Anche il "Secolo d'Italia" (organo ufficiale della fu Allenaza Nazionale) si dimostra piu' libertario (che parolone...) della dalemiana "Left Wing": la legge sulle intercettazioni telefoniche, implicitamente difesa dal sito vicino a ReD ("Rifomisti e Democratici", la corrente dalemiana con tanto di tessere all'interno del PD), viene invece attaccata di nuovo dai "finiani", tra cui appunto il direttore del Secolo.
Attenzione: non si tratta di un peana a Fini, anzi, a tal proposito, citiamo Civati (che e' un po' che non lo citiamo...): "E ora tutti a fare i complimenti a Fini, che avrebbe potuto semplicemente opporsi (con tutti i suoi) a un provvedimento che non va bene e basta. Del resto, sono solo sedici anni che vota tutto quello che Berlusconi propone. Come già nel caso di Casini, suo predecessore nell'arte del distinguo anodino (lui è durato solo quattordici anni), c'è dell'eroismo, in tutto questo".
“Un atto a tutela della casta”.
Il direttore del Secolo non abbassa la guardia sulla legge sulle intercettazioni e restituisce le accuse ai suoi compagni di maggioranza.
«Da noi la destra deve forzatamente somigliare alla caricatura che ne fa certa satira: Rolex, Suv e "forza furbi"»
Da Il Post del 4 giugno 2010
Il direttore del Secolo non abbassa la guardia sulla legge sulle intercettazioni e restituisce le accuse ai suoi compagni di maggioranza.
«Da noi la destra deve forzatamente somigliare alla caricatura che ne fa certa satira: Rolex, Suv e "forza furbi"»
Da Il Post del 4 giugno 2010
Se per Repubblica “Fini canta vittoria” rispetto alle nuove correzioni imposte ieri al disegno di legge sulle intercettazioni, in realtà nella corrente di dissidenti guidata dal Presidente della Camera non sembra per niente esserci soddisfazione e intenzione di scendere ancora a patti. Lo racconta l’editoriale di Flavia Perina, direttore del Secolo e parlamentare, sul suo quotidiano stamattina: che usa toni intransigenti e severissimi sul rischio di delusione per gli elettori di destra.
Il nostro mondo ("nostro" degli ex Alleanza Nazionale n.d.r.), i nostri simpatizzanti, hanno inghiottito il rospo di Scajola e di Bertolaso perché convinti delle rassicurazioni del premier sui “casi isolati” che sarebbero stati severamente sanzionati, ma non ci perdonerebbero una legge che suonasse come l’ennesimo atto a tutela della casta. Non è questione di finiani o non finiani. È questione dell’idea di legalità che il Pdl intende difendere e affermare, ed è bizzarro vedere che i più drastici nell’escludere ogni approfondimento e modifica sono stati alcuni leader della ex-An come Maurizio Gasparri e Altero Matteoli che in tante circostanze sono emersi come custodi rigidissimi della destra “legge e ordine”.
Perina attacca chi accusa il suo gruppo di essere vicino alle posizioni della sinistra, spiegando come siano gli ex di An più integrati nel PdL a essere secondo lei lontani dalle naturali posizioni della destra su questi temi. E rimanda al mittente le accuse.
Da noi la destra deve forzatamente somigliare alla caricatura che ne fa certa satira: Rolex, Suv e “forza furbi”. Da noi la destra deve parlar male di Roberto Saviano (salvo pentirsene), di Elio Germano (salvo chiedere scusa), delle donne di una certa età (salvo farsi perdonare con mazzi di rose), di Obama, dei preti antimafia oltreché dei giudici, dei giornalisti e delle loro associazioni e di una parte non irrilevante della magistratura. Da noi la destra deve, in materia di scandali, strizzare l’occhio al vecchio modello del “porto delle nebbie”: meno notizie possibile, meno clamore possibile. È una visione rozza e che non corrisponde alla realtà, nemmeno alla realtà del berlusconismo di stretta osservanza.
La posizione di una destra moderna, ma che corrisponda anche ai suoi principi è quindi secondo il direttore del Secolo fortemente critica nei confronti di diverse parti della legge sulle intercettazioni, pur pensando che qualcosa vada regolato.
Fare una buona legge sulle intercettazioni, che impedisca gli abusi, che stronchi l’escalation del dossieraggio sui giornali (e, immaginiamo, in privati ricatti) e che salvi ciò che è importante per la giustizia e per il diritto all’informazione, è una questione di interesse nazionale a tutto tondo e sarebbe pazzesco vedere questo tema trasformato in un volar di stracci tra maggioranza “ghediniana” e minoranza “finiana”.
La conclusione è che, appunto, con ieri si sia solo cominciato a capirsi.
La via del confronto serio imboccata ieri è quella giusta e speriamo porti a soluzioni “di destra” che, comunque si aggettivi questa categoria – reale, immaginaria, europea o mondiale – hanno solitamente come perno la legalità e il senso dello Stato
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