lunedì 14 giugno 2010

Donini all'assalto dell'ancien-regime


Pd bolognese, Donini insiste per le primarie, Bonaccini freddo, Bersani: decidete voi.
Si chiude il congresso dei Democratici. Il neosegretario: il candidato sarà indicato dalle primarie

da repubblica del 13 giugno SILVIA BIGNAMI


Il passaggio più forte del suo discorso di consacrazione è quello sulle primarie. L´unico su cui si sofferma l´applauso convinto dei 500 delegati Pd. «Le primarie si devono fare» detta Raffaele Donini. Su questo si gioca la prima scommessa della sua segreteria. Una sfida alla prudenza dei vertici, nazionale e regionale, entrambi in prima fila. Ed entrambi molto più cauti sul tema. Con Pier Luigi Bersani che definisce le primarie «una delle scelte praticabili, a patto che il partito non diventi solo un "notaio"». E il leader regionale Stefano Bonaccini che sta un passo ancor più indietro: «Le primarie si possono anche non fare, se tutti i partiti sono d´accordo».

Il balletto va in scena nella grande sala del Cnr zeppa dei delegati eletti al congresso in un agitarsi di ventagli, con tanta voglia di lasciarsi alle spalle in Cinzia-gate e tornare uniti, almeno in pubblico. Bersani, ospite d´onore, arriva puntuale e smentisce un suo impegno diretto nel toto-sindaco a favore di Lorenzo Sassoli de´ Bianchi, presidente di Mambo, il cui nome circola da mesi. «Falso, io non penso nulla. Esiste un partito, un gruppo dirigente che si prenderà le sue responsabilità. Esiste uno statuto che dice cose abbastanza chiare. Quelli che sono qui decideranno. Se poi avranno bisogno di un mio consiglio glielo darò».

Donini prende la palla al volo e sale sul palco dell´assemblea davanti allo stato maggiore del partito, da Vasco Errani, all´ex sindaco Renato Zangheri, a Beatrice Draghetti, all´eurodeputato Salvatore Caronna. «Stanotte mentre scrivevo il mio discorso mi sono addormentato, quindi meglio parlare a braccio» esordisce. Il segretario cerca di conservare l´approccio "franco" della campagna elettorale, anche se prevale la cautela nel giorno della sua consacrazione. Severo quando si parla del sindaco: «Di nomi si parlerà dopo». Convincente sul suo impegno a tempo pieno: «Nei miei tre anni in segreteria non mi candiderò a nulla». Più convinto di altri nel Pd sul taglio dei costi in Regione: «Andate avanti anche su indennità e vitalizi». Onesto sul commissariamento: «Dobbiamo farne tesoro». Deciso sulle primarie: «E´ così che sarà eletto il nostro candidato, dando la parola ai bolognesi».Applaudono i delegati, seduti anche sui gradini. E applaudono ancora di più quando lo sfidante Piergiorgio Licciardello depone le armi: «Donini è segretario di tutti». Persino la fronda si sfronda, nessun intervento graffia. Ridotta all´osso lautocritica, come nota pure l´ospite Udc Maria Cristina Marri, che se ne va dopo aver ascoltato Donini. L´assenza dell´invitato Idv fa meno notizia di quella di Maurizio Cevenini. Il Pd preferisce l´orgoglio, e Bersani sprona i dirigenti ad archiviare il Cinzia-gate e Flavio Delbono: «Toglietevi di dosso le ammaccature. Ora basta. Abbiate fiducia. Affrontate la Lega». C´è tempo persino per una risata, quando Donini e Licciardello regalano a De Maria un casco giallo da cantiere per il nuovo incarico a Roma: «Dovrà lavorare un bel po´». Sono le due quando Bersani riparte e scatta il rompete le righe. Molti se ne vanno, tutti mediamente soddisfatti. Un po´ più uniti nel dimenticare Delbono. Un po´ meno su come scegliersi un nuovo candidato.

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