martedì 3 novembre 2009

La notte dei gatti grigi


Riceviamo con piacere la segnalazione che segue da Alberto Rossini.

Mi sembra interessante anche perché indica quale sia la prospettiva in cui si muove Berlusconi, con il quale perciò non mi pare utile, e certamente non saggio, cercare alleanze. Proprio perché la sua linea è la continua deriva del senso dello Stato e come dice l’articolo di ogni principio di autorità. L’unico valore è la forza che proviene dal denaro e da ogni altro strumento utilizzato come mezzo di conquista e di conservazione del potere.
Alberto Rossini

da La Stampa 1/11/2009 - di GIACOMO GALEAZZI
Nella vita pubblica italiana in trent'anni «si è abbassata la soglia etica» al punto che «il presidente della Repubblica, Leone si dimise per un sospetto, mentre adesso il premier Berlusconi non considera sufficiente neppure una sentenza di condanna».
"Ormai siamo alla percezione soggettiva del reato, cioè alla notte in cui tutti i gatti sono grigi», osserva il sociologo Giuseppe De Rita, cattolico «doc» e presidente del Censis.


Nella vita pubblica italiana in trent’anni «si è abbassata la soglia etica» al punto che «il presidente della Repubblica, Leone si dimise per un sospetto, mentre adesso il premier Berlusconi non considera sufficiente neppure una sentenza di condanna». Quindi, «ormai siamo alla percezione soggettiva del reato, cioè alla notte in cui tutti i gatti sono grigi», osserva il sociologo Giuseppe De Rita, cattolico «doc» e presidente del Censis. «Quando la Chiesa ha segnalato il peccato è scoppiato il finimondo e si è dovuto dimettere il direttore di Avvenire, Boffo. Ora si è passati ad uno stadio ulteriore e anche un giudizio di colpevolezza viene presentato come il pretesto di toghe faziose per colpire un nemico politico».Professore, cosa la scandalizza?«Qui non è questione di fondamentalismo cattolico, ma di fondamenti di civiltà, di modello sociale di fondo. L'esempio che da tutto questo deriva al cittadino è l'antagonismo, la cultura del muro contro muro. Dalla sfera pubblica dilaga una logica suicida che annulla ogni forma di concilizione e produce come estrema conseguenza un duello continuo, esasperante. Da quindici anni non assistiamo ad altro: Berlusconi contro Occhetto, Prodi, Rutelli, Veltroni, i pm di Milano. E l'antagonismo politico si trasforma in duello nella vita di tutti i giorni, rimbalza come modello dominante nella società con esiti disastrosi».Perché?«L’antagonismo non è costruzione, persegue la morte dell’altro, dell’alter-ego e quindi anche dell’ego. Dalla politica arrivano ai cittadini esempi distruttivi, trasversali, costruiti sulle impunità ostentate, sugli scandali, sulle spiate. Uno scivolamento nel delirio della libertà assoluta dell’individuo, libero da tutto anche dalle leggi perché tanto i peccati e i reati sono opinabili, non valgono se non li si sente come tali. Così la riforma della giustizia si tramuta nel campo dell’antagonismo per eccellenza. E degenera irreparabilmente in duello. Non si sa chi abbia iniziato, se Berlusconi, i pm di Milano o gli ex Dc. Si sa solo che è avvenuto e che non si riesce a tornare indietro. L'origine sta nell’affermarsi del principio di essere se stessi. Se si ha la libertà di essere se stessi nella famiglia con l'aborto, il divorzio, l'eutanasia alla fine l'essere se stessi diventa una valore per tutto. Berlusconi ne è l'esempio. Ha lanciato il messaggio:"Fate come me, diventate tutti piccoli imprenditori", cioè siate liberi di essere voi stessi. Liberi da tutto, dunque anche dal processo, dal giudizio, dall’esito, dalla condanna. Ormai nella cultura collettiva nessuno è più capace di certificare, di testare un comportamento e una condotta con autorità ed autorevolezza. Non si chiama più il peccato o il reato con i loro nomi. Il caso Boffo è sintomatico».Cioè?«La Chiesa poteva anche dire che una certa condotta rappresentava un reato e invece ha detto che è peccato. E' scoppiato il putiferio ed è saltato Boffo. Nell’evoluzione culturale il reato è venuto dopo il peccato. Nel momento in cui cade il peccato come base legittimante del reato, automaticamente non c'è più una condotta censurabile. Nulla ha più importanza. Berlusconi che annuncia di non dimettersi di fronte ad una condanna è come i miei figli che non si confessano prima di fare la comunione perché "se una cosa non la si sente come un peccato, non lo è". Insomma un’amoralità pre-statuale. Come l’adulterio che è peccato ma non più reato. Dal caso Leone ad oggi è cambiato radicalmente il modo di pensare. Leone non è stato mai rivalutato eppure aveva la capacità, da vecchio giurista napoletano, di riconoscere che doveva andarsene perché era sospettato. Adesso, invece, altro che il sospetto, non bastano neppure un’azione giudiziaria e una condanna. E' una sconfitta istituzionale se un reato non è reato perché il premier non lo percepisce come tale. C'è stato un abbassamento della soglia del peccato, del comportamento moralmente riprovevole, del reato. E persino una sentenza è vissuta come l'imboscata di magistrati avversi al capo del governo. Ma senza il peccato come condizione morale di riprovevolezza, non si può avere un giudizio sentito come eticamente legittimato».

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