mercoledì 15 luglio 2009

LO ZOCCOLO DURO

Si, concordo anch’io con Gilberto.
E’ sbagliato parlare di Bersani come conto-terzista (definizione data in un post di questo blog), di Marino o La Serracchiani come bandiera di un giovanilismo ignorante (ma qui le parole sono di D’Alema).

Ci sono – ci saranno formalmente entro il 23 luglio – proposte diverse e talora contrastanti sul PD e sui valori e le azioni prioritarie su cui dovremo misurarci.

Credo che ogni mozione porterà del suo.
Mi auguro che su questo si possa fare molta strada assieme.

Il dibattito si è sviluppato, in queste prime ore, prevalentemente sulle dinamiche interne del partito, sulla forma e sul grado di apertura che il PD deve o non deve avere. E’ un po’ autoreferenziale ma credo che sia naturale iniziare da qui.

Mi sembra, del resto, che alcuni fenomeni (sia quello della Serracchiani sia quello di Ignazio Marino e i Piombini) che incarnano un modello aperto a partecipativo di concepire il PD, abbiano uno strano appeal sulle persone.

Dico “strano” perché, pur investendo - personalmente e con convinzione - energie e tempo in questo progetto da oltre un anno e mezzo, in questo momento tutto mi verrebbe da dire fuorché “c’è ancora qualcuno davvero interessato al PD”, cioè qualcuno che da fuori (da fuori per forza, i tesserati sono - come sapete - pochissimi) ancora ci sta a guardare.
Invece: le 144.000 preferenze di Debora ne sono un segnale. Le persone che si stanno tesserando – anche nel nostro circolo – per l’appello lanciato dal Lingotto il giugno scorso sono un segnale ulteriore.

Questi segnali indicano uno “zoccolo duro” diverso dal solito: vuole contare. Uno “zoccolo duro” che - fuor di metafora - ci vota e oggi si tessera, ma che col suo voto e con la sua tessera non vuole rappresentare quel blocco compatto e sempre a disposizione, no, piuttosto un calcio, una zoccolata nel di dietro a questo PD per dargli una mossa.

Intravedo la nascita di un tentativo diffuso in diverse parti del nostro elettorato (magari in quello più “attivo” - potenziale o effettivo), nel dire “ci riprovo” a credere nel PD come principale mezzo laico e democratico per contrastare Berlusconi, “ci riprovo” a partire da quelle figure portatrici di modelli innovativi dentro il PD stesso.

E’ un tentativo ancora una volta fiducioso, anche se non so quanto poi potrà essere ricambiata questa fiducia. Ma non provarci almeno nel dibattito congressuale sarebbe – per usare un eufemismo – una sciocchezza.

A San Giuliano abbiamo spesso detto che “volare alto” significava anche promuovere (dove riusciamo con le nostre iniziative o semplicemente i nostri contatti con la gente) un cambiamento di prospettiva innanzitutto culturale nella mente politica diffusa.
Abbiamo individuato che nel partecipare e nel mettersi in gioco direttamente, nel prendere una tessera di partito per contare democraticamente come chiunque altro tesserato nelle scelte del partito stesso (dai temi più spinosi alle alleanze politiche), fosse la via più stabile per combattere la berlusconizzazione (il dirigismo e la mediaticità fine a sé stessa) del fare politico che in questi anni ha contagiato anche il centro-sinistra.

In un vecchio post Gilberto Mangianti giustamente diceva che dobbiamo tornare ad essere riconoscibili. In quel post Gilberto argomentava dell’importanza che, nelle città amministrate dal centro-sinistra, tornasse a essere chiaro - anche per il semplice visitatore - il fatto che quelle città fossero amministrate dal centro-sinistra e non da altri: che ci fosse cioè un’evidenza nel dna della qualità urbana, culturale, della vita di ogni giorno, che potesse dimostrare in maniera lampante – anche al più distratto turista - una chiara impostazione inequivocabile di stampo politico-amministrativo.

Se questo vale per le città e le loro amministrazioni, deve valere anche per la vita e l’organizzazione del Partito Democratico. Deve essere inequivocabile al “visitatore” che ci guarda di che pasta democratica siamo fatti. Di quale e quanta trasparenza e partecipazione siamo in grado di spendere davvero a partire dal nostro interno.

E’ un tema autoreferenziale, ma come si può vedere, in modo sorprendente, torna a interessare molta parte di quella cittadinanza attiva che è stata la base e la nascita del PD. Il PD che su tante questioni non ha mai scelto (o che ha scelto per volere di pochi, perchè non si è voluto affidare, al suo interno, a quei processi democratici e di sintesi di cui si faceva portatore) è stato il nostro più grosso tallone d'Achille.

Rendere il PD più competitivo, più attraente, più deciso perchè capace di scelgliere e di aprirsi ai processi democratici, è un tema imprescindibile: dare una risposta a questo nuovo “zoccolo duro” - e farlo ad ogni livello - sarà fondamentale, perché i tanti che ancora ci guardano alla fine del congresso vorranno sapere chiaramente, anche al nostro interno, di che pasta democratica saremo fatti.

1 commento:

  1. Nostalgia del politburo (traggo e aggiungo da un post di Wittgenstein).
    Fatte le ovvie proporzioni (ho detto: fatte le ovvie proporzioni), la fascinazione di una generazione e la nostalgia di un’altra per una leadership del PD Dalemian-Bersaniana (definizione non mia...) si devono allo stesso meccanismo che ha fatto tornare in auge i partiti comunisti nei Paesi dell’Est nello scorso decennio, quando le cose non sono state il paradiso di cui ci si era illusi, i riferimenti si perdevano e la crisi economica colpiva.
    In tempi pessimi – quali sono questi – vanno forte il si-stava-meglio-quando-si-stava-peggio, il conservatorismo, l’oblìo dell’anacronismo e fallimento di certi metodi e sistemi, e la voglia dell’omino forte e delle regole solide e riconoscibili, persino se si sono contestate quelle regole fino a quando c’erano. Desiderio d’ordine, e capi. Niente di male, dico sul serio: basta non nasconderselo. Con buona pace dello "zoccolo duro".

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