lunedì 21 giugno 2010

Da Pomigliano D'Arco a Evansville




Usa, chiude l'ultima fabbricala città di Evansville resta senza lavoro.
Dopo 50 anni la compagnia Whirlpool ha deciso di chiudere lo stabilimento e trasferirlo in Messico dove il costo del lavoro è più basso. Era l'ultimo polo industriale. Gli abitanti: "Come faremo a sopravvivere?"
WASHINGTON - Chiude una fabbrica. E non solo. Chiude una città intera che da quella fabbrica traeva, da anni, sostegno e lavoro. Dopo 50 anni la compagnia Usa Whirlpool ha deciso di chiudere lo stabilimento di Evansville, aperto nel 1956 nell'Indiana, per trasferirlo in Messico. Costruire frigoriferi oltre il confine Usa è più conveniente, spiegano i dirigenti della Whirlpool dicendo che la fabbrica era diventata "assolutamente non competitiva dal punto di vista dei costi". Perché, ribattono, pagare 18 dollari l'ora ai dipendenti americani quando in Messico il costo per lo stesso lavoro è di 4 dollari l'ora? La decisione è un colpo fatale per gli abitanti che vedono sfumare l'ultima fabbrica rimasta in città e gli oltre mille posti di lavoro - senza contare l'indotto. In pratica la fine del sogno americano per gran parte delle famiglie di Evansville. "Eravamo la capitale mondiale dei frigoriferi", ricorda Randall Reynolds, uno dei lavoratori licenziati. La storia della sua famiglia è strattamente legata a quella della fabbrica. Ci lavoravano il bisnonno, il nonno, il padre. Poi è toccato a lui. E la catena si è interrotta. Prima della Whirlpool la strada della chiusura e dello spostamento della produzione era stata presa anche dalle altre fabbriche cittadine. "I miei genitori raccontano che quando erano giovani c'era lavoro dappertutto - dice Natalie Ford, un marito e un figlio in fabbrica - oltre alla Whirlpool c'erano la Bristol-Myers, la Mead Johnson, la Zenith. Adesso, se qualcuno cerca un lavoro qui in zona, trova il deserto". Le famiglie di Evansville si sentono tradite. "E' una vergogna che Whirlpool abbia deciso di trasferire in Messico i suoi posti di lavoro mentre qui stiamo lottando per la sopravvivenza", afferma Connie Brasel, che da 17 anni lavorava nella fabbrica. Così c'è chi attacca le amministrazioni Usa - da Bill Clinton a Barack Obama passando per George W. Bush - per l'accordo NAFTA che elimina i dazi commerciali per i paesi confinanti come il Messico e il Canada. Ma accanto alla rabbia si fa strada la paura per il futuro. "Come faremo a sopravvivere?" si chiedono tutti, guardando le porte dello stabilimento sbarrate per sempre.
Da Repubblica del 20 giugno 2010

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