mercoledì 28 luglio 2010

Allora qual è il punto?


Partiamo da una sempre acuta osservazione di Alberto Rossini:

"Alla Fiat va riconosciuto di essere, in questo momento, l'unico grande gruppo che dia fiducia al sistema Italia. Mi piacerebbe anche che tutti i sindacati, e penso in particolare alla Fiom, cogliessero l'occasione per un passaggio storico di cultura politica: accettare la sfida dell'azienda e rilanciare su un altro terreno, opponendo alla richiesta di flessibilità unavalorizzazione del lavoro, anche dal punto di vista economico". Il Fatto quotidiano, domenica 13 giugno 2010, a proposito delle scelte della Fiat a Pomigliano. Chi ha procunciato questa frase? Forse qualcuno che oggi la penserebbe in modo diverso. Dopo che la Fiat oravuole spostare le nuove produzioni in Serbia, penalizzando anche Mirafiori.

A pronunciare la frase di sopra è stato il sindaco di Torino Sergio Chiamparino.

E da qui rilanciamo noi.

Ho l'impressione che un pò da parte di tutti ci sia stato davvero il gioco delle parti. Qualcuno ha pensato veramente che un'azienda come FIAT affidasse la sua strategia di investimenti di medio periodo (si parla di linee di credito per 400 milioni euro, con i chiari di luna che ci sono adesso...) alla percentuale di successo di un referendum sindacale a Pomigliano D'Arco? Qualcuno ha davvero pensato che un 10% in più o in meno per il sì o per il no avrebbe fatto spostare l'indirizzo strategico di Fiat-Chrisler (o Chrisler-Fiat come segnala giustamente qualcuno) con conseguente spostamento dell'interna linea produttiva di questo o quel modello?
Ovviamente non può essere così. E infatti non lo è: il referendum di Pomigliano avrebbe avuto un peso solo in una direzione, ovvero se, forti di una percentuale schiacciante a favore dell'azienda, avesse fornito l'alibi per la "pomiglianizzazione" delle fabbriche italiane. Tutto qui. Ma quali e quante vetture sarebbero state prodotte a Mirafiori o in Polonia o in Serbia era già (ovviamente!) scritto. Il bersaglio erano le contrattualizzazioni degli operai italiani che, nella visione dell'azienda, godono di veri e propri "privilegi" rispetto a serbi, polacchi e, udite udite, rispetto anche agli americani. Il tutto senza con questo spostare di una singola auto verso l'Italia i volumi di produzione previsti e la prova (se mai ce ne fosse bisogno) sta nel repentino annuncio dello spin-off di Fiat-Auto.

Allora qual è il punto?

Il punto è che mentre Obama in persona ha gestito le crisi di General Motors e Chrysler così come ha fatto il governo serbo entrando addirittura in società con Fiat (e quindi con essa tratta sempre in prima persona, ad esempio con 10000 euro in sconti fiscali per ogni operaio assunto...), il governo italiano non ha nulla da mettere sul piatto della bilancia in una trattativa con Fiat. Così, per dire, non ha nemmeno un Ministro per le Attività Produttive (e quindi manda Sacconi...). Quando si dice che nella più terribile crisi (crisi strutturale, ricordiamolo, non congiunturale) il governo Berlusconi non ha mai sviluppato uno straccio di politica industriale si parla di questo! E non hanno idea di cosa fare. Non giriamoci tanto intorno e facciamo un esempio.
Se un imprenditore italiano avesse, diciamo, 100000 euro da investire, andrebbe a investirli, oggi come oggi, in Grecia? Sicuramente no.
E se un imprenditore tedesco, francese o inglese avesse gli stessi 100000 euro da investire, verrebbe in Italia? Figuriamoci. Piuttosto va in Serbia. E l'attrativa del costo del lavoro sarebbe solo uno degli aspetti (ricordiamo, ad esempio, che lo stabilimento di Volkswagen a più alto volume produttivo è proprio in Germania, a Wolfsburg, dove gli stipendi sono circa del 20% addirittura più alti che in Italia), a fare la differenza sarebbe la scarsa, scarsissima, affidabilità istituzionale che questo governo offre.
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P.S. E di Cisl e Uil cosa vogliamo dire: quelli che avevano definito "storico" l'accordo di Pomigliano d'Arco...
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P.S. 2: anche di questo dibatteremo non appena il sito del PD riminese tornerà attivo.

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