di Jolanda Bufalini l'Unita' 12 02 10
C’è la frase di Gianni Alemanno, nel novembre scorso, al vertice Fao: «No alla mercificazione dell’acqua». E c’è l’accusa risuonata ieri dai banchi dell’opposizione in Campidoglio: «Vendi il bene pubblico acqua per trenta denari», pronunciata dal Pd Paolo Masini. Consiglio straordinario richiesto e finalmente ottenuto dall’opposizione sul caso Acea, l’azienda quotata in borsa che era il fiore all’occhiello dell’amministrazione romana (il Campidoglio controlla il 51 per cento) ma le cui azioni sono discese in picchiata negli ultimi due anni. Azienda leader del sistema idrico, non solo nel Lazio ma anche in Umbria, Toscana e Campania. Mentre in consiglio tutta l’opposizione dà battaglia, in piazza del Campidoglio c’è la protesta dei sindacanti, Ilvo Sorrentino Cgil: «Si vuole privatizzare senza alcuna garanzia per i lavoratori e in condizioni di assoluto favore per gli acquirenti». E degli ambientalisti: «Con la privatizzazione dell’acqua i profitti vanno ai privati, gli oneri restano al pubblico», sostiene Cristina Avenali di Legambiente Lazio.Al centro dello scontro c’è la quota del 30% che, in base al cosiddetto decreto Ronchi, ormai convertito in legge, i comuni devono cedere entro il 2015. «Siamo contrari al decreto Ronchi - dice il capogruppo Pd Umberto Marroni - ma qui c’è dell’altro: perché questa fretta?». Dal maggio del 2008 le azioni Acea si sono dimezzate e, contrariamente a quello che sostiene Alemanno, non c’è alcun obbligo di vendere. Anzi, c’è un doppio rischio: 1)l’acqua viene privatizzata in regime di monopolio, quindi nelle condizioni peggiori per i cittadini, che hanno diritto a un servizio efficiente e a costi competitivi; 2)vendere nel momento peggiore, quando la soluzione, per evitare di incorrere nei rigori della legge, potrebbe assere quella dell’aumento di capitale sociale.Chi è in pole position per comprare? Da notare è l’ascesa, sotto l’amministrazione Alemanno, di Francesco Gaetano Caltagirone che, ormai, con il suo 8,7% ha quasi raggiunto l’altro grosso azionista di minoranza, Suez-Gaz de France. La differenza significativa fra i due azionisti è che, mentre i francesi sono più interessati all’energia, campo importante anche sul fronte dell’innovazione tecnologica, Caltagirone ha il core businness nell’edilizia. E, nel settore idrico, la componente di appalti edili è molto importante.L’allarme è tale che, sulla vicenda Acea, è intervenuta, con un articolo sul Sole 24 ore di ieri, la candidata governatrice del Lazio Emma Bonino: «Sul futuro di Acea si sta giocando una partita a dir poco opaca - dice - e siamo in attesa di un pronunciamento della corte costituzionale sull’articolo 15 della legge Ronchi». «Mi sembra francamente discutibile - aggiunge Emma Bonino - che il sindaco Roma voglia correre verso la privatizzazione senza liberalizzazione e senza strategia industriale».E due economisti parlamentari del Pd, Marco Causi e Stefano Fassina che chiedono al sindaco di Roma di non prendere nessuna decisione «senza un’ampia consultazione con i comuni interessati e con l’Anci». Nella mozione dell’opposizione (firmata da Gemma Azuni, Gianluca Quadrana, Umberto Marroni) si adombra un sospetto: nel 2013 e nel 2015 (i due step indicati dalla legge per la modifica dell’assetto azionario) potrebbe esserci un’altra amministrazione ed essere tardi per operazioni di «operazioni di piccolo cabotaggio».
C’è la frase di Gianni Alemanno, nel novembre scorso, al vertice Fao: «No alla mercificazione dell’acqua». E c’è l’accusa risuonata ieri dai banchi dell’opposizione in Campidoglio: «Vendi il bene pubblico acqua per trenta denari», pronunciata dal Pd Paolo Masini. Consiglio straordinario richiesto e finalmente ottenuto dall’opposizione sul caso Acea, l’azienda quotata in borsa che era il fiore all’occhiello dell’amministrazione romana (il Campidoglio controlla il 51 per cento) ma le cui azioni sono discese in picchiata negli ultimi due anni. Azienda leader del sistema idrico, non solo nel Lazio ma anche in Umbria, Toscana e Campania. Mentre in consiglio tutta l’opposizione dà battaglia, in piazza del Campidoglio c’è la protesta dei sindacanti, Ilvo Sorrentino Cgil: «Si vuole privatizzare senza alcuna garanzia per i lavoratori e in condizioni di assoluto favore per gli acquirenti». E degli ambientalisti: «Con la privatizzazione dell’acqua i profitti vanno ai privati, gli oneri restano al pubblico», sostiene Cristina Avenali di Legambiente Lazio.Al centro dello scontro c’è la quota del 30% che, in base al cosiddetto decreto Ronchi, ormai convertito in legge, i comuni devono cedere entro il 2015. «Siamo contrari al decreto Ronchi - dice il capogruppo Pd Umberto Marroni - ma qui c’è dell’altro: perché questa fretta?». Dal maggio del 2008 le azioni Acea si sono dimezzate e, contrariamente a quello che sostiene Alemanno, non c’è alcun obbligo di vendere. Anzi, c’è un doppio rischio: 1)l’acqua viene privatizzata in regime di monopolio, quindi nelle condizioni peggiori per i cittadini, che hanno diritto a un servizio efficiente e a costi competitivi; 2)vendere nel momento peggiore, quando la soluzione, per evitare di incorrere nei rigori della legge, potrebbe assere quella dell’aumento di capitale sociale.Chi è in pole position per comprare? Da notare è l’ascesa, sotto l’amministrazione Alemanno, di Francesco Gaetano Caltagirone che, ormai, con il suo 8,7% ha quasi raggiunto l’altro grosso azionista di minoranza, Suez-Gaz de France. La differenza significativa fra i due azionisti è che, mentre i francesi sono più interessati all’energia, campo importante anche sul fronte dell’innovazione tecnologica, Caltagirone ha il core businness nell’edilizia. E, nel settore idrico, la componente di appalti edili è molto importante.L’allarme è tale che, sulla vicenda Acea, è intervenuta, con un articolo sul Sole 24 ore di ieri, la candidata governatrice del Lazio Emma Bonino: «Sul futuro di Acea si sta giocando una partita a dir poco opaca - dice - e siamo in attesa di un pronunciamento della corte costituzionale sull’articolo 15 della legge Ronchi». «Mi sembra francamente discutibile - aggiunge Emma Bonino - che il sindaco Roma voglia correre verso la privatizzazione senza liberalizzazione e senza strategia industriale».E due economisti parlamentari del Pd, Marco Causi e Stefano Fassina che chiedono al sindaco di Roma di non prendere nessuna decisione «senza un’ampia consultazione con i comuni interessati e con l’Anci». Nella mozione dell’opposizione (firmata da Gemma Azuni, Gianluca Quadrana, Umberto Marroni) si adombra un sospetto: nel 2013 e nel 2015 (i due step indicati dalla legge per la modifica dell’assetto azionario) potrebbe esserci un’altra amministrazione ed essere tardi per operazioni di «operazioni di piccolo cabotaggio».
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