venerdì 5 febbraio 2010

Gli stivaletti di coccodrillo (e altri radicalismi)

20 Gennaio 2010 di mattiacarzaniga

«Non è che si fa sempre quel che si vuole, si fa quel che si può.»
«Guarda che i giornalisti sono distratti.»
«I cattolici sono più intelligenti di chi chiede il loro voto.»
[sul Pd] «Ho appreso che esiste un vaso, pieno di malpancismi, e che sono una goccia. Ma lo dicono per farsi intervistare quattro volte al giorno.»
«Il fuoco amico è una malattia italiana.»
«Forse avrò una sede, ma non un loft, sono già transnazionale di mio.»
«Ognuno con i soldi si paga quel che gli piace.»
«La demagogia del nuovismo è vecchia.»
«Tutti sono stati radicali da giovani. Poi scambiano l’urgenza con la fretta.»
[sulla guerra in Iraq] «La democrazia non è un prodotto da import-export. Se lo fosse, la dovremmo far venire in Italia.»

(dall’intervista di Gabriele Romagnoli a Emma Bonino, Vanity Fair, 20 gennaio 2010)

Non sono di quelli che «sono stati radicali da giovani». Penso anzi che, se c’è un esempio da porre sotto la locuzione “sputare nel piatto in cui si mangia”, quello sarebbero i radicali a Montecitorio (almeno insieme a Morgan a XFactor). Molto dipende dalle domande di Romagnoli (sugli ex compagni di partito: «Come mai allevate organismi geneticamente modificabili?»). Non avrà il loft, Emma, ma ha due ghostwriter come Age e Scarpelli.

E comunque più lucido di lei c’è solo Tom Ford, qualche pagina prima:
«Democrazia non è che tutti abbiano i miei stivaletti di coccodrillo, democrazia è che abbiano la possibilità di trovare un lavoro, fare carriera, guadagnare soldi e, se è quello che vogliono, potersi comprare i miei stivaletti di coccodrillo.»

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