Siccome sul “cosa” di questo congresso (pardon, convenzione) tutte le mozioni si sono spese con programmi e confronti, credo che ognuno si sia fatto la sua idea e scelto di conseguenza. Mi piacerebbe lanciare il sasso del “come”. Mi spiego.
Se su come si sceglie un segretario o sul modello di partito si già è dibattuto a lungo (e ancora lo si farà), molto poco si è invece dibattuto su “come” si procederà per recuperare quei 4 milioni di voti persi per strada tra le elezioni del 2008 e quelle del 2009.
Il filo da seguire lo vorrei far partire dall’incipit di un capitolo del libro “Il Palazzo Vuoto”, di Alberto Rossini (chi ci segue sa bene di chi si tratta).
“E’ facile immaginare quale sia la prassi a livello locale: il commerciante, l’albergatore,il giostraio, si recano direttamente e senza mediazione alcuna dal Sindaco, dal Presidente della Provincia o della Regione, si autorappresentano. […] Non è altro che il segno della crisi dei partiti, che non sanno più rappresentare nessuno, o semplicemente hanno sempre più difficoltà a interpretare i deboli segnali che provengono dalla società. Se ciò è vero, si spiegano alcuni fenomeni recenti. L’ascesa e il maggior potere da parte delle Associazioni di categoria coincide con la decadenza dei partiti. Appena i rappresentanti delle associazioni hanno capito che i partiti erano ormai diventati dei contenitori vuoti, hanno deciso di esercitare senza mediazione il proprio ruolo. Da qui nasce il protagonismo dei presidenti delle associazioni sia a livello nazionale che locale.”
Come dire: la rappresentatività di un partito nasce, da un lato, dalla sua capacità di farsi interlocutore con gli starti della società (la "gramsciana" penetrazione nella società) e, dall’altro, di essere il fulcro della vita politica della città (o della nazione). Ovviamente gli organi del partito sono il braccio di questa attività.
Il percorso di “decadenza dei partiti”non è solo un mero fenomeno fisiologico, inevitabile o storico. Sicuramente ci sono componenti oggettivamente contingenti (altrimenti non si spiegherebbe come il fenomeno sia esteso a tutte le democrazie occidentali), ma le dimensioni del fenomeno si differenziano notevolmente. Significa ci abbiamo messo anche del nostro. E tanto.
Mentre ci si è abituati con una certa agio alla vita della carica-istituzionale-ricoperta (i motivi se li dia ciascuno a seconda della propria malizia), si è abbandonato, probabilmente perché meno dolce, la pratica di quel lavoro politico di segreteria che è alla base di quel meccanismo di rappresentatività che è entrato in crisi.
Il ruolo del partito deve venire prima del ruolo dell’amministratore. Altrimenti, fatalmente, si ricade nel caso così bene illustrato sopra da Rossini.
Quei 4 milioni di voti di cui si diceva all’inizio li recupereranno partito e amministratori insieme.
L’uomo-della-provvidenza (o peggio ancora l’uomo forte), il tutto-in-uno sarebbe di nuovo un disattendere quella richiesta di rappresentanza che tanto ci sta minando. Di nuovo attingo dal libro di Rossini:
“Socialmente chi ha sofferto di più in questi ultimi anni, non a caso, è stato il ceto medio. Ossia un gruppo sociale con un potere di rappresentanza e di auto-tutela relativamente basso e sostenzailmente non attrezzato a condurre in proprio specifiche battaglie. La sua crisi si è accentuata con il berlusconismo: il ceto medio, infatti, era estraneo al blocco di potere che ha favorito e assecondato l’ascesa di Berlusconi. Ancora oggi è privo di una specifica rappresentanza e quindi è nell’impossibilità di difendere e tutelare i propri interessi. A maggior ragione lo è in un paese in cui i diritti dei consumatori vengono sempre per ultimi. Può sembrare paradossale, ma pre il ceto medio hanno fatto di più Ikea, Zara e Lidl che non Berlusconi , Prodi, Fassino e Rutelli. Sarà interessante verificare fino a quando rimarrà inespressa la leadership di un ceto così vasto e così sottorappresentato.”
Se su come si sceglie un segretario o sul modello di partito si già è dibattuto a lungo (e ancora lo si farà), molto poco si è invece dibattuto su “come” si procederà per recuperare quei 4 milioni di voti persi per strada tra le elezioni del 2008 e quelle del 2009.
Il filo da seguire lo vorrei far partire dall’incipit di un capitolo del libro “Il Palazzo Vuoto”, di Alberto Rossini (chi ci segue sa bene di chi si tratta).
“E’ facile immaginare quale sia la prassi a livello locale: il commerciante, l’albergatore,il giostraio, si recano direttamente e senza mediazione alcuna dal Sindaco, dal Presidente della Provincia o della Regione, si autorappresentano. […] Non è altro che il segno della crisi dei partiti, che non sanno più rappresentare nessuno, o semplicemente hanno sempre più difficoltà a interpretare i deboli segnali che provengono dalla società. Se ciò è vero, si spiegano alcuni fenomeni recenti. L’ascesa e il maggior potere da parte delle Associazioni di categoria coincide con la decadenza dei partiti. Appena i rappresentanti delle associazioni hanno capito che i partiti erano ormai diventati dei contenitori vuoti, hanno deciso di esercitare senza mediazione il proprio ruolo. Da qui nasce il protagonismo dei presidenti delle associazioni sia a livello nazionale che locale.”
Come dire: la rappresentatività di un partito nasce, da un lato, dalla sua capacità di farsi interlocutore con gli starti della società (la "gramsciana" penetrazione nella società) e, dall’altro, di essere il fulcro della vita politica della città (o della nazione). Ovviamente gli organi del partito sono il braccio di questa attività.
Il percorso di “decadenza dei partiti”non è solo un mero fenomeno fisiologico, inevitabile o storico. Sicuramente ci sono componenti oggettivamente contingenti (altrimenti non si spiegherebbe come il fenomeno sia esteso a tutte le democrazie occidentali), ma le dimensioni del fenomeno si differenziano notevolmente. Significa ci abbiamo messo anche del nostro. E tanto.
Mentre ci si è abituati con una certa agio alla vita della carica-istituzionale-ricoperta (i motivi se li dia ciascuno a seconda della propria malizia), si è abbandonato, probabilmente perché meno dolce, la pratica di quel lavoro politico di segreteria che è alla base di quel meccanismo di rappresentatività che è entrato in crisi.
Il ruolo del partito deve venire prima del ruolo dell’amministratore. Altrimenti, fatalmente, si ricade nel caso così bene illustrato sopra da Rossini.
Quei 4 milioni di voti di cui si diceva all’inizio li recupereranno partito e amministratori insieme.
L’uomo-della-provvidenza (o peggio ancora l’uomo forte), il tutto-in-uno sarebbe di nuovo un disattendere quella richiesta di rappresentanza che tanto ci sta minando. Di nuovo attingo dal libro di Rossini:
“Socialmente chi ha sofferto di più in questi ultimi anni, non a caso, è stato il ceto medio. Ossia un gruppo sociale con un potere di rappresentanza e di auto-tutela relativamente basso e sostenzailmente non attrezzato a condurre in proprio specifiche battaglie. La sua crisi si è accentuata con il berlusconismo: il ceto medio, infatti, era estraneo al blocco di potere che ha favorito e assecondato l’ascesa di Berlusconi. Ancora oggi è privo di una specifica rappresentanza e quindi è nell’impossibilità di difendere e tutelare i propri interessi. A maggior ragione lo è in un paese in cui i diritti dei consumatori vengono sempre per ultimi. Può sembrare paradossale, ma pre il ceto medio hanno fatto di più Ikea, Zara e Lidl che non Berlusconi , Prodi, Fassino e Rutelli. Sarà interessante verificare fino a quando rimarrà inespressa la leadership di un ceto così vasto e così sottorappresentato.”
L’aspetto culturale sarà fondamentale per il recupero di quei 4 milioni di voti che non potranno non essere cercati, almeno in buona parte, proprio nel ceto medio (e soprattutto in quella grossa fetta che rischia di non essere più ceto medio).
Anche in termini di consenso: cosa farà sì che la propria città venga valutata come “ben amministrata” dai cittadini? Dai servizi, alle facce, dalla capacità di cogliere i segnali, alla comunicazione.
Un esempio? Le biciclette.
Rimini ha sfruttato come nessuna altra città in Italia gli incentivi statali per comprare una bicicletta: non è un segnale di quello che i cittadini (gli elettori...) mandano?
Altro che lungomare hollywoodiano e grattacieli da paese arabo (con tutto il rispetto, s'intende...), qui ci sono le potenzialità per trasformare una città che ha prodotto il doloroso sostantivo di "riminizzazione" quale paradigma di sfruttamento del territorio, in una città a misura di bicicletta.
P.S. A proposito di saper interpretare questi segnali: qual'era l'obiettivo nel recente test di chisura del Ponte di Tiberio? Dimostrare che si puo' fare o piuttosto che non si puo' fare, absit injuria verbis? (Che sarebbe un problema in piu'oltre i congiuntivi...)
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