lunedì 30 agosto 2010

Del doppio cerchio



E' senz'altro vero che non si puo' navigare a vista senza una strategia volta a far cadere, con ogni mezzo, Berlusconi e questo governo "pitreista", ivi incluso sfruttare le sue clamorose spaccature. E' pero' altrettanto vero che allo stesso tempo si deve, appunto, sviluppare la linea politica (che parole antiche, eh...?) di "un'altra Italia" e magari farlo con qualche parola chiave ( "in poche parole, un'altra Italia"... ricordate?)

Gia' la Giovanile ha affrontato l'argomento: le alleanze affascinano senz'altro piu' i dirigenti che gli elettori.
Un po' piu' di politica piacerebbe forse di piu'.

Non si puo' certo chiedere tanto ad un'allenza che (oggi come oggi) dovrebbe andare da Vendola a Casini passando per (non riesco neanche a dirlo...) Fini, ma questo passa il convento: e' bene infatti tenere a mente che solo i voti di Futuro e Liberta' potranno (a loro insindacabile giudizio!) fare cadere questo governo e se dovesse davvero farlo cadere certamente non lo farebbe gratis, ma con una prospettiva precisa... Soprattutto per questo, qualche argomento, per di piu' fortemente strategico anche in termini di marketing elettorale, secondo me scalderebbe il cuore e costituirebbe i tratti distintivi del PD in un futuro che vada oltre le immediate contingenze, magari per vincere le prossime elezioni (visto che prima o poi si votera' e si potra' pure correre il rischio di vincere visti gli scenari) e per fare un'Italia quanto piu' possibile lontana dai 16 anni di Berlusconi che abbiamo vissuto, indipendentemente da Grande Alleanza o vocazione maggioritaria.

Esempi: sul lavoro e sulle relazioni industriali come la pensiamo (su queso blog, per il paradigmatico caso Fiat, abbiamo gia' ammesso la nostra monomaniacalita'...)? Sull'acqua pubblica fino a qualche mese fa dovevamo presentare un disegno di legge in alternativa sia al decreto Ronchi che al referendum, ma non se ne sa piu' nulla (o almeno io non ne ho trovato traccia)? Sulle intercettazioni siamo tutti daccordo? Ma soprattutto, quale legge elettorale proponiamo visto che questa dovra' essere il pilastro del "doppio cerchio"? Quanti sono daccordo con questa (che comunque e' l'unica di cui si sia concretamente parlato)?

Poi aggiungo che vorrei vedere rispolverata quella che fu la Bindi-Pollastrini (o pensiamone un'altra se quella pare datata, ma pensiamola!) in modo da avere un perno su cui incernierare quell'immenso partimonio che laici e cattolici hanno in comune, almeno tra gli elettori del PD, e non lasciare che l'opportunismo clericale che questa destra evoca sempre e solo a comando, ci colga impreparati.

Et in cauda venenum: sull'anomalia del conflitto d'interessi mettiamo un freno alle parole in liberta' di qualche eterno "giovane"!

Intanto, qui sotto, Bersani viene in Emilia Romagna (tra i fedelissimi...) a presentare il "doppio cerchio".

Bersani viene qui, in Emilia, a spiegare meglio il suo disegno. Pontelagoscuro di Ferrara, Reggio, Ravenna, davanti a tutti emiliani come lui. Il segretario del Pd vuole un «nuovo Ulivo», che metta assieme le forze progressiste (dall'Ulivo di Prodi e Veltroni, nel '96, Rifondazione era fuori). E vuole un'«alleanza democratica» con questo Ulivo e con le forze contrarie al berlusconismo e preoccupate per la democrazia. Per fare un governo d'emergenza e anche per un patto elettorale. «Doppio cerchio», lo ha chiamato ieri il segretario. E se l'Ulivo rinnovato si può pensare con Pd, Di Pietro, Vendola, socialisti e pezzi di società civile, l'«alleanza» si allarga all'Udc di Casini, ad aree come quella rappresentata da Montezemolo. Fino a Gianfranco Fini? «Tutti quelli che...», ha risposto il segretario e voleva dire sì, fino anche a Fini, se ci sta a portare fuori l'Italia dalla deriva populista di Berlusconi. E al presidente del Consiglio, che lo accusa di rilanciare «ammucchiate da Prima repubblica», Bersani risponde così: «È lui che pretende di governare con una compagnia che si insulta e si manganella tutti i giorni. La sua è un'ammucchiata».
Bersani arriva sotto il sole di Pontelagoscuro direttamente dalle ferie sarde, asciutto e abbronzato. Nel viaggio in macchina da Roma ha preso mentalmente nota dei consensi arrivati alla sua proposta politica. Gli uomini del suo schieramento e quelli del vicesegretario Letta, e Rosy Bindi, certo, ma anche ex segretari un tempo distanti come Franceschini e Fassino. Un partito alla vigilia dell'autunno tornato quasi compatto. Se si fa eccezione per Giuseppe Fioroni, rappresentante dei cattolici popolari, che teme l'emarginazione della componente moderata dal «nuovo Ulivo». E se si eccettua Walter Veltroni, che martedì sul Corriere si era pronunciato per un Pd alleato solo con chi sottoscrive un programma comune e contro «sante alleanze».
Quali differenze restano fra il suo percorso e quello di Veltroni? Bersani (che a Tremonti dice che «farebbe meglio a citare meno Berlinguer e a rispettare la 626», la legge sulla sicurezza definita «un lusso») riflette e risponde: «Credo che attorno alla mia proposta del "doppio cerchio" si possa riconoscere tutto il partito». Sia Veltroni sia Bersani pensano che se ci sarà la crisi del governo Berlusconi, ci vorrà un esecutivo di emergenza allargato a ogni oppositore. Sul dopo, Veltroni punta ancora sulla vocazione maggioritaria del Pd con pochi partner «riformisti», Bersani sull'alleanza ampia. «La vocazione maggioritaria - ha detto ieri il segretario - è quella del fratello maggiore. Il Pd è il fratello maggiore di tutte le forze che si oppongono a Berlusconi».
Poi, ci sono le valutazioni degli esterni, possibili alleati futuri del Pd. Dice Casini che «è positiva l'intenzione di Bersani di riorganizzare l'area della sinistra democratica». «Contento», si dice Di Pietro, che Bersani voglia ricostruire un nuovo Ulivo, ma prima, a suo parere, occorre «passare per le urne».

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