giovedì 24 giugno 2010

Ancora su Pomigliano D'Arco


di Alberto Rossini

La vicenda di Pomigliano è di particolare rilievo. Ci sono contemporaneamente molte cose: la questione dei diritti dei lavoratori; il tema dell’innovazione; il lavoro al sud; il rapporto tra cittadini dei paesi economicamente più ricchi con i loro colleghi più poveri.
Sta avvenendo che la globalizzazione passa dalle merci alle persone. Finora sapevamo che la globalizzazione aveva unificato i mercati. Per cui una merce prodotta in Corea o in Polonia a prezzi più bassi non aveva ostacoli ad essere venduta in mercato di un paese europeo. Il prezzo più basso poteva avere ragioni diverse: costi di trasporto differenti; mano d’opera a buon prezzo; differenti leggi sulla sicurezza; minor incidenza della burocrazia, ecc..L’azienda produttrice, di solito una multinazionale, si faceva forza di un mercato globale in cui il vantaggio di produrre in un Paese si concretizzava nel commercializzarlo in un altro.
Il sistema di produzione capitalista ha sempre avuto la necessità di non avere confini e limiti. I processi di unificazione degli Stati sono avvenuti già nel XIX secolo proprio per questo motivo.
Quella che oggi chiamiamo globalizzazione è il portare alle estreme conseguenze questo processo.
Il fatto nuovo è che dalle merci la globalizzazione si è estesa, inevitabilmente, alle persone, o meglio ancora ai lavoratori. Del resto i lavoratori sono, come sappiamo, una merce, seppure del tutto particolare. Tant’è che anche ai lavoratori si applica la legge della domanda e dell’offerta.
A Pomigliano la Fiat, attraverso Marchionne, un manager globale, pone una questione logica economicamente. Ovvero se dobbiamo produrre le auto in Italia (un prodotto in cui non c’è un alto valore di innovazione tecnologica) occorre che le condizioni di produzione siano le stesse di altri Paesi, quali ad esempio Polonia, Brasile o Est Asiatico. Altrimenti quelle auto sono fuori mercato. La globalizzazione sta dalla parte del capitale.
Ma perché ? C’è una risposta complessa a questa domanda che riguarda il che cos’è la tecnica, non uno strumento, ma l’essenza stessa della ragione dell’Occidente. Ma è un’altra storia.
Ciò che risulta chiaro è che per non soccombere la sinistra avrebbe dovuto percorrere fino in fondo la strada dell’internazionalizzazione che aveva intrapreso all’origine. Invece l’ha abbandonata, ha avuto paura della globalizzazione, si è ritirata in difesa. Ha giocato nello spazio dello Stato e della Nazione, dei diritti acquisiti. Non ha rilanciato sui diritti internazionali, sulla solidarietà internazionale, sull’estensione dei diritti. E’ un problema dell’Europa e di tutta la sinistra non aver riconosciuto i movimenti che su questo puntavano.
In Italia ci siamo arroccati sulla difesa dell’esistente: la Costituzione intoccabile, l’inno, la bandiera, i diritti acquisiti, la sicurezza, le conquiste sindacali. Nessuna idea di un mondo che si apre, nessuna idea di partito radicalmente diverso, necessario visto che il partito aveva senso quando riproduceva la forma Stato, ma ora che questa è al tramonto è chiaro che occorreva una svolta.
Insomma lo dico in maniera chiara, provocatoria, il Capitale è riuscito ad essere più rivoluzionario, più capace di innovare, ha agito pensando globalmente.
E’ questo che mi è venuto in mente sentendo Marchionne. Mi è tornato alla memoria il pamphlet di Felix Guattari, Il Capitale mondiale integrato, del 1982. La sinistra storica ha liquidato il pensiero “anomalo” come sciocchezze, mentre i manager globali sembrano averlo fatto proprio.
Avremmo dovuto capire che il capitale “ si è sempre costituito a partire dai movimenti di deterritorializzazione di tutti gli ambiti dell’economia, delle scienze e tecniche, dei costumi, ecc.”
I manager del capitale globale l’hanno compreso. Noi abbiamo preferito guardare nel nostro giardino, controllando lo spazio del potere politico del giorno per giorno, pensando che avremmo potuto tenere fuori il resto del mondo, ma non è stato e non sarà così. Alla destra tutto sommato è bastato assecondare la tendenza, o accelerare i fattori scatenanti.
A Pomigliano hanno capito un po’ meglio qual è la tendenza fondamentale del nostro tempo….
La sfida è ancora aperta, ma il minimalismo non serve a molto.

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