Da Il fatto del 21 aprile. Lettera a Bersani.
La politica ha bisogno di un nuovo incanto e non di ulteriori disincanti. Il Pd non deve essere il partito dei giovani dirigenti, nella versione caricaturale che qualcuno vuole offrirne. Il Congresso c’è stato e non l’hanno certo vinto i giovani. Il Pd può però essere il partito dei giovani elettori, che rappresentano (secondo Termometro Politico) il 25% degli elettori che si sono recati alle urne alle ultime regionali (la stessa percentuale che ha preso il Pd…). Un’intera generazione rimasta senza rappresentanza. A destra, c’è chi i voti, tra i giovani, già li prende, e altri, come il ‘solito’ Fini, che hanno inteso occuparsene, aprendo alcuni fronti (tra cui, ovviamente, proprio quello della gioventù, absit iniuria verbis) di notevole interesse.
L’anno prossimo si celebra l’Unità d’Italia: bene, bisognerebbe farne una nuova, di unità, e una nuova, di cittadinanza. Chi è giovane, in Italia, affronta qualcosa che prima nemmeno c’era: il lavoro precario (quasi esclusivamente precario), l’immigrazione (ormai arrivata alle seconde generazioni, giovani e giovanissimi futuri italiani), la ‘rete’ e le sue opportunità.
Ci vuole un nuovo approccio liberale che entri in relazione con i carbonari della rete. Qualcuno che interpreti le urgenze dei “Mille all’incontrario”, che salgono da Sud a Nord per lavorare (negli ultimi anni è cresciuto il divario tra Nord e Sud e sono tornati a crescere i giovani che dal Sud vanno al Nord). Uno straniero che non è più austriaco, ma viene da più lontano e forse non va vissuto solo come un nemico, ma come qualcuno con cui allearsi, nel rispetto reciproco.
Dobbiamo unire le generazioni, unire il Paese in un dibattito più civile, unire il lavoro, anche perché i lavoratori con i diritti tra poco si estingueranno (vedi alla voce contratto unico). Unire politica e società civile, perché questa separazione è sempre più artificiosa. Introdurre una lealtà contributiva tra i concittadini: perché gli stessi ‘clandestini’ non sono negri, ma neri, non per via di un linguaggio ripulito, ma proprio perché quasi sempre sono lavoratori in nero. Dobbiamo dare alla nuova generazione qualcosa di simile a ciò che è stato possibile alla precedente.
Chi è ‘nato’ nel 1994, si sente meno uguale degli altri, perché la disuguaglianza in questi anni è cresciuta. E dobbiamo ‘unire’ i diritti, senza esclusioni per motivi ideologici. I giovani italiani si aspettano le unioni civili, perché le ‘vivono’. Sono favorevoli alla ricerca scientifica, non condizionata dalle morbosità di alcuni. Siamo nel 2010, non nel 1010, e a guardare questa Italia corporativa e oscurantista, invece, viene più di un dubbio. Ecco: reintroduciamo il tempo del futuro nella coniugazione del verbo, anche perché il passato prossimo ci ha letteralmente sfiniti.
La metafora più influente è quella dell’investimento, perché in questo Paese chi investe non è premiato. Anzi. E poi c’è l’ambientalismo, quello di nuova generazione, quello di tutto il resto del mondo, un ambiente che parla all’economia. La banda larga e il wifi. La partecipazione. E un linguaggio diverso, meno rituale, meno ossequioso, più diretto e concreto.
Il Pd come partito dei giovani: una suggestione limitata ai giovani, appunto? Nient’affatto, perché non c’è proprio alcun giovanilismo, ma una precisa strategia, che può essere riassunta nel famoso adagio: «Parlare a nuora (e a genero) perché suocera (e suocero) intendano». Perché è ovvio che risposte date a chi ha meno di trentacinque anni, sono offerte alle famiglie italiane senza limiti di età, anche perché sono le famiglie italiane a fare da welfare, da finanziarie, da sindacati, ormai, per i loro giovani.
E certo, per farlo, ci vuole anche la rappresentanza, una classe dirigente più ‘contemporanea’: il tema del «ricambio» (finora ha vinto il «rimango» generazionale) arriva alla fine, non certo all’inizio del processo. Perché siamo a Pompei 1994, ancora sotto la cenere, e anche Plinio il Giovane, ormai, è invecchiato. Che qualcuno intervenga. E non lo racconti soltanto, ma faccia qualcosa. Perché è già troppo tardi.
Nessun commento:
Posta un commento