venerdì 2 ottobre 2009

Copenhagen 2009


Come leggere la partita che si sta giocando anche in questi giorni sul cambiamento climatico? In realtà il dato più appariscente è che la politica e l'economia stanno andando su strade diverse. E la politica è sempre più lenta con rimarchevoli difficoltà nella lettura della realtà. Un esempio a sostegno di questa tesi la si può ritrovare nei fatti e nelle dichiarazioni di responsabili di grandi aziende e, con diverso tenore, politici. Paul Dickinson, ad esempio, è a capo del "Carbon Disclosure Project" ed ha rivelato che il 52% delle principali imprese americane ha già adottato importanti misure per la riduzione dell'emissione e produzione dei gas-serra, rilevando anche che le gandi aziende sarebbero già capaci e disponibili ad intraprendere altre misure in merito. Perfino Wal-Mart, attraverso il suo Direttore Greg Timble fa sapere che la più grande catena di distribuzione mondiale americana è energeticamente sempre più efficiente. Sulle motivazioni di tale rincorsa a modelli più efficienti, si può sempre far affidamento sulle dichiarazioni che ci arrivano dai responsabili della Nike e della Levi-Strauss (sì, quella dei blue jeans) coem riportato dal sito de "Il sole24ore": se non si interviene - ha detto Figel della Nike - tutto diventerà più costoso, più arduo e rischioso; mentre per Anna Walker di Levi-Strauss "il 95% dei nostri prodotti è basato sul cotone e la scarsità d'acqua potrebbe diventare un dramma". I politici sembrano invece giocare una sfida in punta di fioretto dove, sostanzialmente, si muoveranno se si muoveranno quelli di altri Paesi. Inutile spiegare che la stessa economia non ritiene più possibile aspettare tempi migliori, mentre i politici non riescono a comprendere che la caccia al consenso, sia delle popolazioni che dei responsabili economici delle aziende, non si gioca più sull'immobilismo e sulle cattive abitudini ecologiche. Paradossalmente questo passaggio sembra sia stato perfino recepito dai governanti della potenza economica considerata come la più inquinante, la Cina, che attraverso il suo Presidente, Hu Jintao, sta lanciando chiari segnali sulla possibilità che la Repubblica Popolare decida un importante azione sulla riduzione della produzione di gas-serra. Chi avesse ancora molti dubbi sulle ripercussioni delle attività produttive rispetto all'inquinamento, può sempre considerare il dato sul calo record delle emissioni globali di CO2 del 2,6% fornito quest'anno dall'Agenzia Internazione dell'Energia, da ascriversi alla negativa congiuntura economica.
I modelli alternativi e soprattutto economicamente profittevoli non mancano e già stanno aprendo un solco tra chi sarà un'economia avanzata e chi no. Quello che sarà il successore del trattato di Kyoto, verrà redatto in una conferenza in programma quest'anno a Copenhagen. Perchè in Danimarca? Perchè la Danimarca ha fortemente voluto sul suo territorio tale conferenza, visto che le sua aziende specializzate nella produzione di energia da fonti rinnovabili ormai hanno accumualto un'esperienza tale che sono già egemoni sul mercato. In altre parole costituiscono una vera e propria lobby economica altrenativa a quella delle industrie estrattive, ma con gli immani vantaggi di un'energia pulita (giusto per dare un'idea, in Danimarca la corrente elettrica prodotta con la sola energia eolica ha raggiunto lo straordinario obiettivo del 23% del fabbisogno nazionale).
Politica ed economia viaggiano, in questo caso, sullo stesso binario.
Libero adattamento di un articolo di Dorino Piras.

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