Un interessante articolo (con commenti altrettanto interessanti) sul rapporto tra tecnocrazia e politica, si può trovare sul sito de "l
avoce.info" con il titolo Tequila Tecnocracy. In sostanza pare che in Messico si stia affermando e venga chiamata a ricoprire importanti incarichi di overno, una classe di tecnocrati formatasi negli Stati Uniti che sta,inoltre, varando un vero programma riformista. il paragone con l'Italia è scontato. Particolarmente interessanti sono la chiusura con annessa morale dell'articolo e, come si diceva, gli stessi commenti. Riporto qui la chiusura, ma vi consiglio davvero di sfogliare i commenti il cui tenore è riassumibile con " la popolazione messicana non sembra guadagnarci nulla" e "anche il deficit del Messico fu causato da tecnocrati di scuola americana. Ciò non toglie che le righe seguenti abbiano un forte tasso di verità
"Il paragone con l’Italia è deprimente. Da decenni ormai parliamo di “riforme strutturali” volte a tenere sotto controllo il debito pubblico e a riavviare la crescita, ma non le abbiamo mai realizzate.
In parte ciò dipende da una classe politica di modesta levatura (con lodevoli eccezioni, certo) e perciò poco sensibile alle nozioni dell’efficienza e del bene pubblico. Si assiste inoltre a una progressiva polarizzazione ideologica che conduce a leggere tutto attraverso lenti faziose, di un colore o di un altro, e a premiare la lealtà sopra la competenza.
In Messico, per contro, l’etica meritocratico conta più della lealtà di partito. L’attuale ministro delle Finanze, per esempio, è stato scelto nonostante non avesse legami precedenti con il Pan, il partito di governo. Evidentemente, agli occhi del presidente Calderon, il curriculum del ministro, che ha un PhD della University of Chicago ed è poi diventato Deputy Managing Director del Fmi, compensa la mancanza di credenziali partitiche. E si potrebbero fare molti altri esempi. Se il Messico ha la sua “tequila techocracy”, è ipotizzabile per l’Italia una “spaghetti technocracy”? Non ci faremmo grande affidamento. I Miguel, cioè i talenti,
non sembrano mancare sia fuori che dentro l’Italia, almeno a giudicare dalle posizioni che ricoprono in ranking internazionali. Ciò che manca sono i Felipe, i politici interessati a cooptare i Miguel."
Un esempio virtuoso? Senza neanche andare troppo lontano,
a Forli'.
Fosse mai che anche a Rimini riuscisse a emergere un Felipe. L'occasione è alle porte.
Liberamente ispirato a un articolo di Dorino Piras
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