martedì 5 ottobre 2010

A SINISTRA DELLA DELUSIONE


L'articolo di Ilvo Diamanti in Repubblica di ieri (lo trovate qui) affronta diversi temi che toccano il centrosinistra, ci ha attirato una considerazione in particolare: quella relativa all'affermazione e al recupero di fasce di elettorato di nuove forze, fra cui grillo e quell'universo aggregantesi attorno a Vendola.

Diamanti - come più volte anche noi abbiamo riconosciuto - porta due elementi al successo di queste nuove offerte sul "mercato elettorale": da un lato il forte accento leaderistico (che permette in questa fase embrionale anche molta chiarezza sui temi - si noti tuttavia che gli aderenti a questi nuovi gruppi non si riconoscono affatto in questa visione leaderistica accentuando il tema invece di una partecipazione allargata alle scelte e alla definizione dei temi prioritari), l'altro una grande energia comunicativa, un enorme sforzo tecnologico che indirizza il racconto della loro realtà verso nuovi media a cavallo tra comunicazione tout-court e vere e proprie "agenzie di socializzazione".

Altra cosa da rilevare è che entrambe i nuovi movimenti fanno politica, e non puro movimentismo. Questo è utile per prenderli in considerazione con molta serietà (del resto la politica come le alleanze alla fine deve tenere conto anche della matematica).

A questi due punti di forza però, Diamanti, introduce anche un punto critico: il famoso radicamento sul territorio che ancora nè Grillo nè Vendola hanno strutturato (e che si suppone però struttureranno nei prossimi mesi). Punto chiave per valutare la durata o meno dell'offerta politica.

Pensiamo che entrambe le nuove formazioni siano un'occasione per il centro sinistra, perchè riportano seppur con accenti diversi fasce di elettorato storicamente di sinistra al centro della scena politica: parliamo di fasce liberal culturalmente medio-alte, dei giovani, di generici delusi, di pezzzetti di elettorato di destra /per quanto riguarda Grillo).

Ma questa riflessione non può non toccare la discesa (nei sondaggi) del nostro PD, il quale però a ben dirsi si trova, pur in un punto di massima debolezza, in un momento di possibile risalita. Chiaramente è necessario riconoscere alcune potenzialità.

Infatti il PD realizza già alcuni elementi di possibile successo come il fatto di essere comunque ancora presente sui territori (ha un'organizzazione chiara), il fatto di non essere leaderistico (e questa volta per davvero perchè a parole negli statuti punta sulla partecipazione come nuovo criterio di compiuta cittadinanza, in più nei fatti non lo è perchè i suoi leader giocano prevalentemente ancora a farsi fuori l'un con l'altro ogni tre per due o comunque a indebolirsi), il fatto che quel rinnovamento tanto richiesto se non è ancora venuto fuori, tuttavia si trova a giocare con un sistema, se possibile, sempre meno forte (forse anche perchè in discesa nei sondaggi).

Rimane il gap tecnologico, quello sì. Quell'incapacità più strutturale che premeditata di aprirsi a nuovi sistemi di comunicazione e di socializzazione che spesso lo riduce a uno strano animale politico autoreferenziale e impermeabile totalmente o quasi a nuove o diverse fasce di elettorato.

Insomma, adesso che la soglia psicologica viene drammaticamente attestata al 26% (nemmeno un anno fa era il 33%!… ), sarebbe utile un piccolo scatto non verso un partito "plurale ecc…" che già prende a noia ma verso quella "rottamazione" non solo e non tanto di persone ma quantomeno di modalità di azione politica, uno svecchiamento nella struttura, nell'agire, nel comunicare, nel presentarsi sarebbe un toccasana perchè - per metterci un po' di marxismo for dummies - cambiando la struttura potremmo iniziare anche a cambiare la sovrastruttutura.






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