mercoledì 6 maggio 2009

Non e' un paese per vecchi


L’intervento di Lorella Camporesi sul sito della campagna elettorale di Vitali (http://stefanovitali.info/forums/scuola_universita/modello_riminese_
scuola_buone_pratiche_spesso_ignorate) devo dire che mi fatto davvero riflettere. Attenendomi all’ambito della scuola pubblica le ho risposto sul sito, qui mi faccio prendere la mano e amplio il raggio d’azione.

L’impegno in prima persona dei ceti più deboli nelle loro (nostre!) organizzazioni e le loro (drammatiche) lotte hanno trasformato una plebe in un popolo, hanno prodotto salari decenti, diritti civili, pensioni, sanità pubblica (a proposito, per chi non lo sapesse, un tempo chi era malato e povero, moriva e basta…) parità di diritti tra i sessi e anche una scuola pubblica, gratuita e per tutti.
Tutti terreni, questi, che non sono sempre stati cosi’ come li conosciamo, anzi, e non è affatto detto che tali restino in futuro. Bisognerà fare di tutto affinchè restino tali.
Le nuove generazioni, i giovani, hanno di fronte un sistema che dovranno difendere.

Mi faccio ispirare da una citazione apparentemente poco inerente, ma molto indicativa: cito Gino Castaldo (giornalista musicale che, detto per inciso, non mi piace):
Il nostro è un paese per vecchi? O, meglio, è il nostro un paese per giovani che sono più vecchi dei veri vecchi? A giudicare dal televoto, si direbbe proprio di sì. Si dirà che chi vota per Sanremo, X-Factor o Amici, è già in qualche modo predisposto a premiare modelli poco innovativi. Vero, ma lo strano sentore di un mondo ribaltato dove i giovani sono più conservatori dei meno giovani rimane. La maggioranza silenziosa, maggioranza cellularizzata e votante dei giovani, vuole ovvietà, rassicurazioni, stereotipi. Guai a essere originali, a disturbare la prevedibile quiete del gusto imperante.

Ecco, io aggiungerei qualche altro dettaglio giusto per uscire dal guscio dell’ambito esclusivamente della percezione della realta’ attraverso la televisione, avete mai visto in quanti giocano al “fantacalcio”? E la playstation? Questi sono giocattoli. Da adolescenti.
I quali, capiamoci, vanno benissimo per degli adolescenti, ma poi basta.
E’ quindi splendidamente organica a un potere gerontocratico che non ha nessuna intenzione di farsi da parte e d’altra parte non ha nulla di che preoccuparsi finché i giovani sono, appunto, non giovani, ma adolescenti.

Ho l’impressione che ci sia come uno scarto anagrafico tra quelli che si ritenevano essere i giovani fino a qualche anno fa e quelli che dei giovani ne vanno a riprodurre le gesta oggi.
La caratteristica, come dire, sociale, e’ lo spostamento in avanti di tutto nelle generazioni contemporanee, dallo spostamento in avanti (e ritardato) della maturità e dell’età adulta (andare a vivere da soli, metter su famiglia, ecc…) e quindi anche di certi tratti della curiosità, della creatività e dell’anticonformismo giovanile. Per questo oggi si continua a definire giovani persone che hanno tra i trenta e i quarant’anni: perché quella categoria sociale e culturale dei “giovani” è rappresentata da loro, malgrado l’età (un bel pasaggio sull’essere genitori in senso non solo biologico, ma anche culturale lo trovate qui http://www.carmillaonline.com/archives/2008/10/002804.html).
Infatti è solo ora che questi che iniziano (iniziamo?) a prendere sul serio la vita e i suoi risvolti sociali. E infatti è solo ora che parole come “gerontocrazia” e “ricambio generazionale” hanno iniziato a circolare (Debora Serracchiani ne parla qui http://www.serracchiani.eu/2009/04/20/la-nuova-classe-dirigente/ ).

Anche nel PD e nei suoi circoli.
Hanno iniziato ora perché hanno (abbiamo?) iniziato ora a volere “contare qualcosa”. Ovviamente non sara’ facile, c’è tanto conformismo e tanta capacita’ di difesa da parte di chi il potere lo detiene, ma ho l’impressione che qualcosa finalmente si sia messo in moto.

Le sterili e pavide accuse di “ribellismo” o “immaturita’ “(o peggio) fanno parte di quel ciarpame dialettico di difesa di un modo di vivere la politica come “roba nostra” (i cui effetti a Rimini, in questi giorni, stanno mostrando il peggio di se’).
Ma e’ un gran bel segno che cio’ accada, che “il vecchio” alzi voce. Vuol dire che nel nostro PD la direzione imboccata e’ quella giusta, i giovani (fatta salva la dissertazione etimologica di cui sopra...) esistono e vogliono contare.
E’ bello, soprattutto, poter sottolineare come la stella polare del cambiamento non sia un improduttivo nuovismo a ogni costo, ma una programmaticita’ politica che ha proprio nel voler trovare un nuovo radicamento, nell’uso deliberativo dei circoli, nel vissuto delle persone (e non solo nella mediazione della percezione televisiva) un modello nuovo da proporre a elettori troppo spesso delusi. Sia da modelli politici, ma anche culturali. E qui mi allaccio alla riflessione iniziata con Alberto Rossini e Gilberto Mangianti.
Ci vogliamo dare un obiettivo, non solo diverso, ma soprattutto migliore e coraggioso (faccio il verso a Marc Lazar). Coraggioso perche’ difficile.
Lo dobbiamo fare a partire da “quell’allargamento del campo di gioco” che e’ diventanto un po’ una sorta di parola d’ordine del nostro circolo, cioe’ il coinvolgimento popolare, la ricerca di un consenso in prima persona e la crescita di una nuova generazione politica nata con la nascita del PD.

E forse sarebbe utila capire cosa ha reso inviso questo gruppo dirigente, che ama definirsi “classe” dirigente, ai cittadini (a partire dal livello nazionale).

In prima istanza e’ vero che qualunque ambito della politica paga il prezzo di una crociata di anti-politica che si e’ diffusa con il qualunquismo di fare di tutta l’erba un fascio, la casta come paradigma di autoreferenzialita’ (a proposito, avete notato che della casta non si parla piu’ da quando e’ cambiato il governo?). Ma e’ proprio appiattendosi su quegli stereotipi tanto poco graditi ai cittadini che altro non si fa’ che confermare un’immagine ben poco edificante sul piano morale e decisamente deleteria su quello elettorale (non senza continuare a “volare alto”, guardate Obama cosa sta facendo in questa direzione http://www.mantellini.it/?p=6688#more-6688).

Esempi?
Appunto, personalmente trovo insopportabile che ci si autoproclami “classe” dirigente, ignorando, con ogni probabilita’, come il termine “classe” abbia una forte connotazione elitaria, di privilegio (forse rappresenta esattamente la “loro” ambizione?), a suo modo snob. Invece che preoccuparsi di rappresentare questa societa’, pare facciano a gara per allontanarsene.

E ancora. Politici o amministratori non vivono “pubblicamente“ le proprie iniziative (salvo lodevoli ancorche' isolate eccezioni), non presenziano mai luoghi di discussione (a meno che non siano istituzionali, ben protetti e ovviamente deserti di pubblico). Giusto qualche sera fa, a un incontro con il sindaco qui a Rimini, un militante di vecchia data, faceva notare che, al tempo che fu, anche l’edificazione meno lungimirante veniva inaugurata dal sindaco (quello dell’epoca) in persona e con tanto di banda. E la gente batteva le mani. Questo per sottolineare come il vivere la politica pubblicamente (e non dall’interno di una torre d’avorio) sia un valore aggiunto.

Per non dire poi delle allusioni bieche e, a loro modo grevi, che l’elettore medio ormai non risparmia a qualsiasi soggetto politico che non abbia mai avuto una vita professionale al di fuori della politica (e qui ci auto citiamo http://pdsangiuliano.blogspot.com/2009/04/verba-docent-exempla-trahunt-7.html). Politici e amministartori, hanno un livello culturale di spessore? Hanno un’esperienza che parla per loro? A queste domande si deve poter rispondere a fronte alta.

Ce ne guardiamo bene dal fare di tutta l’erba un fascio, i politici di qualita’ ci sono (gli esempi davvero ci sono, anche a Rimini) e proprio su di loro grava la responsabilita’ di far crescere un gruppo dirigente scevro dalle sciatterie delle correnti e avulsi dalle logiche degli ex.

Siamo qui per questo, per dimostare che questo non e' un paese per vecchi.

P.S. Absit injuria verbis, non ce ne vogliano gli anziani, cui tutti dobbiamo tanto, stiamo solo citando il titolo di un film dei fratelli Coen...

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