martedì 1 dicembre 2009


Guardate questa cosa della «guerra civile», fatta circolare per tutto il pomeriggio di ieri e rilanciata dal Giornale di oggi.
Guardate il vocabolario usato dai capataz del premier in questi giorni, il riferimento continuo alla «resa dei conti», all’«assedio», al «golpe dei magistrati», al ritorno degli anni di piombo.
Guardate il Sì B-Day lanciato nello stesso giorno e nello stesso luogo in cui aveva già deciso di ritrovarsi il popolo del No B-Day.
Allora: pare che questo signore e i suoi cari si augurino un bel casino, di qui a sabato prossimo. Non vedono l’ora di sentire qualche botto e qualche sirena, di strillare al nuovo terrorismo, di creare un clima in cui lo Stato «deve reagire all’eversione e all’odio».
Bene, anzi male, ma comunque non ci caschiamo.
Perché gli unici botti che vogliamo sentire sono quelli dei tappi di spumante, quando il miliardario furente e la sua banda avranno finalmente tolto il disturbo. E questo potrà provare a diventare un paese civile, magari perfino con una destra democratica e costituzionale con cui poter bisticciare tutti i giorni, come in ogni paese normale.
Da Piovono rane

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