giovedì 2 luglio 2009

Lo stato dell'arte

Da L'Espresso e da Luca Sofri traiamo lo stato dell'arte al 2 luglio del percorso congressuale del PD (e qui e la' ci mettiamo del nostro...).



- Dario Franceschini. Intorno alla sua candidatura si sono spostati due elementi, di poco. Debora Serracchiani ha formalizzato quel che lasciava capire da tempo, ovvero che starà con lui. Questa è una forza, ma si sta mostrando anche – complici i modi dell’annuncio – una grande delusione per moltissimi sostenitori di Serracchiani. Il rischio è che faccia perdere a lei più consensi di quanti ne farà guadagnare a Franceschini. L’altro assestamento va in opposta direzione. Mi pare che i piombini siano sempre meno convinti degli argomenti generici e svogliati di Franceschini in favore di una condivisione di progetto. Al momento si sta allontanando dagli scenari davanti alla loro scelta.

- Pierluigi Bersani. Niente di nuovo e candidato per conto-terzi: fuori dal mirino. Con lui, da Letta alla Bindi.

- Sergio Chiamparino ha dignitosamente detto che continuerà a fare il sindaco, anche se con misteriosa fretta rispetto al tempo che si era dato per decidere. Caso chiuso.

- Debora Serracchiani. Vedi sopra. Credo abbia fatto un grosso errore, glielo abbiamo detto in molti, speriamo per lei e per tutti che ci smentisca.

- Massimo D’Alema. Padrino di Bersani. Non è tra le alternative prese in considerazione, ma è vero che una sua eventuale candidatura darebbe chiarezza a tutto quanto. Vabbè.

- Pippo Civati. Se le primarie per il PD le facesse il sito dell’Espresso, la posizione di terza forza e onorevolmente sarebbe assicurata, e quello sarebbe l’obiettivo e il successo di una sua candidatura. Ma come già detto, la prima fase delle primarie ha dei meccanismi controllati e orientati da logiche complicate e che indeboliscono molto gli outsider. Quindi al momento la sua candidatura sta ricevendo grandi pressioni e insistenze, ma non ancora – ai miei occhi, eh – quelle necessarie a rafforzarla nelle votazioni di circoli e iscritti. Molti circoli territoriali stanno mettendo la loro indipendenza al servizio di una sua campagna, ma la stragrande maggioranza appare tuttora inespugnabile.

- Ignazio Marino. Lo danno per molto tentato di candidarsi. Oggi ha pubblicato sul Foglio una sorta di autobiografia promozionale, simile al discorso che era stato molto apprezzato al Lingotto. I piombini lo stimano molto, ma non vedono esattamente il suo progetto sul partito e le sue chances. Per quanto importante, il solo tema della laicita' forse non e' sufficiente per un congresso.

- Mario Adinolfi. Mi pare un esperto osservatore. La sua candidatura non l’ho capita, però.

- Nessuno di questi. Come si vede, fa sempre dei gran numeri, e anche i piombini lo prendono in considerazione, rispettando gli umori popolari.

2 commenti:

  1. [inserisco il commento in due parti perché tutto assieme non me lo accetta]
    Mi concedo un po’ di fantapolitica ingenua:
    leggendo i dati di questi pseudo-sondaggi (“pseudo” perché non scientifici) mi convinco sempre più del fatto che un inatteso “ritiro” di Franceschini a favore della Serracchiani potrebbe rivelarsi un “coup de theatre” gravido di conseguenze positive. Il fatto è che senza un ribaltamento della prospettiva attuale molti (troppi) nel PD rimarrebbero scontenti. E se c’è una cosa di cui proprio non abbiamo bisogno è l’insoddisfazione generale. Quella già ce l’abbiamo cucita addosso da tempo e dobbiamo liberarcene. Votare Franceschini perché appoggiato da Debora sarebbe un ripiego. Ma votare Debora appoggiata da Franceschini (o con la prospettiva di un Franceschini come vice) potrebbe risultare un modo inedito per salvare sia la capra che i cavoli.
    Alcuni vorrebbero la candidatura di Pippo Civati o quella di Ignazio Marino; sono fra coloro che certo le guarderebbe con grande favore. Ma quanti consensi potrebbero raccogliere su di sé? Avrebbero i numeri per mettere in crisi la dicotomia Franceschini/Bersani?
    Qui la questione delle percentuali non è secondaria. Il rischio di produrre solo vittime sacrificali annunciate è altissimo e, sulla base dei dati a nostra disposizione, l’unico “terzo” candidato che avrebbe i numeri per presentarsi sensatamente è la Serracchiani benché al momento si sia auto-accantonata.

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  2. In uno dei suoi 12 punti sul Lingotto Luca Sofri scrive che, a dispetto di quanto sostenuto da Debora sull’inutilità dei redentori, di un messia avremmo proprio bisogno, benché al momento non ve ne siano in circolazione. Allora mi viene da riesumare quest’idea voltairiana: se l’unto non c’è possiamo sempre costruirlo a tavolino.
    In fondo anche l’inossidabile Barak Obama a me ha sempre dato l’impressione di essere una specie di robot umanoide (“troppo perfetto per essere vero”), un individuo certo con abilità, pensiero ed eleganza propri e sviluppati al massimo grado, ma sostenuto da un apparato di coordinamento e controllo efficacissimo e di inaudita precisione.
    La squadra di Obama non sarebbe niente senza Obama. E Obama senza la sua squadra? Entrambi a ben vedere sono necessari.
    Obama è un talento sapientemente trasformato in messia.
    Noi forse abbiamo il talento (la Serracchiani) e ci manca il messia.
    Il punto chiave da cui partire mi sembra il seguito che Debora Serracchiani ha, almeno a stare ai sondaggi che circolano in rete. Da quel dato difficilmente possiamo prescindere e anche il lucido razionalismo di Debora non può evitare di confrontarsi con l’evidenza dei numeri. Debora rappresenta in questo momento una forza della natura la cui entità e repentinità sono una chiara misura dello scoramento e della voglia di nuovo che aleggiano nel PD. Lei però non ci sta.
    “Ma come?” sono in molti a domandarsi, “Sei arrivata fino a questo punto e sul più bello ti fermi?”
    In questo momento Debora incarna, più di ogni altro, la voglia di cambiamento e, opportunamente supportata, potrebbe rappresentare una fetta enorme di elettori del PD oltre che (aspetto da non trascurare) una parte consistente di coloro che nelle ultime tornate elettorali hanno disertato le urne.
    Com’è possibile che si fermi?
    Debora insiste sul concetto di “squadra” per ridimensionare quello di leader e fa bene... solo che anche le squadre migliori hanno bisogno di un polo d’aggregazione che catalizzi le forze di coesione e smorzi le centrifughe.
    Chi meglio di lei potrebbe impersonare questo ruolo?
    La proposta indecente dunque è questa (so che è fantapolitica ma perché non pensarci?): rinunciare alla “terza via” modificando la “seconda”.
    Concentriamoci su Debora, convinciamola a ripensarci, mettiamole addosso una squadra efficace e contestualmente persuadiamo Franceschini a fare un passo indietro in suo favore e in nome di quel “vero” rinnovamento cui spesso si riferisce.
    Il “vero” rinnovamento non sta solo nella purezza dei concetti e delle idee, ma anche nella concretezza dei linguaggi, nei volti, nello stile (Obama fa scuola), nelle storie individuali.
    I numeri darebbero conforto a questa prospettiva, ne sono certo.
    filippo

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