Qui di seguito un ritratto perfetto, ma proprio perfetto, di cosa pensiamo di tanti (troppi) nostri cosiddetti "leader", soprattutto in relazione alla figura che hanno fatto molti gruppi dirigenti regionali (certamente non tutti) frutto delle primarie di tre mesi fa, in queste settimane in merito alla gestione delle candidature regionali. Complimenti a chi li ha candidati e a chi li ha eletti. Tanti caporali in grado solo di prendere ordini. E basta.
Romano, cinquant’anni e qualcosa, stempiato, naso grosso, toni evangelici, vizio del proselitismo, pallino per l’Africa, difficoltà a farsi sostenere anche da chi gli sta più vicino, incapacità di gestire il caos. Non parlo di quello a cui tutti state pensando. Parlo di Verdone e del suo personaggio (Don Carlo, sic) nel suo ultimo film. Verdone fa quel che può nel raccontare l’Italia di oggi, tra immigrati, puttane, crocefissi e cocainomani.In realtà la frase-chiave me l’ha detta qualche settimana fa la protagonista femminile, e cioè Laura Chiatti. Dopo aver sbrodolato tutte le cose che sono tenute a dire le attrici italiane – che Verdone capisce le donne; che fare ridere è più difficile che fare piangere; che lei si è sempre sentita un’antidiva – la nostra ha dimostrato di aver compreso molto bene quello che si chiama senso delle proporzioni, talento riservato a pochissimi. E, alla mia domanda sulla sua partecipazione al prossimo film di Sofia Coppola e su un’eventuale carriera americana, ha risposto: «Ma perché dovrei sentirmi piccola a Hollywood quando posso sentirmi normale in Italia?» (voleva dire «grande», ma sa che non sta bene in bocca a una signora). E allora mi sono venuti in mente uno dopo l’altro tutti i nostri leader, i nostri amministratori, i nostri presidenti, insomma quella che qualcuno chiama ancora Classe Dirigente. Ed è vero. È facile sentirsi grandi quando non c’è nessun grande "Studio" a metterti sotto contratto.
di mattiacarzaniga
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