di Onide Donati
È stato eletto in Regione a furor di popolo, 19.106 preferenze. Una performance che viene da lontano, che ha seguito nel tempo percorsi originali e che fa di Maurizio Cevenini da Bologna un fenomeno politico. Grazie a lui, infatti, il Pd l’ha sfangata. Nel senso che, pur perdendo voti assoluti, è andato leggermente avanti in percentuale rispetto alle Europee e ha fatto sensibilmente meglio delle Comunali nonostante le dimissioni del sindaco. Riandando a Max Weber citato domenica da Nadia Urbinati, Cevenini sa che «vivere di politica significa che non si può vivere per la politica». Forse anche per questo il “fenomeno Cevenini” è da sempre qualcosa di alieno nel Pd. Lo si è visto quando nel 1999, ai tempi delle prime primarie, gli apparati Pds sponsorizzarono Silvia Bartolini che vinse nel partito ma perse nell’urna; e nel 2008 quando la storia si è ripetuta con Delbono. Ma Mister preferenze, è paziente e non molla mai. «Un’intervista? Certo, vengo io da voi». Cortesia è strategia: l’Unità è in una casa del popolo, Cevenini arriva e lo bloccano nel bar, autografa e distribuisce cartoline del “Cev c’è”, riceve pacche sulle spalle e raccomandazioni. Soprattutto una, perentoria: «La prossima volta il sindaco lo fai te!». Lui si schermisce e a l’Unità risponde cauto e un po’ paludato: «Sarò nel percorso per la scelta del candidato sindaco, ora non avanzo una mia candidatura, mi confronterò col Pd». Si voterà tra un anno e la tattica sconsiglia di avventurarsi in corse lunghe. In ogni caso, «il Cev c’è».
È stato eletto in Regione a furor di popolo, 19.106 preferenze. Una performance che viene da lontano, che ha seguito nel tempo percorsi originali e che fa di Maurizio Cevenini da Bologna un fenomeno politico. Grazie a lui, infatti, il Pd l’ha sfangata. Nel senso che, pur perdendo voti assoluti, è andato leggermente avanti in percentuale rispetto alle Europee e ha fatto sensibilmente meglio delle Comunali nonostante le dimissioni del sindaco. Riandando a Max Weber citato domenica da Nadia Urbinati, Cevenini sa che «vivere di politica significa che non si può vivere per la politica». Forse anche per questo il “fenomeno Cevenini” è da sempre qualcosa di alieno nel Pd. Lo si è visto quando nel 1999, ai tempi delle prime primarie, gli apparati Pds sponsorizzarono Silvia Bartolini che vinse nel partito ma perse nell’urna; e nel 2008 quando la storia si è ripetuta con Delbono. Ma Mister preferenze, è paziente e non molla mai. «Un’intervista? Certo, vengo io da voi». Cortesia è strategia: l’Unità è in una casa del popolo, Cevenini arriva e lo bloccano nel bar, autografa e distribuisce cartoline del “Cev c’è”, riceve pacche sulle spalle e raccomandazioni. Soprattutto una, perentoria: «La prossima volta il sindaco lo fai te!». Lui si schermisce e a l’Unità risponde cauto e un po’ paludato: «Sarò nel percorso per la scelta del candidato sindaco, ora non avanzo una mia candidatura, mi confronterò col Pd». Si voterà tra un anno e la tattica sconsiglia di avventurarsi in corse lunghe. In ogni caso, «il Cev c’è».
Cevenini, 19.106 preferenze che hanno contribuito a salvare il Pd e le carriere ad esso collegate. Lo sa? «Mah, è un’affermazione che avrebbe bisogno di qualche riscontro in più. Non so quante preferenze sono state solo per l’uomo e non per il partito. Comunque l’Udc ha preso 18.600 voti nelle zone di Casini, io 500 preferenze in più».
Vuol dire che il Pd dovrebbe smetterla di guardare al centro? «No, dovrebbe correre per diventare maggioranza nel paese. Tutti i voti sono buoni».
Chi sono «quelli del Cev»?«Mi dicono che prendo voti perché vado sempre allo stadio, perché da 15 anni celebro 30-40-50 matrimoni al mese. Ma chi impedisce ad altri di fare lo stesso? Io allo stadio arrivo 90 minuti prima della partita e discuto di tutto: del traffico, del nido, della scuola. Ascolto. La gente mi usa perché vuole parlarmi».
Cito Nadia Urbinati: è la presenza sul territorio che manca. «Sono d’accordo ma è un’affermazione parziale. Bisogna essere sul territorio e scaldare i cuori. Se vai tra la gente con un approccio scientifico ed esponi uno schema rigido, vieni percepito come uno che non sa cos’altro dire. La politica deve essere narrazione, passione, coinvolgimento. Io impiego anche il teatro. Il mio amarcord sul Bologna dello scudetto ha fatto sempre il tutto esaurito. Mi accusano di essere un presenzialista: e cos’è, una colpa? È vero il Cev c’è par tot, per tutti».
Lei ha perso le primarie due volte. Il Pd non la vuole?«Primarie pilotate e con un risultato scontato sono inutili, meglio mandarle in soffitta. Ogni corrente si pesa e si fossilizza, la quantità non si trasforma in qualità. Io, che non ho mai voluto la nascita dei “ceveniniani”, chiedo una moratoria delle componenti. E ricordiamoci che dal ‘96 ad oggi abbiamo perso i due bonus della novità ulivista che ci aveva regalato Prodi».
A Bologna e in regione il Pd ha avuto uno smottamento verso Grillo...«A Grillo invidio i giovani. E di Grillo dobbiamo essere capaci di raccogliere la sfida. Dalla finestra della vostra redazione si vede una fabbrica, la Sintexcal, azienda inquinante di categoria A. Doveva essere trasferita a Sala Bolognese in un sito perfetto, impianti a norma. Poi il sindaco di quel Comune non ha saputo gestire le proteste dei suoi cittadini e l’operazione è saltata. Grillo nei suoi spettacoli parla della Sintexcal da tre anni. E in questa zona è andato oltre il 10% dei voti».
È un problema di classe dirigente che esprime il Pd nei territori?«Bè, il Pd è stato percepito come incapace di risolvere un problema specifico. Stavolta Weber lo cito io: se vivi di politica devi essere dentro la realtà delle cose. Ma cito anche Elio Bragaglia, mitico assessore con Imbeni: devi ascoltare sempre chi ti pone un problema e cercare le soluzioni che servono alla collettività».
Ma come è, nei fatti, questo Pd? Né carne né pesce? «E' affaticato, con una classe dirigente che si fa spingere troppo spesso sulla difensiva. Una volta eravamo noi il partito di lotta e di governo, oggi è la Lega. Loro, forza del nord, puntellano Catania. Noi a Bologna facciamo dimettere Delbono. Qualcosa non va».
Cosa farà adesso, in Regione? «Non starò col fiato sul collo ad Errani. Ci parlerò. E poi vorrei essere un punto di riferimento per Bologna dove con il commissario non ci sono più istituzioni elettive».
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