venerdì 11 giugno 2010

Il futuro è nel recupero edilizio


Cogliamo la segnalazione di Alberto Rossini

Data di pubblicazione: 07.06.2010 di Mario Lancisi

Intervista all’assessore all’Urbanistica della Toscana che ha promesso ai Comitati una revisione del PIT. Su Il Tirreno, 6 giugno 2010 (m.p.g.)

L’errore più grande? «Aver dato autonomia ai comuni senza accompagnarla con adeguato sostegno. Non bisogna tornare al centralismo regionale ma creare ai poteri dei comuni i corrispettivi contropoteri», risponde il neo assessore all’urbanistica Anna Marson dalla sua casa a Mercatale, un borgo vicino a Firenze, che negli ultimi mesi è entrato nell’occhio del ciclone per alcuni presunti scandali edilizi. Da qui, dal suo buen retiro toscano, Anna Marson, veneta, docente di urbanistica a Venezia, dove è stata assessore alla Provincia, ha inviato ieri una lettera di apertura alla Rete dei comitati per la difesa del territorio. L’assessore Marson ha promesso la revisione del Pit, il piano integrato del territorio, del suo predecessore Riccardo Conti. Sull’urbanistica si volta pagina.


Torniamo all’autonomia dei sindaci. Cosa intende per contropoteri? «Dobbiamo sottoporre gli esiti delle pratiche di autonomia a una effettiva valutazione pubblica e se questi sono insoddisfacenti devono poter scattare dei poteri sostitutivi».


Proprio in questi giorni i sindaci dell’Elba si sono scagliati contro il presidente del parco Mario Tozzi che li ha accusati di voler cementificare. E’ d’accordo con il grido di Tozzi? «Nel mio ruolo di assessore non sta a me gridare, ma migliorare le pratiche. Posso solo far mia l’osservazione di un famoso economista politico secondo cui è vero che tutti vorrebbero avere la casa nel bosco. Ma se tutti costruiscono una casa nel bosco, il bosco inevitabilmente sparisce. E’ chiaro che sull’Elba, sulla costa tirrenica e sulle zone più pregiate della Toscana dovremo fare una riflessione per affermare che c’è un limite allo sviluppo urbanistico e che se non lo si rispetta la bellezza del territorio è gravemente a rischio».


Che fare? «Credo che si imponga, anche per la crisi economica del Paese, una politica di recupero degli edifici esistenti. La costruzione di nuove case in aree agricole comporta opere di urbanizzazione, che i comuni, anche per la crisi economica, non sono in grado di fare».


Troppo cemento? «Io penso che di cemento non ce ne sia troppo in assoluto ma è male distribuito. Se ragioniamo sullo sfilacciamento di molti tessuti urbanizzati ritengo che ci sia spazio ancora per costruire nuovi volumi. Altra cosa è secondo me andare ad aggredire nuovo territorio».


Troppe seconde case? «Dovremo riqualificare i centri esistenti e portarci i turisti. Anche all’Elba la domanda delle seconde case è più forte lungo la costa e meno all’interno dell’isola. La costa toscana è abbastanza differenziata. La Versilia sembra un pezzetto di Padania per il modello insediativo nel senso che c’è una dispersione insediativa molto elevata, quella che Pier Luigi Cervellati chiama Villettopoli. A sud di Pisa ci sono ancora porzioni di territorio rurale che è importante salvaguardare, portando i turisti nei centri all’interno».


San Vincenzo e Val di Cornia: ha letto la polemica sulle troppe case? «Sono intervenuta solo per notare che in quelle zone, come anche in altre in Toscana, è stato esaurito il dimensionamento previsto dal piano strutturale. Ci sono comuni che con il primo regolamento urbanistico hanno bruciato le previsioni del piano strutturale. Il mercato rispetto a questo eccesso di offerta non è che l’assorbe tutta. Realizzare le previsioni un po’ qui e un po’ là è un disastro economico nel medio lungo termine per i comuni, che deve fornire i servizi».


Stop all’attività edilizia? «Occorre indirizzare l’attività edilizia a intervenire sul tessuto già urbanizzato. Puntare soprattutto al recupero edilizio. Sia attraverso una maggiore chiarezza normativa che con procedure più snelle per promuovere il recupero e la ristrutturazione. Ci sono quartieri da rottamare. C’è un problema rilevante di edifici energivori da riqualificare o sostituire. Di centri storici da restituire allo splendore di un tempo. Occorre una maggiore qualità urbana. Ma, dentro questo obiettivo, c’è spazio anche per nuovi volumi».


Dalle case alla Tirrenica: superstrada o autostrada? «Non c’è dubbio che l’autostrada, rispetto alla superstrada, soprattutto nel tratto da Grosseto a Civitavecchia, ha un impatto molto pesante sul paesaggio rurale e storico e introduce un elemento di frattura forte tra area costiera e centri retrostanti. Oltre a questo mi sembra che ci siano problemi per il project financing nel senso che scarica costi consistenti sulla collettività sia per i pedaggi che per il finanziamento chiesto alle istituzioni pubbliche».


Si potrà rivedere il progetto autostradale? «Questa non è mia competenza. C’è una cosa che mi sta a cuore: le trasformazioni dell’uso dei suoli contermini all’opera prevista. Il problema è quello delle attese di valorizzazione dei terreni vicino all’autostrada, ai suoi svincoli e alle opere complementari».


In quelle zone i terreni non dovranno passare da agricoli a edificativi? «Se qualche trasformazione è utile e necessaria andrebbe pianificata. Però nell’interesse collettivo e non di pochi soggetti...».

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