma non un solo tentativo per aprire l'assemblea e onorare la presenza di delegati e elettori giunti anche da lontano, ma tutte le attenzioni riservate per la stampa. È seguita una scena caratterizzata da improperi ed insulti pesanti... ma ancora una volta i manifestanti non c'entravano nulla: si trattava infatti di di una lite tra due delegati del Pd. A quel punto sono andato via, portandomi dietro un immagine davvero triste della situazione in cui il Pd versa alla fine di questo 2009. Che dire, speriamo nell'anno nuovo...

L'UNICA IRRUZIONE PERO' ALLA FINE SEMBRA L'ABBIA FATTA CASINI


"In queste ore sono accaduti fatti gravissimi in Puglia, che non esito a definire atti di squadrismo politico. C'e' stata una violenza morale senza precedenti: irrompere in un'assemblea di un partito per impedire una scelta autonoma rispetto alle candidature. Credo che Vendola debba chiedere scusa ai pugliesi e a tutti gli italiani per questo gesto che ci riporta a una vecchia politica. "
Casini, a proposito dell'assemblea regionale PD rinviata in Puglia

Opposizione e niente dialogo, si diceva...


Meglio partire dagli aggettivi. Come sarà il Copasir dalemiano? Il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica è nelle mani del politico che ha appena proposto una “leggina” a favore del premier, con la scusa di salvare l’Italia. D’Alema è anche il politico che ha dichiarato di apprezzare Niccolò Pollari, l’ex numero uno del Sismi, l’uomo che con il fedele Pio Pompa (nella foto da Internet) ha spiato e schedato politici, magistrati e giornalisti ritenuti “avversari” di Silvio Berlusconi.
Forse per questo il Pd di Bersani (quello del dialogo solo a certe condizioni...) non ha dichiarato nulla sul segreto di stato sceso dal presidente del Consiglio a coprire Pollari. O forse è il contrario: il Pd (sempre quello di Bersani) tace e D’Alema vince la poltrona?

Olga Piscitelli

martedì 29 dicembre 2009

E ci voleva tanto?


Ammetto di essermi preso a cuore il caso Vendola/Emiliano che, detto tra noi, mi sembrano entrambe brave persone. Ma il problema e' la famosa questione di metodo... Metodo che, in questo specifico caso, vuole essere quello della "camera chiusa", del "partito chiuso". Come se i risultati di questo metodo non ci avessero gia' portati a dove siamo.

Regionali Puglia, Emiliano a Vendola:"A questo punto chiedo io le primarie"

BARI - "A questo punto le primarie le chiedo io a Vendola, sono io che chiedo a Vendola di andare alle primarie e glielo chiedo serenamente senza acredine". Il sindaco di Bari Michele Emiliano, possibile candidato presidente alle prossime regionali in Puglia dopo giorni di tensioni culminate nel rinvio dell'assemblea del Pd pugliese ieri sera, propone di andare alle primarie alle quali si era già dichiarato disponibile il presidente uscente Nichi Vendola. Emiliano ha peraltro affermato che "non c'è più bisogno delle truppe, andiamo a votare, perché in questa maniera riconciliamo il nostro popolo, gli restituiamo un luogo dove finalmente esprimersi". D'altra parte Emiliano ha chiesto che il presidente della Regione sostenga in consiglio regionale, il 19 gennaio prossimo, la leggina che gli consentirebbe eventualmente di presentarsi senza doversi necessariamente dimettere da sindaco come l'attuale normativa impone. Immediata la risposta del leader di Sinistra e Libertà. "Credo - ha detto - che se Emiliano e il Pd scelgono la strada delle primarie abbiamo l'occasione di tornare a fare politica normalmente, mettendo al centro la contesa delle idee, dei programmi, ragionando della Puglia e non ragionando del ceto politico. Ovviamente non ci sono subordinate possibili soprattutto se esse presuppongono una invadenza da parte del Governo regionale in materia che è tipica prerogativa del Consiglio regionale".

Puglia, annullata l'assemblea Pd:la decisione accolta con fischi


È stata la deputata Cinzia Capano a comunicare che non ci sarebbe stata la riunione per decidere le candidature alle regionali pugliesi.

BARI - «Non siamo nelle condizioni di svolgere l’assemblea», ha spiegato la deputata Cinzia Capano, prendendo il microfono nell’affollata sala dell’Hotel Excelsior di Bari e riferendosi al gran numero di iscritti al Pd e di sostenitori di Nichi Vendola che erano entrati nella sala prima che l’assemblea cominciasse. La notizia è stata accolta tra i fischi e le proteste di un folto gruppo delle persone in sala tra le quali coloro che erano entrati senza averne in un primo momento diritto. L’assemblea era stata infatti convocata esclusivamente per i 126 delegati eletti nelle primarie tenute il 25 ottobre scorso. Giornalisti e semplici iscritti al partito era previsto restassero fuori dalla sala.
«Questo - ha aggiunto Capano - è l’unico organismo dirigente della Puglia, perchè come sapete non abbiamo ancora nominato gli altri organismi dirigenti. Siamo in una fase assai delicata, c’è l’esigenza di parlarsi con grande franchezza, ed è diritto-dovere di ogni organismo dirigente condurre questa discussione con molto senso di responsabilità e misura». «Per cui il segretario di questo partito - ha aggiunto Capano - ha ritenuto che quelle di oggi non fossero le condizioni per affrontare una discussione».

I pazzi siete voi




Ve lo ricordate il teorema Bindi? Vale la pena di rileggerselo:
«Penso che Casini voglia correre per la leadership del centrodestra, ma per raggiungere l'obiettivo prima deve sconfiggere Berlusconi. Per questo in alcune regioni farà un'alleanza con noi, tattica. E io sono d'accordo con lui».

Ricapitolando (dati forniti dal Civati):

Piemonte: non si sa, probabilmente Udc in solitaria (c'è il candidato della Lega e Bresso non piace)
Lombardia: Udc+Pdl (a meno che la Lega non si opponga)
Veneto: Udc in solitaria (c'è il candidato della Lega)
Emilia Romagna: Udc in solitaria
Liguria: Udc+Pd
Toscana: Udc in solitaria
Marche: Udc+Pd
Umbria: Udc in solitaria
Lazio: Udc+Pdl
Campania: non si sa, probabilmente Udc+Pdl
Puglia: Udc+Pd-Vendola
Basilicata: Udc+Pd
Calabria: Udc+Pdl


P.S.: i cultori della materia avranno potuto notare che l'unica alternativa che ha in mente Casini è nei confronti della Lega. Per il resto, Pd o Pdl, per Casini, pari sono.


P.S.2 Ilvo Diamanti su Repubblica di domenica, fornendo lucide motivazioni, finice il suo bellissimo articolo come segue:
(...) Noi, per istinto e formazione, diffidiamo del "senso comune". Parola magica, sospesa tra mito e ideologia. Tuttavia, proprio per questo, conviene evitare di dare per scontato che gli argomenti sostenuti da Berlusconi e la Lega siano - naturaliter - di "senso comune". Popolari. E quelli dell'opposizione - di sinistra e centrosinistra e anche di centro - impopolari. Prima di convincersi che perfino fare opposizione sia impopolare. E anti-italiano. L'opposizione: almeno si informi.(...)

lunedì 28 dicembre 2009

Le primarie sono un lontano ricordo


I risultati delle primarie per la segreteria nazionale di ottobre non tardano a palesarsi. Ricordate le parole di Nicola La Torre (fedelissimo gesuita dalemiano, quello dei pizzini in diretta tv a Bocchino, per capirci...) all'indomani del 25 ottobre: "votate Bersani alle primarie, cosi' di primarie non se parla piu' ".
E infatti.

Ho riletto due volte l'intervista a Michele Emiliano (Il Fatto), ma ancora non ci credo. In Puglia il centrosinistra avrà due candidati, Nichi Vendola e lo stesso Emiliano. Quest'ultimo dice che lui le primarie (lo strumento che serve proprio a dirimere certi dualismi) non le vuole, perché si tratta di coalizioni diverse e incommensurabili. Ricordo che durante il Congresso c'era chi diceva di fare attenzione alle primarie di coalizione, perché sarebbero state un pasticcio o non ci sarebbero proprio state. E c'era anche chi vi diceva di non liquidare troppo velocemente la «vocazione maggioritaria», nel senso più proprio, perché la politica delle alleanze poteva anche rivelarsi paludosa e perigliosa per il Pd. Risultato: le primarie non si fanno da nessuna parte e le alleanze sono diverse dappertutto, non sulla base di accordi locali, ma di decisioni romane.

Che qualcuno si fermi e rifletta, perché così non si va proprio da nessuna parte. E se si vuole cambiare il presidente in carica di una Regione, forse ci sono strumenti diversi, da adottare per tempo: non solo il napalm.

P.S.: in Puglia c'è addirittura chi sostiene (un assessore regionale PD, n.d.r.) che sia il caso di andare in tribunale per dirimere la controversia. Dalle primarie alle giudiziarie. Fantastico...

P.S./2: lo stesso vale per il Veneto. Si candida Laura Puppato, tutti dicono «benissimo», ma il segretario regionale frena: «Ottima candidatura, ma noi dobbiamo avere il quadro complessivo, non stiamo correndo da soli».

P.S./3: in Lombardia, il candidato del Pd, Filippo Penati (gia' trombato alle scorse provinciali, perdente in partenza, ma premiato con la candidatura in quanto coordinatore nazionale della mozione Bersani...), è già sui manifesti. Del Pd. Qualcuno nella coalizione (l'Idv, ad esempio) si è scocciato. Ma non fa niente. Le primarie sono un lontano ricordo.
Liberament tratto dal blog di Civati.

domenica 27 dicembre 2009

La pantera riminese



Il rapporto si chiama: Il sistema urbano italiano al 2009

E' piuttosto interessante e per le vacanze di Natale e' una lettura piu' che decorosa.

Chi lo leggera' capira' anche il senso del titolo del post.

sabato 26 dicembre 2009

A noi Zaia e' molto simpatico


Dedicato a chi votera' per Luca Zaia (attuale ministro dell'agricoltura o come esattamente si chiama...) alle prossime regionali in Veneto (una notizia d'agenzia del 5 giugno 2006). Come qualcuno ricorda, a noi, Zaia e' molto simpatico.

Le previsioni non tengono conto del Sole delle Alpi.

Un lancio Adnkronos rende noto il primo caso di devolution applicata al meteo. Di competenza dell'aeronautica, con la devolution le previsioni passano agli esponenti della Lega: "Le previsioni meteo non sono sempre affidabili. Ma quando gli errori si moltiplicano viene il sospetto di superficialità, o addirittura di malafede". Così Luca Zaia, vicepresidente della Regione Veneto e assessore al Turismo, si è molto arrabbiato vedendo che da Roma continuavano ad annunciare pioggia sul Nord-Est mentre sulle spiagge splendeva invece il sole. Leghista e tifoso del federalismo, Zaia ha deciso che sarebbe meglio una devolution anche nel meteo per farsi le previsioni da sé. Lo rivela La Stampa sottolineando che Zaia ''ne parlera' domani a Roma, alla Conferenza nazionale sul turismo. Zaia, continua il quotidiano torinese, guarda sempre la tv e controlla le previsioni meteo, poi il giorno dopo si affaccia alla finestra ma non riscontra lo stato delle previsioni meteo fatte da Roma. ''Possibile, si chiede, che da Roma continuano ad annunciare pioggia sulla nostra regione, mentre sul litorale splende il sole? Chi elabora le previsioni lo sa, quell'ombrello sulle cartine si traduce in telefonate e fax di disdetta agli alberghi, tanto al mare che in montagna e ai laghi''. Basta con il complotto centralista dei cumulonembi, che mette in ginocchio il turismo sulle Prealpi. Che i rovesci stiano al Sud o, se vengono dal Nordafrica, a casa loro. E, se insistono, una brezza catabatica li spazzerà via.

Dal civati

venerdì 25 dicembre 2009

Buon natale


giovedì 24 dicembre 2009

Canto di Natale

Signora dei vicoli scuri dal vecchio cappotto sciupato
Asciugati gli occhi e sorridi c'e' un altro Natale alle porte
Non senti le grida e le voci e qualcosa di strano nell'aria
Anche i muri ingrigiti dei vicoli splendono sotto la luna
Ti ricordi c'incontrammo in un giorno di neve e di freddo
E la sera ci facemmo un bicchiere di scura ed un giro di walzer
Con tanti saluti ad un altro Natale

Signora dei vicoli scuri abbracciami forte stasera
Anche i gatti festeggiano a volte e cantano sotto le stelle
Dimentica il freddo le lacrime e le scarpe coperte di fango
E il destino di un vecchio ubriacone cullato dal canto del vento
Ti ricordi c'incontrammo in un giorno di neve e di freddo
E stasera ci faremo un bicchiere di scura ed un giro di walzer
Con tanti saluti ad un altro Natale.

Signora dei vicoli scuri non mollare la lotta
Verranno momenti migliori il tempo una ruota che gira
Vedremo le rive del mare in un giorno assolato d'estate
Scoleremo cinquanta bottiglie al riparo di un cielo lontano
Ti ricordi c'incontrammo in un giorno di neve e di freddo
E stasera ce ne andremo a ballare per strade e a brindare un saluto
E un cordiale fanculo ad un altro Natale

Nel link il video della canzone "Canto di Natale" dei Modena City Ramblers, di cui avete appena letto il testo
http://www.youtube.com/watch?v=LR-jGygHU4Y
..........................................................
P.S. Se qualcuno avesse ancora dei seri dubbi sul regalo da fare, consiglio (da vecchio abbonato) l'abbonamento pdf ad Internazionale, di gran lunga il miglior settimanale in Italia.
Ci vuole 1 minuto ad attivarlo e costa giusto 60 euro (la versione cartacea ne costa 99, ma solo 84 se si e' studenti...), che magari di questi tempi possono non essere neanche pochi, ma piuttosto che qualcos'altro di inutile...
Non sara' beneficienza, ma e' davvero una finestra sul mondo.

mercoledì 23 dicembre 2009

Della nostra rete ferroviaria


È senz'altro abbastanza lungo, ma val la pena di segnalarlo. Riassume i disagi, per non dire disatri, della nostra rete ferroviaria. Eppure a volte basterebbe davvero poco per essere più simili al resto d'Europa. Sarà da segnalare anche l'eventuale replica dell'AD Moretti.



Alberto Rossini.
Ricariamo la dose aggiungendo l'esperienza diretta del Civati.
Un maglione e un paninoArrivo in stazione Centrale alle 17. Alle 17.20 è segnato sul tabellone un treno per Sondrio. Non arriverà mai. Alle 17.50 viene segnalato il convoglio per Lecco. L'altoparlante lo annuncia addirittura in partenza. Dopo un quarto d'ora, in effetti, il treno parte, ma dopo due chilometri si ferma. Nessuno sa perché. Si rimane chiusi dentro stipati per quasi un'ora, senza informazioni. A un signore scappa la pipì, ma tutti (tutti) i bagni sono guasti. La fa tra due carrozze, nello spazio di disimpegno (chiamiamolo così). Poi le porte magicamente si aprono. Siamo a Greco. L'altoparlante della stazione illustra i motivi del ritardo «indefinito»: un guasto alla stazione di Monza. Un signore che la sa lunga sostiene che, per via del freddo, tutte le operazioni debbano avvenire manualmente. Non si sa quando si ripartirà. Per solidarietà con quelli del treno, anche i bagni della stazione sono guasti. Dopo altri quaranta minuti il treno finalmente si muove. Ferma a Sesto San Giovanni, dove viene preso d'assalto dai pendolari. Un viaggio di dodici chilometri in tre ore abbondanti. Per la neve, certo. E per i guasti che le FS si portano dietro e che quando c'è un'emergenza appaiono in tutto il loro splendore. Moretti fa la vittima e consiglia di portarsi un maglione e un panino per il viaggio di domani. Quasi quasi mi porto direttamente un treno, da casa. Con le porte che si aprono, i bagni che scaricano, l'impianto di riscaldamento che funziona. Ci vediamo domattina, sul binario 5.

martedì 22 dicembre 2009

DIRITTI & LIBERTÀ!


Mercoledì 23 Dicembre 2009 ore 21


Sala del Buonarrivo - Corso d'Augusto 231 / Rimini
Verso la Conferenza Programmatica PD Rimini 2010

Avvio del Gruppo di Lavoro

DIRITTI & LIBERTÀ!


Imposteremo e organizzeremo assieme il percorso di lavoro versola conferenza programmatica del PD riminese per le tematiche:


LIBERTÀ COME Multicultura
LIBERTÀ COME Estensione dei diritti
LIBERTÀ COME Partecipazione


Partiamo da noi, partiamo da qui. Guardiamo avanti e "alziamo l’asticella". Per rompere gli schemi e le catene. Per affermare la visione di una società che nei fatti è già una realtà multiculturale, che vuole partecipare e che deve aprirsi. Consapevoli che la felicità è un diritto e non può restare solo di una parte. Altrimenti si chiama privilegio.

lunedì 21 dicembre 2009

Scene gia' viste

di Benito Mussolini

Proponiamo qui di seguito l'intervento di un collaboratore per noi insolito, con cui speriamo di fare cosa gradita ai nostri lettori del lunedi'. Risale al 1912, fu pronunciato durante un congresso socialista e si riferisce a un fallito attentato al re d'Italia Vittorio Emanuele III. Leonida Bissolati era tra i capi dell'ala riformista del PSI, poi espulsa. Ogni similitudine con recenti fatti di cronaca è puramente casuale. (La geniale intuizione è di Valerio Evangelisti).

Il 14 marzo 1912 un muratore romano spara una revolverata contro Vittorio Savoia. C'era un precedente che indicava la linea di condotta dei socialisti. Si era già criticato aspramente lo spettacolo indescrivibile offerto dall'Italia sovversiva dopo l'attentato di Bresci a Monza. C'è un libro, che potete accettare con beneficio di inventario, del Labriola, la Storia di 10 anni, che vi dice come le classi alte dell'Austria Ungheria seppero accogliere la notizia della tragica fine di Elisabetta. Si sperava che, dopo dodici anni, non si ripetesse il veramente indescrivibile spettacolo di Camere del Lavoro che espongono bandiere abbrunate, di municipi socialisti che mandano telegrammi di condoglianze o di congratulazione, di tutta un'Italia democratica e sovversiva che a un dato momento si prosterna al trono.
Difficile scindere la questione politica dalla questione d'umanità. Arduo separare l'uomo dal re. Ad evitare equivoci perniciosi uno solo era il dovere dei socialisti dopo l'attentato del 14 marzo: tacere. Considerare cioè il fatto come un infortunio del mestiere del re. (Bravo! Applausi.) Perché commuoversi e piangere per il re, solo per il re? Perché questa sensibilità isterica, eccessiva, quando si tratta di teste coronate? Chi è il re? È il cittadino inutile per definizione. Ci sono dei popoli che hanno mandato a spasso i loro re, quando non hanno voluto premunirsi meglio inviandoli alla ghigliottina e questi popoli sono all'avanguardia del progresso civile. Pei socialisti un attentato è un fatto di cronaca o di storia, secondo i casi. I socialisti non possono associarsi al lutto o alla deprecazione o alla festività monarchica. Quando Giolitti dà l'annuncio dello scampato pericolo reale, tutti gli onorevoli scoppiano in un applauso giubilante. Si propone un corteo dimostrativo al Quirinale e alcuni deputati socialisti s'imbrancano senz'altro nel gregge clerico-nazionalista-monarchico. (Bene.) E si va al Quirinale. Non so se sia vero quel dialogo che le cronache hanno riferito. Non c'ero, ma non è stato neppure smentito. Si dice che quella frase, oltremodo banale, non sia stata pronunciata. Non importa. So che vi è un telegramma: «Pregovi di presentare a Sua Maestà il mio commosso e riverente saluto». E questo è il Bissolati, il quale, dodici anni fa, gridava: «A morte il re»". (Applausi a sinistra. Rumori sugli altri banchi)BISSOLATI: No, no! Non a morte il re. Abbasso il re. La destituzione. MUSSOLINI: Non c'è grande differenza tra morte e destituzione. La destituzione è comunque la morte civile.

domenica 20 dicembre 2009

Sull'informazione

A San Francisco, in California, come in tutti gli Stati Uniti, chiudono o rischiano di chiudere i quotidiani locali. Alla notizia che presto San Francisco possa ritrovarsi senza un giornale, il sindaco ha risposto: “La gente al di sotto dei trent’anni non se ne accorgerà neanche”. Ma una volta i giornali erano l’anima delle città. Lo racconta bene Richard Rodriguez: “Negli Stati Uniti la morte di un giornale non significa solo il fallimento di un’impresa, ma anche la fine del senso di appartenenza a un luogo. Se il San Francisco Chronicle rischia di morire, è perché San Francisco sta perdendo la sua identità”. Intanto è appena uscito San Francisco Panorama, il prototipo del quotidiano perfetto progettato dallo scrittore Dave Eggers. L’obiettivo è dimostrare che, se fatto bene, un giornale può vendere molte copie. Perfino a San Francisco.

sabato 19 dicembre 2009

Ci sara' un perche', vero?


A volte pare davvero di sognare.

Non entro nel merito "strategico" delle affermazioni del "D'alai Lema"(che mi auguro sinceramente abbiano un pragmatico fondamento pro-domo-nos), ma ci pensano a cosa ne deducono gli elettori o no?

UNA POLITICA PER POCHI, POCHISSIMI


«Certi "inciuci" farebbero bene al paese». In nome della realpolitik, Massimo D'Alema rilancia il confronto tra Pd e Pdl. Non sono le polemiche a fermare l'ex ministro degli Esteri, che l'altra sera, nel "caminetto" dei leader democratici riunito dal segretario Bersani, aveva già messo sul tavolo il suo punto di vista. Con un paio di battute, ieri - durante la presentazione del libro "Comunisti immaginari" di Francesco Cundari - torna sulla questione dell'apertura a Berlusconi e al centrodestra, sulle riforme a cominciare da quella della giustizia. E tanto per fare un esempio di "inciucio", ricorda l'articolo 7 della Costituzione sui rapporti tra Stato e Chiesa votato dal Pci di Togliatti nell'Assemblea costituente.











La Germania e le guerre mondiali - Una pagina mai chiusa



La storia è quasi una dannazione per la Germania. Non c'è popolo come quello tedesco che tenti di anticipare e prevedere il futuro - in Germania c'è un'assicurazione specifica per tutto o quasi. Eppure il passato continua imperterrito a influenzare il presente. Nei giorni scorsi a riaffiorare non è stata solo la Seconda guerra mondiale, con l'inizio del processo al presunto criminale nazista John Demjanjuk a Monaco. E' anche emerso che il governo tedesco è ancora alle prese con le riparazioni di guerra legate al primo conflito mondiale. Attenzione: la Germania non sta versando alcun pagamento ai paesi alleati, ma sta ancora distribuendo interessi sul debito contratto negli anni 20 e 30 per pagare le elevatissime riparazioni di guerra. La vicenda vale la pena di essere raccontata. Nel 1919, il Trattato di Versailles stabilì che la Germania fosse responsabile della guerra e dovesse quindi rimborsare agli alleati - Francia e Gran Bretagna in testa - i danni provocati dal conflitto: in tutto 132 miliardi di marchi-oro (vale a dire sei miliardi e mezzo di sterline, 34 miliardi di dollari). Non solo l'enorme somma indusse i tedeschi a parlare di Diktat, ma per molti versi contribuì alla crisi politica ed economica che portò al potere Adolf Hitler. Fin dal 1919 l'allora negoziatore a Versailles John Maynard Keynes sostenne che la Germania poteva pagare al massimo due miliardi di sterline e che una cifra superiore avrebbe provocato collasso finanziario e tensioni sociali.

In un libro del 2001 (Peacemakers, in italiano Parigi 1919), la storica Margaret MacMillan racconta quanto fu difficile trovare un accordo sui risarcimenti tedeschi e ricorda che a Londra lo slogan dell'epoca era: "Fate pagare l'unno". Per versare le riparazioni, la Germania fu costretta a emettere obbligazioni sui mercati internazionali, in particolare nel 1924 e nel 1930. Successivamente le riparazioni furono cancellate nei fatti con la Moratoria Hoover del 1931, ma le obbligazioni continuarono a esistere. Nel 1953, in una conferenza a Londra, gli alleati consentirono alla Germania di interrompere il pagamento degli interessi per aiutare il paese a risollevarsi dopo la Seconda guerra mondiale. In quella occasione fu deciso che la distribuzione del dividendo sarebbe ricominciata solo dopo un'eventuale unificazione del paese. Così avvenne nel 1990. Da allora, il governo federale è tornato a versare gli interessi su obbligazioni emesse oltre ottanta anni fa per pagare le riparazioni di una guerra terminata quasi un secolo fa. La Finanz Agentur, l'agenzia di Francoforte che si occupa della gestione del debito pubblico tedesco, ha spiegato che la Germania deve ancora circa 56 milioni di euro e che l'ultimo versamento avverrà l'anno prossimo. La vicenda è stata rivelata dal quotidiano Bild. Quando ho chiamato questa settimana la Finanz Agentur per avere maggiori ragguagli, il portavoce Jörg Müller ha voluto precisare che i destinatari del pagamento non sono gli alleati, bensì i creditori che avevano sottoscritto ai tempi le obbligazioni internazionali. Mi è sembrato quasi che volesse evitare di esprimere qualsiasi nuova recriminazione contro il Diktat di Versailles, a conferma per molti versi della maturità del popolo tedesco.

venerdì 18 dicembre 2009

Le parole di Napolitano


L’Italia è un Paese diviso o è la politica, o meglio la rappresentazione quotidiana della politica che proietta e alimenta questa immagine?
Ieri mi hanno convinto le parole del Presidente Napolitano che ha detto che il Paese è molto più coeso della propria classe politica. Mi pare che si faccia di tutto, a livello della comunicazione politica sui giornali e soprattutto in televisione, per accreditare un’Italia spaccata a metà tra berlusconiani e antiberlusconiani. Certamente è un tema di confronto, non fosse altro poiché Berlusconi è ormai da quindici anni sulla scena politica e di governo. Tra le tante frammentazioni del paese questa non mi pare quella che lo taglia a metà. L’odio non c’è o quanto meno non passa per questo versante politico. Nei bar, nelle piazze, nelle scuole, nei luoghi di lavoro non si litiga su Berlusconi.
Forse c’è più un clima più incline alla battuta o al commento sulla simpatia o antipatia del personaggio. Forse ci si divide di più sul presunto fannullismo dei dipendenti pubblici. Si discute animatamente se sia meglio dare i soldi alla scuola pubblica o privata, se il Piano casa servirà o meno per fare la casa al figlio, o su come risolvere il problema del lavoro o come non finire nell’ospedale sbagliato.
Eppure ogni sera c’è un talk show che contrappone uno o più politici di centro destra con altri di centro sinistra; con il corollario degli ospiti schierati da una parte o dall’altra. Si confrontano su tutto contemporaneamente: dalla giustizia alla scuola, dalla religione alla sanità. Ognuno afferma e dichiara, inveisce e interrompe, quando non insulta e offende. Anche fisicamente sono posti gli uni di fronte agli altri come schierati su un campo di battaglia.
Finita la trasmissione, spenta la tv o girato canale si ha l’impressione di non aver capito nulla delle differenti posizioni, e tantomeno di non aver minimamente compreso quale davvero fossero le posizioni e quali fossero le differenze tra i vari schieramenti.
Eppure i partiti non sono mai stati così simili tra loro per quanto concerne le proposte legate al governo del Paese ed anzi a livello delle amministrazioni locali, siano esse Regioni, Province o Comuni, quasi si fatica a cogliere le diverse proposte. Raramente si parla di programmi, quasi, appunto, fossero superflui oggetti del passato.
E allora perché questa ostinazione, non ad abbassare i toni, come ritualmente si ripete, ma anzi ad alzarli sempre di più? Tant’è che parolacce, scene eclatanti, minacce di querele vengono sempre di più agitate pubblicamente superando ogni giorno la soglia che si riteneva ormai irresponsabilmente già oltrepassata.
La politica è l’arte della mediazione si dice. In realtà la politica si gioca sulla divisione, sull’opposizione, sul fatto che esista un avversario, insomma un nemico. All’epoca della guerra fredda, del Muro di Berlino, il dualismo c’era ed era reale. Oggi quali sono le ideologie? Quali le differenze? Quali le visioni di società che si fronteggiano? Si badi non lo dico per nostalgia. Guardo, però, alle cose, come sono.
Paradossalmente se siamo così simili, se siamo così vicini all’interno della stessa visione del mondo e dell’idea del futuro che esprimiamo, per differenziarci e per rimanere nell’ambito della lotta politica non possiamo far altro che alzare i toni, rimarcare parossisticamente le differenze e sperare che tutto ciò funzioni come reale.
Certo la tv aiuta e i giornali militanti fanno la loro parte.
Ma il Paese è coeso, si divide su altro, magari anche in modo peggiore, ma non sugli argomenti urlati in tv. Un esempio? Quante parole e quanto inchiostro è stato speso sulle ronde. Le avete viste? Qualcuno si è schierato? Sono divenute reali?
Il lancio della statuina che ha ferito il Presidente del Consiglio è un fatto grave. Soprattutto è un corto circuito, poiché introduce un fatto reale nel mondo abitato dai simulacri della lotta politica. Non a caso è stato commesso da un folle. Il corto circuito che si è prodotto spiega anche la meraviglia di Berlusconi e le sconnesse dichiarazioni di alcuni. I più pronti a reagire sono stati quelli dei social network della rete. Si sono rimpossessati del reale con il virtuale. Il gioco prosegue….

Alberto Rossini

giovedì 17 dicembre 2009

Come on, die young!

Sono davvero tante le cose in comune tra il pezzo accorato e lucido di Riziero Santi apparso sul bel sito del PD riccionese di un paio di giorni fa e quanto abbiamo laicamente constatato con il nostro pezzo di ieri sull'uscita dal PD riminese di Ermanno Vichi.

Le due storie, nel loro parallelismo, corrono nel solco di quella diffusa sensazione che le lotte intestine al PD siano meramente alimentate dalla ricerca e dalla difesa sindacale del proprio posticino al sole (o in giunta, o in segreteria, o dove-vi-pare...).

Santi urla alto e chiaro come sia un "chissenefrega" l'espressione a cui "qualsiasi iscritto, elettore, ragazzo, ragazza, o veterano" ricorre a commento delle beghe di partito che un Fabio Galli o un Ermanno Vichi fanno dolorosamente emergere in forza delle loro personalissime beghe.

Penso pero' che, come da molto non si vedeva, qualcosa si stia muovendo.

E come giustamente nota Santi, non e' una marea generazionale la novita' che sta montando. Troppi "giovani", soprattutto quelli "gia' sperimentati" (per usare un'espressione non nostra...), sono cresciuti in un humus malato il cui effetto e' quello per cui "le nuove generazioni vanno solo ad assommarsi alle altre scimiottandone vizi e contrapposizioni".

Un elettore "veterano", al seggio delle primarie di ottobre, per esprimere lo stesso concetto di Santi, ci faceva notare che i giovani che escono dai seminari si chiamano prevosti. Che vuol dire anziano. Ecco, troppi giovani sono gia' anziani (con tutto il rispetto per gli anziani veri...) e resi anziani da quelle parrocchie e parrocchiette che avvelenano questo PD.

No, la novita' sta nella volonta' di incidere nella vita del PD di gruppi e individui trasversali sia generazionalmente che socialmente. Non e' piu' vero che "solo chi vive di politica si interessa alla politica", almeno non nella provincia di Rimini. Le forze che si stanno affermando sul territorio sono nati con la nascita del PD, con i Circoli in primis, e si stanno affermando proprio "praticando l’innovazione di metodo e di merito" che Santi auspica.

Sta a questo nuovo e trasversale gruppo all'interno del PD della provincia dimostrare (sempre che ne abbia le capacita' sia organizzative che politiche!) che il modo di fare politica dei Galli o dei Vichi e' arrivato al capolinea. Il congresso e' dietro l'angolo.

mercoledì 16 dicembre 2009

Cercando un'altro Egitto


Visto che ci viene richiesto lo facciamo: commentiamo l’ufficializzazione della dipartita di Ermanno Vichi dal PD riminese.

Se è vero che il Vichi aveva già lanciato inequivocabili segnali della sua uscita, è altrettanto vero che il (tanto) tempo trascorso dal congresso nazionale (e quindi dalla scissione rutelliana) a ora, fanno pensare che si tratti piu' di una ricerca (legittima?) di un personale Lebensraum, di un nuovo spazio in cui rivendicare una certa egemonia, piuttosto che di un dissenso programmatico. Dissenso che sicuramente c’è (e l’occasione per dimostrarlo la si è avuta pochissimo tempo fa a proposito dei “Dico” di Errani), ma la sensazione che il problema abbia radici più prosaiche che poetiche resta (a partire dalle elezioni 2008).
Nella sua rutelliana dipartita si fà contorno di Leandro Coccia e di Maurizio Taormina. Del primo abbiamo sentito parlare spesso in forza delle isolate (ancorche' spesso lodevoli) battaglie al fianco di Fabio Pazzaglia in Consiglio Comunale, mentre il secondo si è reso responsabile del sempre discutibile gesto di tentare la via della lista personale, più che civica, alle elezioni scorse.
Insomma gli esponenti che vanno a ritrovarsi nel solco riminese di Francesco Rutelli sono questi e dispiace (come dispiace sempre…) vedere compagni di strada prendere un'altra via. Tuttavia si ha l'impressione che le intenzioni siano piu' da prima repubblica che altro. Gli effetti sulla politica riminese si vedra'.

Certo, la nostra idea di PD e' un tantino differente. A proposito di un PD diverso e migliore, stasera non mancate (ore 21, sala del buonarrivo)..

martedì 15 dicembre 2009

A me piaceva


RaiDue spegne "L'era glaciale" e accende (dal 15 gennaio) "L'ultima parola", 90 minuti di approfondimento politico, in cui il vicedirettore di rete Gianluigi Paragone cercherà di bilanciare l'informazione tv "di sinistra". L'Era glaciale portava a RaiDue oltre il 10% di share, ma l'azienda lo accantona per giocare l'azzardo di Paragone, che con Malpensa, Italia già deluse per deficit di audience, con conseguente chiusura anticipata del format. Chi vuole l'epurazione della conduttrice dell'Era glaciale? "Io non sono né un censore né un epuratore. Non ce l'ho con la Bignardi, per me lei può tornare a aprile con dieci nuove puntate della sua trasmissione, salvo che qualcuno sopra di me non decida diversamente", precisa il direttore di rete, Massimo Liofredi, ammettendo però di aver "fatto una lettera per una variante sul contratto della Bignardi: lei aveva dieci prime serate, io le ho trasformate in dieci seconde serate, anche per proteggerla. Io credo nel suo lavoro, ma penso che nella seconda serata potesse dare il meglio". Del "caso Bignardi" si starebbe occupando il direttore generale, Mauro Masi: per la giornalista, che ha un contratto fino al 2011, si parla di una transazione. Daria Bignardi preferisce non commentare. Ma dal suo entourage si intuisce la delusione. Da gennaio la giornalista avrebbe dovuto cominciare un nuovo ciclo in prima serata del suo fortunato talk show (13 puntate previste), invece il contratto è stato disatteso. Endemol, che detiene i diritti del fortunato talk non avrebbe affatto gradito. La conferma che L'era glaciale non fosse amato dai vertici Rai si è avuta lo scorso venerdì 4 dicembre. Vista la registrazione del programma, in cui Morgan scherzava sugli ascolti di X Factor ("Se va male la colpa è degli uomini di Berlusconi in Rai") e Fiorella Mannoia che diceva la sua sul "No B-Day", uno zelante dirigente di RaiDue avrebbe pensato che (nell'impossibilità di censurare le battute incriminate) la soluzione ideale era quella di far slittare il talk show (previsto alle 23.05) verso la mezzanotte. I fan dell'Era glaciale quella sera hanno dovuto vedere 50 minuti di cartoni animati prima del talk. Qualcuno vuole punire Daria Bignardi? Antonio Marano, vicedirettore generale Rai, spera di no. "Per far venire Daria in Rai (da La 7) io la corteggiai per due anni e l'ho pagata pure bene. La Bignardi è una professionista amata dal pubblico (fa anche il 12-13% di share), l'azienda onorerà il suo contratto", garantisce Marano, ex direttore di RaiDue, evitando accuratamente di nominare il suo successore, Massimo Liofredi.

lunedì 14 dicembre 2009

Amici e avversari, sostenitori e oppositori oggi devono essere solidali con il premier - come siamo noi - e senza alcun distinguo, nel momento in cui è un uomo colpito dalla violenza. E devono fare muro contro l'insania di questo gesto, prima di tutto perché è gravissimo in sé e poi perché può incubare una stagione tragica che abbiamo già sperimentato, negli anni peggiori della nostra vita.

Solo così la politica (che la violenza vuole ammutolire) può salvarsi, ritrovando il suo spazio e la sua autonomia, nella quale è compreso il confronto durissimo tra maggioranza e opposizione e anche lo scontro di opinioni, programmi e strategie. Ma distinguendo, sempre, tra le critiche e l'odio, tra il contrasto d'idee e la violenza, tra le funzioni e le persone.
Anche se il gesto di piazza Duomo è fortunatamente isolato e frutto di follia, in gioco c'è niente meno che la libertà. La libertà di Berlusconi di dispiegare le sue politiche e le sue idee coincide con la nostra stessa libertà di criticarlo. Questo spazio di libertà si chiama democrazia: difendiamola.

Ezio Mauro, La Repubblica 14/12/2009

Spigolature dal Censis


Dal 43° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2009

Capitolo: Lavoro, professionalità, rappresentanze

Le strategie a medio termine del mercato del lavoro in affanno. Nei primi due trimestri dell’anno diminuisce il numero degli occupati (-1,6% rispetto allo stesso periodo del 2008) e aumenta contemporaneamente il tasso di disoccupazione (dal 6,7% al 7,4%). Cresce anche il numero delle persone in cerca di occupazione (+8,1%). La crisi occupazionale ha fatto sentire i suoi effetti con un’ulteriore contrazione del lavoro femminile (-0,7%). Nel Mezzogiorno si rileva un tasso di disoccupazione più alto che nel resto del Paese (12%). E si conferma la debolezza dell’Italia all’interno dell’Unione europea (tasso di occupazione al 58,7% contro il 65,9% medio dell’Ue27).

La crescita del tempo di non lavoro. Gli effetti del rallentamento dell’economia sul mondo del lavoro hanno riguardato anche la dimensione del tempo complessivamente dedicato alle prestazioni lavorative. Le ore di Cassa integrazione guadagni ordinaria passano dai 77 milioni del 2005 a 369 milioni. La Cassa integrazione straordinaria aumenta, nello stesso arco di tempo, del 162%, quella dell’edilizia del 129%. Sia nei servizi che nell’industria le ore effettivamente lavorate nelle grandi imprese diminuiscono rispettivamente del 2,4% e dell’1% tra luglio 2008 e luglio 2009. Analogamente, calano dello 0,4% sia le ore di sciopero, sia quelle dedicate al lavoro straordinario.
Il valore della risorsa umana nei processi di internazionalizzazione. Le imprese che rafforzano le strategie di internazionalizzazione investono non solo su reti logistiche e distributive nella prospettiva di conoscere meglio il cliente, ma anche sulle risorse umane utilizzate. Le imprese che hanno una significativa attività all’estero sono anche quelle che adottano più delle altre i contratti standard (il 96,6% contro il 92,5%) e meno i contratti flessibili (il 3,4% contro il 7,5%). In esse il significato stesso del salario si lega in proporzioni maggiori al concetto di valorizzazione del merito. Il personale all’estero, a parità di qualifica, viene pagato di più di quello in Italia: un dirigente che lavora in Italia guadagna poco meno di 87 mila euro annui, un dirigente di un’impresa italiana all’estero ne guadagna quasi 140 mila.

Verso una nuova previdenza per i professionisti. Anche le Casse di previdenza dei professionisti italiani, privatizzate da più di dieci anni, si stanno ponendo l’obiettivo di ripensare il loro welfare interno. Tra il 1997 e il 2009 il numero di professionisti iscritti agli Ordini e ai Collegi professionali ha conosciuto un incremento del 35,9%, passando da 1,476 milioni a 2,006 milioni (circa 530 mila nuovi iscritti), mentre nello stesso periodo l’occupazione nel nostro Paese è cresciuta solo del 14,8%. Resta auspicabile raggiungere anche le professioni senza regolamentazione che si collocano ai margini del mondo professionale ordinistico e che hanno bisogni di tutela ancora scoperti.

Le imprenditrici terziarie, fattore strategico per l’economia. Le donne imprenditrici del settore terziario costituiscono il vero elemento innovativo nel contesto dell’occupazione femminile degli ultimi decenni. Costituiscono il 67,1% del totale delle aziende gestite da donne, occupano sempre meno spazi di mercato legati al commercio e sono sempre più proiettate su settori un tempo monopolizzati dagli uomini, come la logistica (il 17% delle donne imprenditrici), i servizi professionali intellettuali (12,1%) o il turismo (12%). Dal secondo trimestre del 2004 allo stesso periodo del 2009 gli imprenditori nel complesso sono diminuiti del 4,1% e quelli del terziario del 3,2%, mentre le imprenditrici terziarie sono scese solo dell’1,3%, mostrando una capacità di contrasto alla crisi più alta. Fra le imprenditrici terziarie si registra un aumento significativo di formule societarie diverse dall’impresa individuale, ad esempio la società di persone (41,5%), mentre le società di capitali costituiscono lo 0,5% delle imprese femminili terziarie, aumentate del 126% dal secondo trimestre del 2004 allo stesso periodo del 2009.

domenica 13 dicembre 2009

C.L.N. 2.0: IL PICCOLO CHIMICO











"Da chimico un giorno avevo il potere
di sposare gli elementi e di farli reagire,
ma gli uomini mai mi riuscì di capire
perché si combinassero attraverso l'amore.
Affidando ad un gioco la gioia e il dolore."
Un Chimico, F. De Andrè.

Quanti sono gli immigrati in Italia?



Colpisce un dato che emerge dal secondo rapporto "Transatlantic Trends: Immigration" che fotografa gli orientamenti dell'opinione pubblica di diversi Paesi, tra cui quella italiana, verso gli immigrati. Gli italiani, infatti, credono che i cittadini stranieri rappresentino il 23% della popolazione totale, mentre il dato vero si aggira sul 6%: in sostanza esiste una sovrastima di quattro volte. Chiaramente in tutti i Paesi il dato è sovrastimato, ma continua a colpire la distanza tra il dato effettivo e quello percepito. In cauda venenum: solo il 43% degli italiani ritiene che il Governo stia facendo un buon lavoro sul fronte dell'immigrazione...

sabato 12 dicembre 2009

ACCADE DOMANI: IN CILE.

Il mio amico Andrea di Valparaiso (che saluto perchè so che ogni/tanto ci legge) dice che anche loro sono alle prese con una specie di Berlusconi (tale Piñera), e domani vota. Il suo canditato non è sostenuto da nessun partito storico cileno ( anche se proviene dal partito socialista e in pochi mesi i sondaggi lo danno al 20% e in crescita). Quindi, dice, ha delle possibilità. Dice che il suo candidato può vincere o quantomeno andare al ballottaggio (sempre se supera quello ufficiale del centro-sinistra): ci tiene molto.
Roberto






Le primarie a Venezia


Dicembre 10th, 2009 by Marta Meo
Oggi siamo a 5 candidati alle primarie per il sindaco di Venezia, mancano ancora alcuni giorni e confido (si fa per dire) che possiamo fare di meglio, potremmo arrivare a dieci.Oggi qualcuno auspica la sintesi politica, senza forse pensare che le sintesi politiche non si auspicano, si costruiscono. Se cinque candidati alle primarie sono la sintesi politica che si è riusciti a costruire con i dirigenti locali e nazionali che abbiamo in città è evidente che nel PD c’è ancora molto lavoro da fare. Avere l’avvocato Giorgio Orsoni, tre candidati del PD e un altro candidato che rappresenta quello che una volta si chiamava il polo rossoverde fa pensare che qualcuno stava ripensando allo schema del 2000 che aveva visto la contrapposizione Costa - Bettin al primo turno, con la sola differenza che questa volta il candidato moderato non è Costa.Il fatto è che oggi c’è il Partito democratico e ci sono energie nuove che vogliono potersi esprimere dentro il partito e che hanno portato avanti un lavoro sul programma e oggi stanno ragionando su un candidato che sia espressione non solo di una sensibilità e di una serie di priorità, ma del mondo associativo e ambientalista, del mondo delle professioni e di quella borghesia mestrina che da tanti anni si appella, inascoltata, alla politica cittadina anche se è chiaro che la nostra principale preoccupazione va al dopo primarie. Quello che vediamo oggi è che nel PD dopo il passaggio in direzione sul programma non c’è stato più alcun dialogo, alcuna occasione di discussione ed è chiaro che in questo scenario prevalgono i personalismi e l’autoreferenzialità. Qui invece che intensificare gli incontri si rimandano le riunioni e questa cosa fa pensare che qualcuno creda di poter decidere per tutti. Io vorrei solo ricordare che questo modo di gestire le cose negli ultimi anni da queste parti ci ha portati (non è il caso di fare adesso un elenco) da una sconfitta all’altra.

venerdì 11 dicembre 2009

Uno a uno


Chissà che aspettano i diversamente concordi del Pd per urlare alto e forte chi è Silvio Berlusconi. Forse aspettano che li faccia arrestare a uno a uno, modello Putin o Lukashenko. Fino a quel momento, dialogo e prudenza (a proposito, a tutt'oggi non è dato sapere con precisione cosa ando' a fare in Russia all'improvviso giusto qualche settimana fa, n.d.r.) .

Marco Travaglio

La sciarpa viola


Bersani, la piazza, andare o no, «basta! il dibattito dei dirigenti del Pd è noioso. No-io-so. Da sbadigli. Ma chissenefrega se Bersani c’è andato o no, il punto è un altro, il Pd, per citare Neffa, dovrebbe "sognare contromano": vogliamo incrociare la spinta di questa piazza, venuta su da Internet, post-ideologica, non vecchia come la Cgil, o la lasciamo a Di Pietro?».

Matteo Renzi ha la sciarpa viola al collo e sta uscendo dallo stadio, una giornata buona per la sua Fiorentina che ha battuto l’Atalanta, «Vargas sta crescendo». Userà, in questa conversazione, almeno due metafore calcio-politiche. La prima è quasi ovvia: «Quando vedo tante bandiere viola in piazza io so’ sempre contento». La seconda no: «Il Pd è come la Fiorentina, s’accontenta di battere la Juve ma non vince mai lo scudetto. Noi ci accontentiamo di gridare contro Berlusconi, ma non costruiamo un’alternativa assieme a questa bella piazza».
Bersani ripete che non si pente di non essere andato, il compito del Pd, dice, non è mettere il cappello. «Mi augurerei che adesso il partito non passasse giorni a discutere se era giusto andare o no, finiamo come il Moretti di "no, il dibattito no". Su quella piazza ci sono due verità credo oggettive. La prima è che è incontrovertibilmente fresca, un segno di speranza, nata fuori dai partiti, su Internet; io ho vinto le primarie anche grazie a questo approccio, a Facebook, insomma, innanzitutto bisognerebbe riconoscere che nasce un modo totalmente nuovo di stare in piazza».

E la seconda? «Poi è vero che è tenuta insieme soprattutto dall’antiberlusconismo, io invece non vorrei restare fissato a vita sulla figura di Berlusconi. Ma il problema non è, come dice Bersani, che non dobbiamo mettere il cappello sulle manifestazioni; è che dovremmo cercare di incrociare un’iniziativa bella saldandola a delle battaglie. Tra l’altro se Berlusconi è ancora lì è anche grazie a qualche spensierato dirigente del centrosinistra che ieri era allegramente in corteo. Oggi dovremmo essere, lo ricordo, nell’anno terzo di Prodi, e invece grazie a questi dirigenti siamo nella riedizione finale del berlusconismo».

Dice battaglie, idee nuove. Ritiene che il neosegretario non faccia abbastanza?«Perché Bersani non prende tre quattro grandi temi e prova a coinvolgere questo popolo viola? Ne suggerisco alcuni, la sostenibilità ecologica, io sarò l’unico del centrosinistra ad andare a Copenhagen. Oppure proponga: vogliamo dimezzare da subito il numero dei parlamentari. Mi daranno dell’antipolitico, ma i mille parlamentari di oggi sono i vincitori di un casting politico indecoroso. O ancora, vogliamo puntare sull’innovazone tecnologica, contro il decreto Pisanu? O parlare di merito? I ventenni dei social network sanno che hanno davanti un’Italia di baronie, di professori che stanno in cattedra da tre generazioni. Bersani potrebbe lanciare questi grandi temi d’innovazione anziché spiegare perché va o non va a un corteo».

Il problema però non è solo lui, o no?«Ma è l’aspetto positivo della manifestazione di sabato: che cerca di svegliare tutti i dirigenti dell’opposizione, di portarli alla realtà. Una parte del centrosinistra è convinta di vivere sotto una campana, come Forrest Gump, e non si accorge più di ciò che c’è fuori. Così il Pd li ignora, oppure rincorre Di Pietro, un estremismo che lascerà al potere Berlusconi per trent’anni, o peggio che mai Fini».

Ecco, che ne pensa di Fini? Rutelli ipotizza una Kadima all’italiana.«Lo dico col massimo rispetto istituzionale, Fini è un uomo politico zigzagante, poco credibile su tutto. Ma chi si ricorda che due settimane prima della nascita del Pdl diceva "non entrerò mai nel partito unico"? Ora non voglio citare i viaggi con Le Pen, dico solo che Fini è un uomo di destra dalla coerenza discutibile, che non ha nulla a che fare con noi, che è passato dal sostenere Mussolini grande statista all’antifascismo in cinque anni».

E delle accuse di Spatuzza s’è fatto un’idea?«Sì, che mentre noi stiamo attaccati alle agenzie con le boiate di Spatuzza, Berlusconi va a inaugurare la Tav. E non c’è dubbio, come ha detto lui, che sarà un boomerang. Il Pd smetta di sperare che Berlusconi lo mandi a casa con Spatuzza, o con Fini».

Nel frattempo molti cattolici se ne vanno. Lei, che è cattolico, crede ancora in questo partito? «Ma certo! Nonostante tutto è molto meglio dell’Idv, che predica moralità e poi è fatto di tanto ceto politico discutibile. O del miraggio di inseguire Fini».

giovedì 10 dicembre 2009

Il tema dell'innovazione: centrale a Rimini come nel resto del paese


di Alberto Rossini

Vorrei tornare al tema dello sviluppo e dell’innovazione. Riprendo le considerazioni di Rossano soprattutto lì dove sottolineava il rapporto tra territorio e innovazione. Nel senso che c’è un’innovazione di prodotto, una che riguarda i processi produttivi ed una, potremmo dire più recente, che riguarda il rapporto tra un prodotto o un servizio ed il contesto in cui avviene. Nel settore dei servizi questo può essere un punto fondamentale. Ad esempio nel turismo dove l’offerta è l’insieme delle tante differenti cose che si propongono: dall’albergo alla sicurezza, passando per la raggiungibilità o la qualità dell’ambiente.
Una strategia innovativa nei servizi può essere un modo nuovo di distribuire le merci. Con l’obiettivo di inquinare meno, risparmiare energia, aumentare la qualità delle aree più pregiate dal punto di vista urbano. Sto pensando ai transit point o ai centri di distribuzione urbana che consentono di avere un soggetto che realizza il ricevimento, il confezionamento e la consegna delle merci per i negozi, i pubblici esercizi e gli alberghi. Esistono cose del genere a Londra, a Copenaghen, ma anche a Padova e Siena.
Credo, però, che occorrano alcune condizioni di base per favorire l’innovazione legata al territorio. Una senza dubbio è legata alla composizione sociale degli occupati nelle imprese. Insomma alle caratteristiche della forza lavoro, alla tipologia degli occupati, alle peculiarità del lavoro che svolgono e delle condizioni in cui lo svolgono. Può essere vero che l’innovazione non nasce solo all’interno della grande impresa, però occorre che nel lavoro vi sia stabilità di rapporti, possibilità di sperimentare soluzioni nuove che necessariamente implicano, in un modo o nell’altro, percorsi formativi, acquisizione di nuovi saperi. Mi pare che tutto questo non possa avvenire se nel mondo del lavoro aumenta quella che viene definita flessibilità che però nella stragrande maggioranza dei casi significa precarietà. Sto dicendo che se la composizione sociale degli occupati è sempre di più costituita da lavoratori a tempo determinato, da lavoratori atipici, cioè da lavoratori occasionali, e da lavoratori autonomi che svolgono mansioni proprie del lavoro dipendente, introdurre innovazioni territoriali nel campo dei servizi o dei prodotti diventa particolarmente difficile.
Quello che vale per una impresa vale anche per un territorio. Un’azienda che non dedica tempo e risorse alla innovazione non arriverà mai ad avere prodotti innovativi. Indipendentemente dal modo in cui ciò avviene. Non necessariamente ci deve essere in un’impresa il settore “Ricerca e Sviluppo” ma se c’è solo personale avventizio e pochi dipendenti in pianta stabile sarà molto difficile che si depositi un sapere aziendale e che questo produca cambiamenti positivi.
Invece nella struttura sociale del lavoro in Italia è andata proprio così. Negli ultimi dieci anni il numero dei lavoratori atipici e dei lavoratori con contratti a termine è aumentato. E’ questa la nuova struttura sociale del lavoro in Italia. Cito solo un dato per spiegare cosa è successo: quasi la metà dei lavoratori a tempo determinato ha un’età compresa tra i 40 e i 49 anni. Il che vuol dire che tra le generazioni più giovani quel tipo di lavoro è poco diffuso. Il 40% dei lavoratori atipici si trova nella fascia di età tra i 30 e i 39 anni (da M.Megatti e M.De Benedittis, I nuovi ceti popolari, Feltrinelli). Da noi com’è la situazione? Tralasciamo i dati sull’occupazione (peraltro più bassa rispetto alla media dell’Emilia Romagna) e concentriamoci sui rapporti di lavoro con riferimento al 2008. I dati mostrano (Rapporto Excelsior ), relativamente ai nuovi ingressi nel mercato del lavoro, una netta preminenza di quelli a termine, che riguardano quasi 78 mila avviamenti, ossia circa tre quarti (74,7%) del totale delle assunzioni dell’anno. Tale dato segna un netto e significativo incremento fra il 2007 e il 2008 dell’incidenza di queste forme contrattuali. I contratti di lavoro a tempo indeterminato riguardano meno del 14% del totale degli avviamenti registrati a Rimini nel 2008, mostrando un decremento del peso percentuale superiore a 2,5 punti rispetto al 2007. Se cresce molto la precarietà del lavoro come è possibile fare innovazione? Non è forse su questo duro scoglio che si infrangono le aspettative di un rilancio strategico della nostra struttura economica e sociale? E non è da qui che dovremmo iniziare una discussione su ciò che siamo e su ciò che possiamo essere tra dieci o vent’anni? Oppure pensiamo che la struttura sociale conti davvero così poco? Scandagliare il fondo del mare aiuta a capire se e come è possibile uscire dall’apnea. Pare che a porsi la domanda sia rimasto solo il Censis di De Rita…

mercoledì 9 dicembre 2009

E io dico: finalmente


L'articolo pubblicato da Repubblica a firma di Pier Luigi Celli, direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli, intitolato "Figlio mio, lascia questo Paese", sta facendo discutere in rete molti sul loro futuro.

E io dico: finalmente.

Nel senso che l'usurato refrein secondo il quale l'Italia e' un paese per vecchi e' ora che funzioni da stimolo. Poveri giovani, si dice...

Andiamo ad affrontare anni che non saranno facili (il peggio di questa crisi sara' alla fine, cauda venenum...) che i giovani (noi giovani?) pagheranno in prima persona. D'altra parte sono proprio i giovani a latitare dalla vita pubblica, a interpretare per politica solo la mala-politica, a trascinare l'adolescenza ben i confini anagrafici, ad avere incarnato quel cambiamento della societa' in cui si e' sostituito il voler modificare in meglio il proprio status (con il lavoro, la famiglia ecc...), con il mero divertimento (nell'orgia di futilita' degli anni '80 si parlava di "edonismo reaganiano"). Mai nella storia sociale si era sentito parlare di "crisi dell'adultita' ".

Probabilmente il ritardo con cui la nostra generazione sta arrivando sulla scena sociale trascina con se' problemi che andranno ben oltre il privato. E segnali non si fanno attendere.

Uno di questi (ma soltanto uno, avremo modo di vederne altri) e' stata la manifestazione del No B-Day. (vedi l'accorato post di Roberto Maldini). Finalmente giovani che, sicuramente gravati dalla percezione di un futuro cupo, si sono auto-organizzati (internet, in Italia, e' un posto solo per giovani) e in prima persona hanno dato vita una manifestazione entusiasmante per la qualita' della partecipazione (popolare!) prima che per la quantita' (sorprendente).

Abbiamo indicato nella mancata adesione ufficiale alla manifestazione del PD, il primo errore del neo-segretario, che ha sacrificato l'occasione di intercettare un intero segmento di societa' (i giovani, soprattutto quelli politicamente attivi) sull'altare delle (forse) future alleanze o forse per altro. In ogni caso per "qualcosa" che si fa' fatica a spiegare e ancor piu' fatica a capire (qui un'analisi convincente). Male. Anzi, male due volte, visto che gli esponenti del PD che si sono spinti nel vivo nella manifestazione a titolo dolorosamente personale, hanno ricevuto l'applauso dei partecipanti. E quindi, a tutti gli effetti, e' proprio una scelta della segretria (di non aderire) quella di voltare le spalle proprio a una porzione di potenziale elettorato.

Ma il problema piu' grosso sta nell'impressione largamente condivisa che alla base della "diffidenza" dei nostri vertici ci sia stato, prima di tutto, uno scarto culturale.
La promozione attraverso internet di iniziative come il no B-Day o di qualunque altra iniziativa mette di per se' di cattivo umore i nostri vertici, e' un contesto con cui l'apparato ha poca dimesichezza e molta diffidenza (e non perche' sia un mezzo non-affidabile "per natura", ma perche' la maggior parte dell'apparato neanche ha la connessione da casa...).

Vabbe', e' un'occasione persa dal PD intero.
Ma a Rimini, il nostro PD, quello del nostro Circolo di San Giuliano, e' tutt'altra cosa e lo dimostra. La sera di mercoledi' 16 dicembre (alle 21) venite alla Sala del Buonarrivo (presso la sede della Provincia). Vedrete da soli.