giovedì 16 giugno 2011

IMPROVVISAMENTE, IL FUTURO GIA' QUI

Il voto del referendum, seguito ai ballottaggi di Milano come Napoli, è uno sconvolgimento chiaro del mondo politico, almeno quello degli ultimi 15 anni. Non è retorico, anzi è legittimo domandarsi se anche noi, del PD e noi del PD riminese alle soglie di un improvviso congresso, sapremo cogliere le potenzialità di questo Futuro improvvisamente già qui.



Il Futuro è già qui
Semplificando all'osso ci sono due letture possibili, una di merito dei quesiti referendari e una più politica. E' intersecando le due letture che forse si coglie l'affermazione di questo Futuro già qui.
Quella più politica ci dice che alla chiusura delle urne 25.411.102 italiani con quattro SI hanno espresso il loro NO secco nei confronti di alcune delle scelte fondamentali del governo in materia di privatizzazione dei servizi, energia e giustizia. Depoliticizzare il referendum è chiaramente una sottovalutazione.
C'è poi una lettura di merito: gli italiani sono tornati a scegliere e l'han fatto nel merito dei quesiti. In quest'ottica la portata è addirittura più rivoluzionaria perchè rappresenterebbe l'affermazione di un cambiamento di tipo culturale prima che politico, la fine di una lunga stagione di liberismo variamente interpretato sia da destra che da sinistra: 25 milioni di Italiani mobilitati per affermare politiche ambientaliste, di uguaglianza di diritti e per affermare il principio di pubblicità dei beni più preziosi.

25 milioni di cappelli sopra.
Comunque la si metta, però, è chiaro che, se 25 milioni di persone hanno voltato pagina, ancora non hanno scelto quale sarà l'alternativa. Non l'hanno scelta perchè ancora non l'hanno percepita chiara e netta. E' stato un movimento di reti, di intraprendenza dal basso, in prevalenza indipendente dai partiti. Questo i comitati l'hanno subito rivendicato, giustamente, chiedendo che nessuno ci mettesse il cappello. Da un lato fa piacere, dall'altro per chi è impegnato nei partiti deve far riflettere se ancora una volta non avevamo capito o si è capito ma un po' tardi. “Fatta l'italia, dobbiamo fare gli Italiani”, oggi potremmo ribaltare il senso di questa frase e applicarla alla politica di questi giorni, dunque anche al PD: gli Italiani ci sono, e ora sono i partiti, soprattutto quelli che ambiscono a essere l'alternativa e il motore di cambiamento che si devono fare. Come? Letteralmente contaminandosi, ricostruendosi, riorganizzandosi a partire dal contributo di quegli Italiani che oggi sono così mobilitati.

Il congresso che verrà
Anche nel nostro piccolo valgono queste considerazioni.
Valgono poi soprattutto per il PD riminese alla vigilia di un congresso provinciale per ora solo annunciato, iniziato in modo, mettiamola così, un po' “sgangherato”, con candidature anzitempo sui giornali e un percorso tutto da capire.
In direzione, con riferimento ai tempi e modi del congresso, è stato detto: "il mondo cambia velocemente e non possiamo chiuderci nei nostri soliti riti interni, dobbiamo accelerare".
Prima c'era “il nuovo sperimentato”, oggi c'è – o sembra esserci – il “facciamo in fretta” come se la cifra per intercettare il cambiamento sia la velocità di facciata, quando invece i cicli di opinione o i mutamenti politico/culturali sono percorsi che si sedimentano, onde lunghe che si caricano e hanno una portata largamente maggiore alla moda.
Bisogna capire e un congresso che serva proprio a questo non dovrebbe essere uno sbrigativo rito interno. O meglio: un congresso è un “rito interno” solo per chi vuole gestire un partito anzichè farlo vivere, e solo per chi ha a cuore il risultato finale – certo e prevedibile - e non il processo. Mentre noi stiamo vivendo una fase dove sono proprio i processi politici che stanno cambiando: le ultime tornate elettorali (ballottaggi inclusi) ci mostrano che sono le persone a imprimere il cambiamento di rotta e non i partiti (PD incluso).
Per cui: come a livello nazionale si sente il bisogno di aprirsi al contributo di quei 25 milioni di italiani così da noi c'è bisogno – sempre che lo vogliano - di quei 150.000 cittadini che da Rimini a Casteldelci, da Cattolica a Bellaria hanno dato la sveglia ai referendum. C'è bisogno di usare i luoghi di confronto più vari, di trasformare l'estate che arriva in un prolungamento di questa bella primavera politica. Una prima proposta concreta: usiamo le nostre feste democratiche per organizzare i dibattiti congressuali trasformati in confronti collettivi, dunque oltre la nostra stessa base di iscritti, così da ricostruire un movimento e decidere assieme a loro e quindi ai circoli – regolamento docet – non un nuovo segretario ma un progetto completo di come vogliamo il PD.
Gli elettori hanno detto che da oggi inizia una fase nuova della politica italiana tutta da vivere.
La vogliamo vivere anche come PD partendo dal nostro territorio?
Non è difficile farlo, ci vuole solo il giusto tempo e la volontà di aprirsi.
Purtroppo di occasioni ne abbiamo perse tante.
Questa volta facciamo di no.

Roberto Maldini

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