mercoledì 20 maggio 2009

Alla ricerca dei padri nobili del PD


Quello che segue e' un articolo che ci e' stato segnalato e che e' apparso gia' qualche tempo fa sull'Unita', a firma di Marta Meo, che pone un interrogativo importante sulla latitanza iconografica del PD.

Sarebbe di per se' un problema relativo se fosse rivelatore di quella "distanza culturale" che il partito non si e' ancora risolto a colmare.

Diciamo per inciso che le ipotesi avanzate nell'articolo restano un'ipotesi dell'autore e che sentiamo di condividere in parte, ma la strada per l'identificazione di quei simboli in cui potresi riconoscere e' ancora lunga. Intanto il sasso e' stato lanciato (A proposito di icone: nella foto, James Dean dal barbiere).

E’ meglio un dittatore cubano o un muro spoglio?
Ogni volta che entro nella sezione DS a cui sono iscritta guardando le immagini alle pareti mi pongo un problema di simboli. Qualcosa mi turba, e non e di certo il (bel) Berlinguer o la riproduzione del “Quarto stato” , ma altre figure che parlano di un tempo passato che non rinnego in toto, a cui fatico ad affidarmi completamente. Su un grande quadro la frase di Mao “ La potere nasce dalla canna di un fucile”. Oggi leggendo “potere” e fucile” credo sia difficile capire se si sta parlando di rivoluzionari o di imperialisti (per dirla con termini vecchiotti e comprensibili a tutti) certo è che quel potere e quel fucile sopra la mia testa mi danno un po’ fastidio. Nelle sedi DS (altre non ne conosco) sembra che ci sia davvero poco spazio per il nostro presente, come se il tempo dal crollo del muro di Berlino a oggi, dalla svolta della Bolognina, non avesse diritto di essere raffigurato.
Ma come si può pensare al PD come forza capace di rivolgersi a chi nel 2010 avrà 20 anni se oggi non c’è traccia di icone simbolo di noi trentenni? Recentemente Fassino ha affermato che dovremo metterci d’accordo sui quadri da appendere nei circoli del PD: scegliere le immagini per costruire un’idea comune sapendo che ciascuno di noi ne porta di diverse. Oggi, è vero, ci sono ben altri nodi da sciogliere: i congressi, la transizione, l’organizzazione, ma la scelta delle immagini che stanno nella sede del PD e le icone di cui ci circonderemo non è oggi e non sarà domani, un fatto secondario.
La questione ha a che fare con sentimenti profondi, identitari e le figure che sceglieremo daranno o non daranno senso al nostro futuro politico.
Ma chi sono i padri del partito democratico? Quali immagini i cittadini, i compagni dei ds e gli amici della Margherita associano all’idea di PD? Non pensiamo a politologi, economisti o intellettuali, pensiamo a figure popolari che siano comprensibili alla gente, necessarie se si vuole fare un partito di massa. A oggi ce ne sono poche e pescate da una storia relativamente lontana. Faasino ha deto di pensare a Kennedy e a Gandhi, m aperchè non trovare anche a casa nostra figure capaci di ispirare chi sarà coinvolto nella nascita del partito del futuro? Figure importanti che metterebbero tutti d’accordo come JFK , Gandhi e Mandela ci aiutano poco a spiegare all’Italia e all’Europa il senso di questo agire. Oggi il PD è un partito senza leader e senza figure di riferimento e credo che questo contribuisca ad alimentare la resistenza di chi per storia , età e militanza, tutto sommato si trova a suo agio in luoghi dove talvolta, all’immagine di Berlinguer, se ne associano altre ben più difficili da spiegare storicamente oggi. Ma questa iconoclastia è solo tattica politica, per riservarsi domani di tirare fuori dal cilindro una figura di riferimento straordinaria? O cela forse la difficoltà di tornare a guardare serenamente la storia del nostro paese con la capacità di mettere tra “i nostri eroi”? Demoscettici o demopigri si trincerano dietro un: “Meglio un dittatore cubano di un muro spoglio” e temo che continuando a eludere una riflessione sulle immagini di oggi e di domani si stia facendo di tutto per lasciarglielo dire e questo mi preoccupa. Allora ho cominciato a pensare a figure e immagini che oggi possono ispirare il mio impegno e la mia idea di PD, quindi oltre che alla nostra Tina Merlin, la giornalista dell’Unità nota per le sue inchieste sul Vajont, mi vengono in mente Sandro Pertini e Anna Kuliscioff. Ma ci sono anche immagini di storia abbastanza recente che metterei orgogliosamente alle pareti dei circoli del PD: lo studente di Piazza Tien-an-men e gli “angeli del fango”, i volontari che misero in salvo le opere d’arte e libri dall’alluvione del ’66. Solo, naturalmente, per citare i primi.

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