di Alberto RossiniAvremmo dovuto sapere che imboccando la strada della dissoluzione dei partiti, dell’uomo solo al comando, della televisione quale mezzo privilegiato della comunicazione, saremmo finiti così. A guardare dal buco della serratura i comportamenti dei capi di turno, ripagati dalla moneta delle vendetti trasversali. E’ così, e sarà sempre peggio. No, non diciamo che queste cose negli altri Stati non accadono. Il Premier inglese ha appena sostituito un Ministro che aveva acquistato con soldi pubblici video pornografici. Il caso Clinton è li a rammentarci cosa vuol dire l’esposizione mediatica. Ma da noi è un direttore di un giornale a lasciarci le penne!
Questa è la specificità e l’anomalia del caso italiano. Il Presidente del Consiglio riceve le escort nella sua residenza, nega la realtà della crisi e le conseguenze giudiziarie del caso Mills, se fosse solo processabile, e neppure pensa di doverne rendere conto. Anzi trova killer armati di penna pronti a difenderlo e a vendicarlo. Proprio Lui che possiede un gruppo televisivo, aziende nel settore dell’editoria, svariati giornali, case di produzione cinematografica e controlla le reti Rai, si lamenta dell’informazione nel nostro Paese.
Perché avviene? Qual è lo scandalo del caso Italia? Mi sono convinto che la questione stia tutta nel rispetto delle regole. Nessuno di noi sopporterebbe che durante Juventus Inter di colpo il campo fosse accorciato o le porte allargate, o modificato il numero dei giocatori, o cambiato il valore dei gol segnati. Il tutto secondo la convenienza immediata del più forte.
Invece, questo accade in politica. Il voto di fiducia non si deve praticare quando si è minoranza ma va sempre adottato quando si è al governo. Lo spoil system è barbarie quando lo praticano gli altri, ma è sacrosanto se lo pratico io e miei amici. Le missioni militari all’estero sono di pace o di guerra e seconda di chi governa e chi sta all’opposizione. Insomma nessuno rispetta le regole. In questo gioco Berlusconi è più bravo di tutti e infatti vince, non sempre, ma quasi.
Il guaio è che la democrazia non è altro che un sistema di regole, scritte o accettate per prassi e consuetudine, condiviso da una comunità. Le regole si possono anche cambiare e ciò fa della democrazia un sistema migliorabile, perfettibile, anche a piccoli passi. Ma anche per cambiare le regole occorre rispettare delle regole. Nel calcio ogni tanto le regole cambiano ma mai quando la partita è in gioco. Chi va in campo deve sapere quali regole vanno rispettate.
Berlusconi ed i suoi uomini devono quindi accettare questa semplice prassi che distingue i Paesi civili da quelli che ancora lo debbono diventare.
Quanto sopra vale nelle piccole come nella grandi cose. A livello di Stato e dei Comuni, del piccolo e del grande: stessi diritti vuol dire che tutti rispettano le stesse regole. Per avere una licenza, per partecipare ad un concorso, per pagare le tasse, per avere un finanziamento o una concessione. Non servono lezioni di morale ma il semplice rispetto delle regole senza eccezioni, ma con severi controlli perché nessuno bari al gioco che stiamo giocando. L’allusione al tema dell’evasione fiscale è voluta.
Al rispetto delle regole non si possono fare eccezioni. Vale anche per i partiti. Vale anche per il PD. Se la regola è la trasparenza, allora che trasparenza sia, in ogni momento e in ogni comportamento della vita del partito. In particolare in questa fase congressuale in cui l’aperto e leale confronto tra le tre mozioni, a Roma come a Rimini, assume un significato particolare proprio quale solida prassi di vita democratica. Del resto mi pare che sia questo ciò che tutti dichiarano di volere.
Se anche in minima parte ci confondiamo con i sistemi di chi vogliamo combattere come faremmo a distinguerci? Come faremmo ad essere credibili?
Secondo me, seguendo i Minima Moralia e correggendo De Gregori, è proprio dai piccoli particolari che si giudica un giocatore. In campo e fuori.
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